La sala professori di İlker Çatak. Microcosmo docenti, genitori, studenti riflesso di una società che cambia.

immagine per La sala professori di Ilker Katak

La sala professori del regista tedesco-turco İlker Çatak sembra rappresentare nelle sue varie forme le attuali confluenze ansiogene del malessere psicosociale.

In una società ormai così conflittuale e divisiva, uno dei campi di scontro più importanti è quello della scuola, dove docenti, genitori e studenti si privano dei loro ruoli e diventano solo protagonisti di battaglie interpersonali, riflettendo in questo microcosmo la crescita o decrescita dell’Umanità intera.

Nella istituzione scuola infatti si concentrano i difetti di una evoluzione/involuzione di quella società delle regole e delle libertà individuali e sociali che stanno inesorabilmente cambiando.

La sala professori narra inizialmente di come il corpo insegnanti si incontra e si scontra sulle posizioni da concordare e da prendere su un piccolo furto. Elemento minimo ma destabilizzante di un equilibrio stabile basato su vecchie regole, ma ormai precario.

Il furto diventa, al di là dello scopo principale di una intelligente didattica, l’elemento di tensione e poi di angoscia di una professoressa di matematica e fisica, Carla Nowak (Leonie Benesch), forse troppo idealista alla ricerca di un’etica perduta, in una rincorsa senza più punti di riferimento di un ambiente particolare, che ormai però rispecchia solo tutti i vizi della società allargata.

Quando poi la professoressa Nowak in prima persona cerca di scoprire l’autore dei furti, senza ricorrere a ricatti od interrogatori, ma usando la tecnologia avanzata, ossia la telecamera del suo computer, si ritrova lei stessa al centro di un conflitto di idee diverse ma omologate al peggio che ormai hanno attecchito.

L’uso improprio del concetto di autorità (tolleranza zero) e di libertà (partecipazione democratizzata), esemplificato in questa scuola media della provincia tedesca, danno così spazio ai concetti negativi contrapposti di privacy e razzismo.

La ricerca della verità in un mondo che non crede più a niente, dove la stessa differenza tra ragazzi ed adulti (che sembrerebbe essere maturata in una partecipazione comune) si perde nelle nuove strategie imparate dai media di bande contrapposte che si debbono distruggere l’un l’altra (come ormai succede alle Nazioni) anche distruggendo il tutto, cioè l’istituzione stessa della scuola.

In questo microcosmo, che rappresenta moltissimo tutta la società, le peggiori tendenze e strategie dell’essere umano, vengono usate per manipolare e condannare colpevoli ed innocenti.

Sospetti, ambiguità, spionaggio, denunce, diffamazioni, discriminazioni e delitti morali, che vede i ragazzi di 10/15 anni, con un giornalino scolastico pieno di titoli ad effetto ed interviste extrapolate, ergersi a giudici del comportamento dell’ insegnante, con lo slogan “la verità supera tutti i confini”.

Il cambio di gioco (sporco) dei ruoli istituzionali travolge tutte e tre le categorie, insegnanti, genitori e studenti. Con i genitori che forti delle loro consultazioni in facebook (sala social) pretendono trasparenza nelle azioni dei docenti, ma intanto condannano, adducendo la difesa dell’integrità morale dei loro figli.

Nella sala professori, l’invidia e la maldicenza tra colleghi crea divisibilità tra innocentisti e colpevolisti e xenofobia verso gli stranieri (alcuni prof sono polacchi, alcuni allievi sono turchi).

Prevale la retorica della paura del diverso, le dinamiche ottuse contro chi non è allineato, omologato nella guerra tra uomini, fino ad arrivare al caos che funziona sempre.

Il film La sala professori è un riuscito thriller emozionale dove la spietatezza prende piede.

La macchina da ripresa segue sempre ed è alla continua ricerca dei movimenti della faccia e del corpo, delle prospettive visive e dei pensieri nascosti della professoressa Carla Nowak, per amplificare anche attraverso una musica inquietante e sincopata (Marvin Miller) le tensioni emotive, dovute a situazioni stressanti che si moltiplicano.

Per la Nowak, insegnante al primo incarico, il compito è insegnare anche a costo di difendere chi la vuole, attraverso un bullismo non solo giovanile (passaparola) farla recedere dal suo ruolo principale.

In una società malata di disinformazione e di conseguenza di fiducia in tutto, anche le situazioni stressanti come interrogatori, sospetti e controlli (trasparenti per tutti ma ammessi) portano a compiere azioni di cui non si possono capire le complicazioni delle reazioni e tutto precipita nel caotico indeterminismo.

Una teoria che in questo momento sembra abbia molta popolarità, se lo stesso Woody Allen con il suo ultimo film Colpo di fortuna ne ha fatto il leitmotiv della sua cinematografia (da Match Point a Crimini e misfatti, da Misterioso omicidio a Manhattan a Basta che funzioni, ecc.). Non è altro che l’applicazione della teoria del caos basata anche sulla teoria dell’effetto farfalla di Edward Lorenz.

La sala professori è una storia piena di piccoli dettagli che formano una ragnatela di problematiche incontrollabili. Il famoso battito delle ali di una farfalla in un luogo che produce tempeste altrove.

Solo il coraggio della protagonista nell’affrontare le pressioni di ogni minimo evento e la bravura attoriale dell’interprete Leonie Benesch meriterebbero il premio alla migliore attrice protagonista, come İlker Çatak e Joannes Dunker (che hanno frequentato la scuola insieme) meriterebbero il premio per la più approfondita sceneggiatura.

Ed ancora il micidiale ragazzo Oskar Kuhn (Leonard Stettnisch) che, in piena ribellione con il sistema scolastico, si fa portare via a forza dalla Polizia di Stato dalla classe (da cui era stato sospeso), meriterebbe il premio come miglior attore non protagonista. A dimostrazione che la creazione di nuove generazioni di ragazzi in questo momento potrebbe dar vita solo a mostri, oltre la legge, molto vicini al crimine.

Il film La sala professori è candidato all’Oscar come miglior film straniero, in quota Germania.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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