Parco Archeologico del Celio e Museo della Forma Urbis

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L’appuntamento con la nostra rubrica alla scoperta delle aree e dei parchi archeologici più importanti d’Italia si concentra oggi, ancora una volta, su Roma, dove a inizio gennaio è stato aperto al pubblico il Parco Archeologico del Celio.

Parco e Museo – la cui apertura si deve a una serie di interventi condotti sotto la direzione scientifica della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali di Roma Capitale – sono parte di un vasto progetto di valorizzazione dell’intera area del Celio, inquadrata in seno al più ampio programma di riqualificazione del Centro Archeologico Monumentale (CArMe) voluto da Roma Capitale, nella forma di un prezioso giardino, ricco di testimonianze della storia della città. Entro uno degli edifici che si incontrano lungo la passeggiata, inoltre, è allestito il Museo della Forma Urbis, la celebre e meravigliosa pianta marmorea severiana della capitale.

L’amore per l’arte potrebbe esser nato ammirando quella che per noi oggi è l’archeologia? È sempre questa la domanda che accompagna I parchi della bellezza alla scoperta delle meraviglie archeologiche del nostro paese, attraversando l’Italia e viaggiando a ritroso nei secoli fino quasi all’infinito, per immergerci nell’immenso patrimonio artistico e culturale che possiede.

Con il trascorrere dei secoli è andata formandosi quella che potremmo definire la ricerca di una conoscenza nella quale poterci riconoscere.

Scrutando e assaporando la bellezza dei luoghi, dei territori antichi ancora racchiusi in attesa di esser compresi, svelati e raccontati, in questo scritto vi accompagno nella Preistoria, pensando a millenni di evoluzione sociale, ambientale, tecnologica e anche ai grandi artisti.

Passeggiando

Quella del Parco Archeologico del Celio è una lunga storia, fatta di molte modifiche e altrettanti passaggi di proprietà.

Iniziamo a raccontarla a partire dal Cinquecento, quando nella zona si estendeva la Vigna del Marchese di Cornovaglia, attraversata dalle arcate dell’acquedotto claudio-neroniano, fatte poi demolire dalla famiglia stessa nel 1596 e di cui resta oggi visibile una prosecuzione sulla via di San Gregorio.

La famiglia passò poi la proprietà all’amministrazione francese, che nell’Ottocento si impegnò in importanti progetti urbanistici tra cui la creazione del Jardin du Capitole, la passeggiata fra Foro Romano, Palatino e Colosseo.

Poiché i lavori per la realizzazione di quest’ultimo movimentarono una enorme quantità di terra e detriti, al fine di liberare l’Arco di Costantino, Villa Cornovaglia venne utilizzata come luogo di scarico: si venne allora a formare un terrapieno artificiale, che venne sistemato a giardino e denominato, anche se non del tutto propriamente, Orto Botanico. (foto 1, foto 2, foto 3, foto 4)

Gregorio XVI abbellì il parco con filari di alberi e ampliò il viale della sua passeggiata, decidendo anche di realizzare un punto di ristoro sull’esempio della coffee-house del Valadier al Pincio, affidando il progetto all’architetto Gaspare Salvi.

In seguito, nel 1870, nell’area venne realizzato anche un altro edificio, la “Palestra di Ginnastica all’Orto Botanico”, che sarebbe diventata poi la Palestra della Gioventù Italiana del Littorio – oggi sede del Museo della Forma Urbis. (foto 5, foto 6)

La parte del parco diretta verso via di san Gregorio, invece, dal 1855 fu occupata dal Magazzino Archeologico Comunale.

La struttura, che negli anni aveva subito vari interventi di ampliamento, fu poi ricostruita completamente nel 1929 per volere del direttore della Ripartizione delle Antichità e Belle Arti del Governatorato di Roma, Antonio Muñoz.

Col nuovo nome di Antiquarium Comunale del Celio, però, la struttura venne quasi da subito parzialmente demolita, poiché subì gravi lesioni durante i lavori di costruzione della metropolitana. (foto 7, foto 8, foto 9)

Nato come ricovero temporaneo, l’Antiquarium nel tempo aveva accolto la maggior parte degli oggetti emersi dagli scavi – i più eccezionali arricchirono la collezione dei Musei Capitolini – e si proponeva di essere un museo moderno, con dodici sale affrescate a tema, pronte a raccontare la vita domestica, il commercio, le tecniche e il gusto dell’antica Roma.

Con la sua chiusura, però, la collezione venne smembrata.

Rimasero nel parco i materiali lapidei, trasferiti nel giardino della Casina del Salvi negli anni Ottanta e tornati oggetto di studio solo nel 2000, in seguito ai progetti per il Giubileo. (foto 10, foto 11)

Oggi il parco si presenta con un rinnovato allestimento ragionato, organizzato in nuclei tematici capaci di valorizzare finalmente i preziosi oggetti archeologici presenti.

Si comincia con i tanti materiali inerenti alla sfera funeraria, sullo sfondo della ricostruzione delle tombe di Galba e di Terentilio. Si trovano qui aree, statue, iscrizioni e una selezione di sarcofagi a cassa liscia.

Segue il settore dedicato al sacro, dove spiccano la trabeazione del Tempio di Fortuna Muliebre e frammenti della cornice del Tempio dei Castori.

Ancora oltre, altri reperti mettono in dialogo e contrapposizione gli edifici pubblici e quelli privati della città e, infine, in una piccola aiuola si trovano i cippi di acquedotto. (foto 12, foto 13)

Sempre nel parco si trovano materiali architettonici che raccontano le tecniche di decorazione degli edifici e quelle usate per la lavorazione dei marmi.

Viene anche introdotto l’importante tema del reimpiego: un fenomeno pervasivo che ha attraversato la storia di Roma in ogni sua epoca.

Merita un discorso a sé la magnifica Forma Urbis, una spettacolare planimetria di Roma incisa su 150 lastre di marmo tra il 203 e il 211 d.C. ed esposta sulla parete di un’aula del Tempio della Pace voluto da Vespasiano nel 75 d.C., per celebrare la fine delle guerre civili.

Quella parte venne poi inglobata dal complesso dei SS. Cosma e Damiano, conservandosi. Estesa per 13 m in altezza e 18 m in larghezza, la pianta rappresentava almeno 13.550.000 mq della città antica, con tutti gli edifici, privati o meno, a una scala media di circa 1:240, così da restituire una topografia estremamente dettagliata.

Rinvenuta per la prima volta nel 1562, ancora non è chiaro quale fosse la funzione della pianta, anche se, vista la sua posizione, è difficile pensare che avesse un uso pratico.

Ad oggi, abbiamo circa 700 frammenti, ovvero poco più di un decimo della totale superficie della Forma Urbis. Di questi, solo 200 sono stati collocati idealmente sulla mappa, ma la maggior parte resta da identificare. (foto 14, foto 15, foto 16)

Quando venne scoperta nel Cinquecento, molti dei suoi frammenti andarono dispersi. Portati “a carrettate” a Palazzo Farnese, gli studiosi mostrarono un iniziale grande entusiasmo nei confronti della planimetria, ma questo interesse si spense presto e molte lastre furono successivamente frantumate ed usate come materiale di costruzione.

Nel 1673 Giovan Pietro Bellori riportò l’attenzione sull’argomento con una pubblicazione in cui, sebbene con molti errori e inesattezze, identificava vari monumenti sulla planimetria. I suoi disegni servirono per la prima esposizione pubblica della Forma, realizzata lungo lo scalone di Palazzo Nuovo nel 1742.

La pianta fu poi posizionata sulla parete del Giardino Romano del Campidoglio, presto sostituita da copie. Fu quello un primo tentativo di riassemblarla in modo organico.

Per questa apertura è stato scelto un allestimento orizzontale della pianta, poichè la precedente disposizione verticale sembrava rendere difficile apprezzare i particolari della planimetria o leggere le parti iscritte.

Adesso, le lastre marmoree della Forma Urbis sono sistemate per terra, sovrapposte alla Pianta Grande di Giovanni Battista Nolli del 1748 e coperte da lastre di vetro sulle quali i visitatori possono passeggiare, per fermarsi ad ammirare i dettagli di questo incredibile capolavoro. (foto 17, foto 18, foto 19)

Il lavoro da fare sulla Forma Urbis è ancora molto, ma vale comunque la pena lasciarsi affascinare dalla sua maestosità e fare una passeggiata nella storia, godendosi il meraviglioso Parco del Celio.

Si tratta di un’occasione per guardare da vicino il passato in una veste diversa da quella in cui siamo abituati a vederlo, tornando poi a casa ricchi di nuovi e affascinanti spunti di riflessione.

L’ingresso al parco è gratuito e possibile tutti i giorni, dalle 7:00 alle 17:30 (ora solare) e dalle 7:00 alle 20:00 (ora legale). Il Museo della Forma Urbis è invece aperto dal martedì alla domenica, dalle 10:00 alle 16:00, con ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.

Parco Archeologico del Celio e Museo della Forma Urbis

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Maestro d’arte, si diploma all’Istituto d’Arte Silvio D’Amico di Roma - è qualificato Restauratore di Beni Culturali e si occupa della conservazione di opere d’arte per mostre Nazionali e Internazionali. Cura costantemente progetti, consulenze, per la manutenzione e la conservazione e restauro di Beni Culturali, in Italia e all’estero, sia per Enti Pubblici che privati e collabora con alcune Università. Nel 2012 al Campidoglio, è stato insignito dell’onorificenza, “Premio Personalità Europea dell’Anno”, dal Centro Europeo Cultura Turismo e Spettacolo. Presenta Convegni e ha pubblicato diversi suoi lavori in volumi scientifici d’arte. Scrive e realizza video per i Social Network sui temi: arte, ambiente e umanità. Già Consulente di Governo per la Struttura di Missione degli Anniversari Nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nomina da conservatore-restauratore: del Centro Europeo Cultura Turismo e Spettacolo, Roma; del Comitato Scientifico del MUGA - Museo Garibaldino di Mentana e del MUCAM - Museo Civico Archeologico di Mentana e dell'Agro Nomentano.

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