Indipendentemente #143. Ter(r)apeutica di Luca Chendi. Dolore e rinascita.

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«Ter(r)apeutica, da Therapeuein, cioè terapeutico, (con quella erre tra parentesi, per indicare l’appartenenza alla Terra, a un suolo certo); nella sua etimologia greca originale, il termine ha tre significati, indicati anche da Foucault nell’Ermeneutica del Soggetto». Luca Chendi spiega con queste parole, nelle note dell’autore, il significato del titolo della sua raccolta poetica Ter(r)apeutica (Ronzani Editore).

E poi prosegue in questo modo: «Ho ripreso questi tre significati, scegliendo di dividere la raccolta in altrettante sezioni.

Il primo significato è ‘curare se stessi’: da qui il titolo della prima sezione, Repost | Dolore. Le tragedie e il dolore non si cancellano fino a diventare coesistenze terapeutiche.

Il secondo è ‘mettersi al servizio di se stessi, ritrovare relazioni’: ecco il titolo della seconda sezione, Miele. Tragedia e dolori in coesistenza con le altre esperienze di vita […] Così come il miele è considerato un antico rimedio alle ferite, anche la vita reale può diventare terapeutica quando sfocia negli incontri, dove nulla è se non in relazione.

Il terzo significato è quello di ‘rendere la propria esperienza un culto’. Da qui il titolo della terza ed ultima sezione Tra i corti di Moretti».

immagine per Ter(r)apeutica di Luca ChendiDa queste parole emerge la profondità di un giovane poeta che vuole raccontare la vita e il dolore con lucidità e disincanto, sviscerando i suoi sentimenti e restituendoli con onestà; le sue liriche sono infatti potenti: scavano dentro e invitano alla riflessione, invitano a mettersi a nudo, proprio come ha fatto l’autore.

È assolutamente azzeccato il titolo della raccolta: queste poesie diventano una sorta di terapia per attraversare la sofferenza, e in particolare il sentimento del lutto, e per scorgere infine la luce oltre le nuvole; l’autore ci ricorda di famigliarizzare con il dolore, perché fa parte della vita e non serve a niente demonizzarlo o cercare inutilmente di cancellarlo. Bisogna invece osservarlo, magari all’inizio con distacco, e poi comprenderlo e attraversarlo; viverlo fino a farsi consumare, perché solo allora si potrà rinascere

«Entriamo nel dolore a piedi scalzi/le torsioni sono prove del tempo/non c’è più lo stesso cielo che sale su/nessuna finestra aperta è più un’attesa/ora solo lenzuola spoglie abitano la casa/Col tempo si assomiglia/alle stanze che si svuotano». E tale rinnovamento giungerà solo grazie all’incontro con l’altro; e a quel punto non vi sarà più l’angoscia della perdita ma la gioia dell’unione – «E così siamo capiti nella ferita/in questo tendere all’incontro/dell’amore puro; lo sento crescere dentro queste/fioriture invernali/il mondo è tornato a significare»

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Antonella Quaglia è una content editor e organizzatrice di eventi. Laureata in DAMS Cinema a Bologna, ha conseguito un Master in Management degli eventi artistici e culturali a Firenze. Dopo aver lavorato nel settore dell’organizzazione di mostre d’arte, segue diversi corsi in editoria e collabora con uffici stampa e riviste del settore.

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