Scritta nel 2004 e arrivata in scena solo vent’anni dopo, la pièce è ambientata non casualmente in un anno in cui le unioni civili e il conseguente riconoscimento di diritti e tutele per le coppie omosessuali erano ben lontani da venire.
La grave malattia (un adenocarcinoma duttale ossia un carcinoma al pancreas con diffuse metastasi con una speranza di vita non superiore ai sei mesi) che colpirà improvvisamente Piercarlo non solo porterà i due a fare i conti con la sofferenza e il dolore della imminente separazione dopo una vita trascorsa insieme ma, in una società che non riconosce a livello legale le relazioni omoaffettive, anche a dover ricorrere a scritture private e atti notarili per tutelare il partner superstite e perché non perda almeno quella casa-nido in cui hanno vissuto la loro vita insieme rammaricandosi di non potergli lasciare, però, quella pensione di reversibilità frutto di tanti sacrifici, vista la loro condizione.
Una rappresentazione ben lontana da stereotipi o narrazioni macchiettistiche dell’omosessualità, Papi e Piercarlo sono una coppia come tante con la loro quotidianità ormai consolidata da tanti anni di relazione e con i loro giocosi battibecchi.
Quello che Grassi e Gullotta portano in scena è, infatti, un momento di riflessione sull’amore, sulla vita e sulla morte che va oltre il genere, l’orientamento sessuale, la classe sociale, l’etnia e l’età e che si può applicare trasversalmente a qualsiasi relazione in cui all’improvviso intervenga un fattore esterno a rompere gli equilibri.
È la grande fragilità di Papi che emerge mentre sente il suo mondo crollare e la lucida e affettuosa cura di Piercarlo che ha come priorità prima di morire quella di tutelare il suo compagno che, in preda alla sofferenza, si fa ancora più piccolo e indifeso di quanto non lo sia effettivamente, cercando sostegno tra le sue braccia.
«Ogni epoca ha le sue piogge emotive. Occorre fare i conti con il dolore, e sui temporali vanno costruiti rapporti solidi di presenza e fiducia», spiega l’attore siciliano in un’intervista all’AGI. «Oggi – prosegue – il pubblico va strattonato dal suo torpore, dall’abitudine all’indifferenza. Ecco questo testo, nella sua, fra virgolette, semplicità di vita di tutti i giorni come qualsiasi famiglia e coppia che vive insieme da tanti anni, racconta il rispetto, la vita, l’amore, la delicatezza, l’accoglienza. E pone l’accento sul fatto che ci si deve sempre battere per i diritti».
Tema su cui, però, nonostante alcuni risultati raggiunti, «non c’è da stare tanto tranquilli: le cose che vedo non mi fanno stare sereno questo è poco ma sicuro. Un pericolo lo ravviso ovunque. C’è un verso e proprio assalto, non c’è rispetto per l’uomo ma soprattutto per le donne. Contro di loro prevale il linguaggio d’odio. E questo succede perché non si fanno conti con il passato politico. Sereni non siamo insomma» precisa Gullotta.
Sono proprio i diritti – terreno sul quale rispetto alla data di ambientazione della pièce e di scrittura del testo si sono fatti dei passi avanti (con la legge Monica Cirinnà del 2016, ad esempio) ma ancora molti rimangono da fare – il fulcro del lavoro teatrale firmato da Grossi.
Se al centro del palco c’è l’affettività collaudata di due uomini maturi legati da un affetto profondo fatto anche di gesti semplici come i pasti da preparare, gli abbonamenti alle riviste, la musica, le amicizie, le passioni e la coloratissima coperta sulla poltrona, a riportarci alla realtà – come un pugno in pieno volto – c’è il fatto che quella coppia davanti alla legge e a parte dell’opinione pubblica non è come le altre.
Piercarlo, oltre che con la notizia della malattia che l’ha colpito, dovrà fare i conti con il fatto che senza un documento firmato davanti ad un notaio il compagno di una vita potrebbe essere allontanato in qualsiasi momento dal suo capezzale perché non è un parente o potrebbe essergli impedito di avere informazioni e prendere qualsiasi decisione in merito al suo stato di salute o eventuali terapie.
È la voce di Ella Fitzgerald che interpreta Into Each Life Some Rain Must Fall brano che dà ispirazione e titolo alla pièce e a cui il regista vuol rendere un sentito omaggio, ad accompagnarci verso il finale.
Mentre la casa è illuminata dalle lucine dell’albero di Natale e del carillon che Piercarlo a regalato a Papi per contribuire alla sua collezione, Papi rincasa vestito elegantemente di nero con un mazzo di fiori in mano. Le camicie colorate dai colori sgargianti e le fantasie più disparate appartengono ormai al passato, Piercarlo è morto e Papi, proprio nella notte di capodanno, deciderà drammaticamente di raggiungerlo per festeggiare con lui l’arrivo del nuovo millennio così come si erano promessi.
L’interpretazione dei due interpreti è intensa e palesemente sentita, tanto da superare senza problemi anche delle piccole fragilità drammaturgiche.
L’alchimia tra i due attori in scena è palpabile sia nei momenti di ironia che – e soprattutto – in quelli di dolore e tenerezza come il ballo conclusivo, indossando entrambi la stessa coloratissima camicia natalizia, tra i due finalmente riuniti dalla morte mentre i fuochi di artificio colorano il cielo per salutare l’arrivo del nuovo anno.
Quello di Grossi è, come spiega Gullotta nelle note di regia, «uno spettacolo che serve per riflettere sulla vita, sulle nostre condizioni, su una coppia che ha vissuto con gioia nella vita, con rispetto. E se uno dei due manca, cosa accade in una coppia? Bisogna avere molto rispetto dell’amore, della civiltà, dei diritti».
Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.
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