Genova. I Musei di Strada Nuova. Palazzo Rosso, Palazzo Bianco, Palazzo Doria-Tursi

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Riprendiamo la nostra rubrica sui palazzi più belli d’Italia per viaggiare in Liguria, a Genova, dove dal 19 al 21 gennaio 2024 si sono tenuti i Rolli Days invernali: un’occasione per scoprire alcune delle residenze, pubbliche e private, più affascinanti e ricche della città.

Oggi ci occuperemo in particolare di tre palazzi speciali, tutti situati in Via Garibaldi, la cosiddetta Strada Nuova che nel Cinquecento venne tracciata per ospitare le dimore, rinascimentali e barocche, dell’aristocrazia cittadina. Palazzo Rosso, Palazzo Bianco e Palazzo Doria-Tursi formano oggi il maggior complesso di musei di arte antica della città, con un’articolazione di oltre 75 sale. (foto 1, foto 2, foto 3)

Prima di occuparci nello specifico di queste tre sedi, protagoniste del nostro rinnovato appuntamento con Italia a Palazzo, crediamo importante dare qualche cenno storico e spiegare che cosa siano i Rolli, alla base di un modello di ospitalità che rese la città di Genova rinomata in tutta Europa.

Per farlo, ci siamo affidati al Professor Giacomo Montanari, curatore scientifico dei Rolli Days dal 2017 e titolare del corso di Divulgazione scientifica e didattica del Patrimonio artistico (il primo in Italia) e di Storia del Collezionismo in Età Moderna presso l’Università degli Studi di Genova, nonché membro del Comitato Scientifico del Museo di Palazzo Reale dal 2020

A Genova, tra il 1528 e il 1647, è successo qualcosa che non si era mai verificato in nessun luogo al mondo. Una Repubblica, territorialmente insignificante, era diventata, di colpo, il più potente ed influente centro finanziario del globo, capace di amministrare tanto denaro quanto ne contavano i bilanci (sommati tra loro) dei grandi regni europei.

L’artefice di questo cambio di passo che aveva portato l’antico comune genovese a trasformarsi in un attore di primo piano nella scena internazionale fu l’ammiraglio Andrea Doria. Intraprendente uomo d’armi e spregiudicato politico, Andrea capì che in Europa stava cambiando tutto e che la sconfitta di Francesco I di Francia – nel 1525 – e il sacco di Roma (1527) erano il preludio al dominio di Carlo V d’Asburgo, Con lui il Doria strinse – immediatamente – un contratto che stabiliva la continuità dell’indipendenza di Genova, garantendo al contempo il suo appoggio alla Spagna. Raccontano le fonti e ricordano alcuni affreschi che Andrea Doria rinunciò alla Signoria della città proprio qui – nella piazza della “curia” dei Doria, dominata dall’antica chiesa gentilizia di San Matteo.

Ma Andrea è importante anche per un’altra ragione. Nonostante il rifiuto di un ruolo ufficiale, la sua autorevolezza era tale che, quando l’Imperatore venne di persona a ratificare l’alleanza con Genova nel 1533 attraccò qui, nel porto privato del sontuoso palazzo che il Doria si era fatto costruire alle porte della città. Una villa straordinaria, affrescata da Perin del Vaga (allievo di Raffaello) e decorata – negli anni – da scultori incredibili come Giovann’Angelo Montorsoli e Silvio Cosini. Andrea Doria, con le sue committenze artistiche, aveva quindi stabilito un vero e proprio paradigma – anche per i “colleghi” aristocratici – del ruolo fondamentale che il palazzo e le sue decorazioni pittoriche avrebbero avuto – nei secoli a venire – all’interno degli equilibri di affermazione del potere delle grandi famiglie della Superba.

Nel 1622, infatti, il diplomatico e pittore fiammingo Pietro Paolo Rubens pubblicava in Anversa un grande libro illustrato dedicato proprio ai Palazzi di Genova. Quelli descritti da Rubens all’inizio del Seicento, non sono altri che i palazzi riconosciuti dell’UNESCO come patrimonio dell’Umanità nel 2006 e che noi tutti oggi chiamiamo “Palazzi dei Rolli”. Ma che cosa sono i Palazzi dei Rolli? Si tratta di un sistema vero e proprio di residenze private, messe al servizio della funzione pubblica dell’Hospitaggio: dell’accoglienza – cioè – delle delegazioni straniere in visita di Stato. Rolli non significa altro che “ruoli”, elenchi: l’enumerazione di quei siti che per qualità architettonica e per il prestigio delle decorazioni pittoriche e delle collezioni artistiche erano ritenuti idonei a ricevere, nelle proprie stanze, ambasciatori, principi, vescovi e signori provenienti da ogni angolo delle Terra.

Questo sistema unico, nato nel 1576, si rendeva necessario vista la singolare forma di governo della città di Genova: una Repubblica, il cui potere era depositato nelle mani di una potente aristocrazia, che faceva della speculazione finanziaria la chiave di un successo di portata mondiale.

La rapida e subitanea salita nella scala sociale della nobiltà europea spinse i genovesi a dotarsi di questi nuovi e stupefacenti palazzi, attorno a cui l’intera città assunse una nuova, formidabile fisionomia.

I Palazzi dei Rolli sono quindi la manifestazione fisica della complessità di una società straordinariamente ricca che seppe esprimere la sua natura e il suo potere attraverso questi edifici, per il tramite della realizzazione di incredibili affreschi e con l’accumulo – senza pari, in Europa – delle collezioni d’arte più incredibili che si potessero immaginare. All’apice del suo utilizzo, alla fine del Cinquecento, questa “lista” di Palazzi, arrivò a contarne oltre cento, tutti concentrati nella cerchia delle mura seicentesche della città.

Quello dei Palazzi dei Rolli è – ancora oggi – un sistema unico al mondo. Un’unicità tale – dal punto di vista finanziario, politico e culturale – che spinse un grande studioso, lo storico Fernand Braudel, a scrivere che Genova, tra il Cinque e il Seicento, sembrava essere il luogo dove l’impensabile diventava possibile: una città in cui accadevano miracoli. La forza e l’influenza di Genova si diffondevano, in quegli anni, su tutto il mondo conosciuto: cento anni straordinari per l’Europa che non potevano che essere ribattezzati “il Secolo dei Genovesi”.

Data questa preziosa premessa del Professor Montanari, che ringraziamo per la disponibilità dimostrataci e la sua gentilezza, possiamo adesso concentrarci sui Musei di Strada Nuova.

Iniziamo con Palazzo Rosso, oggi una delle più importanti pinacoteche di Genova, nota soprattutto per l’eccellenza della sua collezione permanente, che vanta firme quali Van Dyck, Guido Reni, Guercino e Bernardo Strozzi.

Rispetto alla maggior parte degli edifici della Strada Nuova, questo  venne costruito più avanti, fra il 1671 e il 1677, ad opera dell’architetto Pietro Antonio Corradi. Nacque come dimora dei fratelli Ridolfo e Gio.Francesco Brignole-Sale e, per questo, conta ben due piani nobili, così da distinguere gli appartamenti di uno da quelli dell’altro, finché la dipartita del primo lasciò il secondo come unico proprietario. (foto 4, foto 5, foto 6).

L’edificio presenta una pianta ad U, con cortile interno a pianta quadrata e le due ali unite da logge. Ciascun piano nobile è disposto come di consueto, con loggia e salone in posizione assiale e varie sale articolate sui lati, ed è decorato da alcuni dei più importanti artisti della Genova di fine Seicento.

Gio.Francesco, spostatosi al secondo piano dopo la morte del fratello, fu artefice del primo intervento decorativo, che coinvolse artisti come Domenico Piola, Gregorio De Ferrari e Paolo Gerolamo Piola e portò alla realizzazione del Salone, della quattro sale di levante con affreschi dedicati alle stagioni dell’anno, e della loggia, con soggetti del mito di Diana e Endimione. Il secondo intervento si concentrò invece sulle sale di ponente, come quella della Vita dell’uomo e delle Arti liberali, ad opera di Gio.Andrea Carlone, Antonio Haffner, Carlo Antonio Trivella, Bartolomeo Guidobono  – la cui Fucina di Vulcano andò purtroppo perduta e sostituita nel 1736 – e Domenico Parodi. (foto 7, foto 8, foto 9)

Mentre venivano completati gli appartamenti, si arricchiva anche la collezione Brignole-Sale, a cui diede un grande apporto anche il contributo del suocero di Gio.Francesco, Giuseppe Maria Durazzo.

Gio.Francesco II, nipote del primo committente e poi doge della Repubblica dal 1746, affidò nel Settecento il decoro della facciata del palazzo all’architetto Francesco Cantone, dandole l’aspetto odierno, caratterizzato da protomi leonine agli architravi delle finestre dei piani nobili, che funzionano da riferimento araldico ai Brignole: un leone rampante sotto un albero di prugne – in genovese, appunto, brignole. Altri interventi ancora, stavolta sullo stile di Luigi XVI, vennero eseguiti sotto Anton Giulio II e sua moglie, la senese Anna Pieri, mentre in seguito, sotto Antonio Brignole-Sale, fu la volta dei pavimenti in marmi policromi. Sua figlia Maria, duchessa di Galliera, nel 1874 donò Palazzo Rosso alla città di Genova, sia per arricchirne il prestigio, sia per rendere omaggio alla sua stirpe. (foto 10, foto 11)

Il primo nucleo della collezione di Palazzo Rosso si arricchì nel tempo grazie a molte collezioni private e a un’attenta politica di acquisto, portata avanti dal municipio stesso. La trasformazione in pinacoteca si deve al riordino e al trasferimento di sculture e affreschi in altre sedi museali, portato avanti da una commissione composta da importanti personalità, quali Orlando Grosso, Caterina Mazzarello, assessore alle Belle Arti del Comune, e dagli architetti Mario Labò e Franco Albini. Quest’ultimo merita di essere citato anche perchè autore del meraviglioso scalone del palazzo, considerato una delle opere più eccezionali del razionalismo italiano al fine di un recupero storico.

Oggi, la quadreria di Palazzo Rosso si caratterizza per le opere fiamminghe e per quelle dei maggiori maestri italiani – fra cui Filippino Lippi e Giorgio Vasari, oltre ai nomi citati già precedentemente – e francesi, ma anche per tavole e tele del XVI secolo veneto, con lavori di Palma il Vecchio e del Veronese. (foto 12, foto 13, foto 14)

Palazzo Bianco è da considerarsi invece uno dei più antichi edifici di Strada Nuova.

Venne infatti costruito fra il 1530 e il 1540 per Luca Grimaldi, membro di una delle più importanti famiglie di Genova, in una zona al tempo ancora suburbana e con un aspetto molto semplice, che venne mantenuto anche in seguito alla morte del suo committente, nel 1560. Di quel suo assetto originario, che portò Rubens addirittura a escluderlo dalla sua pubblicazione sui palazzi genovesi del 1622, restano oggi soltanto le due statue di Giove e Giano di Pierre Franqueville. (foto 15)

Il palazzo passò alla famiglia De Franchi nel 1658 e in seguito, nel 1711, a Maria Durazzo Brignole-Sale, per riscattare un debito. A quel punto si avviò una completa risistemazione dell’edificio e Taddeo Cantone, nel 1714, realizzò la decorazione in stucco esterna che, per il colore chiaro, diede il nome di Bianco al palazzo, così da distinguerlo per contrasto dal Rosso, dimora di famiglia.

Il nuovo edificio fu ereditato dal nipote secondogenito, Gio.Giacomo, che alla sua morte lo trasmise all’ultimo dei fratelli, Giuseppe Maria, artefice della ristrutturazione interna. Venuto a mancare anche questi, senza eredi maschi, il Bianco passò nelle mani di Anton Giulio III, che lo affittò al marchese Carlo Cambiaso. Il palazzo divenne quindi dimora, fra Settecento e Ottocento, di una lunga serie di collezionisti, affittuari, che lo trasformarono nella sede di incredibili raccolte artistiche, già all’epoca descritte nelle guide, perchè accessibili al pubblico.

Nel 1884, la duchessa di Galleria, così come aveva già fatto per il Rosso, lasciò per testamento il palazzo al Comune di Genova, al fine di incrementare il patrimonio artistico di Genova. Palazzo Bianco, grazie alla sua notevole collezione, divenne il fulcro dei musei civici della città.

Arricchita da molte opere antiche e moderne, provenienti dalla dimora parigina della famiglia, e da una serie di lasciti e donazioni importanti, la raccolta del palazzo ha assunto una consistenza davvero significativa, con opere di importantissimi pittori, quali: il Veronese, Filippino Lippi, Giorgio Vasari, Luca Cambiaso, Rubens, Van Dyck, Gerard David, Francisco de Zurbaran, Bartolomè Esteban Murillo, Jose de Ribera, Simon Vouet, Grechetto, Bernardo Strozzi, Valerio Castello, Domenica Piola, Gregorio De Ferrari e Alessandro Magnasco.

Infine, ultimo ma non ultimo, Palazzo Doria-Tursi: la più grandiosa residenza privata costruita a Genova.

Oggi sede anche del Municipio, qui si conclude il percorso museale, con una ricca collezione di opere d’arte decorativa e applicata come arazzi, ceramiche e pesi e misure dell’antica Repubblica. Inoltre, sono qui conservati i violini storici del magnifico Nicolò Paganini e, indubbiamente da segnalare, anche la Maddalena penitente di Antonio Canova, sistemata in giardino dal 2009. (foto 16, foto 17)

L’edificio venne costruito a partire dal 1565 da Domenico e Giovanni Ponsello per Niccolò Grimaldi, su ben tre lotti di terreno e due ampi giardini, a testimoniare l’importanza e la ricchezza del suo residente. Nel 1575, però, Filippo II di Spagna sospese i pagamenti ai Grimaldi, decretandone la rovina, poiché era il loro principale debitore. L’attività edilizia subì quindi un arresto forzato.

Nel 1593, l’edificio pervenne al principe di Melfi, Gio.Andrea Doria, che lo desiderava come prestigiosa residenza per il ramo cadetto della sua discendenza, ovvero quello di Carlo I, duca di Tursi, nome con il quale tutt’ora si indica il palazzo. La decorazione degli interni e la costruzione della torretta dell’orologio risalgono all’Ottocento, alla “fase piemontese”, quando i Savoia acquistarono l’edificio che, dopo qualche anno in uso ai Gesuiti, divenne proprietà e sede del Comune di Genova nel 1850.

La facciata del Doria-Tursi alterna il rosa della pietra di Finale, il grigio-nero dell’ardesia e il bianco del marmo di Carrara, e consta di due ordini sovrapposti, con finestre sormontate da mascheroni con smorfie animaleste che concorrono a cerare un effetto davvero suggestivo. Allo stesso modo, la sapiente disposizione degli interni crea un gioco di luci e prospettive meraviglioso e affascinante. (foto 18, foto 19, foto 20)

I Rolli Days di cui abbiamo parlato all’inizio sono una delle occasioni speciali per lasciarsi affascinare dall’immergersi nel mondo magico della Genova rinascimentale e barocca e lasciarci sognare, trasportati dal suo sfarzo.

I Musei di Strada Nuova però sono sempre visitabili dal martedì al venerdì, dalle 9:00 alle 18:30 e il sabato e la domenica dalle 9:30 alle 18:30. Dal 18 aprile, l’orario subirà una variazione: dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 19:00; sabato e domenica dalle 10:00 alle 19:30. L’ultimo ingresso è consentito fino a un’ora prima della chiusura.

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Maestro d’arte, si diploma all’Istituto d’Arte Silvio D’Amico di Roma - è qualificato Restauratore di Beni Culturali e si occupa della conservazione di opere d’arte per mostre Nazionali e Internazionali. Cura costantemente progetti, consulenze, per la manutenzione e la conservazione e restauro di Beni Culturali, in Italia e all’estero, sia per Enti Pubblici che privati e collabora con alcune Università. Nel 2012 al Campidoglio, è stato insignito dell’onorificenza, “Premio Personalità Europea dell’Anno”, dal Centro Europeo Cultura Turismo e Spettacolo. Presenta Convegni e ha pubblicato diversi suoi lavori in volumi scientifici d’arte. Scrive e realizza video per i Social Network sui temi: arte, ambiente e umanità. Già Consulente di Governo per la Struttura di Missione degli Anniversari Nazionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nomina da conservatore-restauratore: del Centro Europeo Cultura Turismo e Spettacolo, Roma; del Comitato Scientifico del MUGA - Museo Garibaldino di Mentana e del MUCAM - Museo Civico Archeologico di Mentana e dell'Agro Nomentano.

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