Tempo di Libri #20. I ragazzi vogliono raccontare storie. Giacomo Mazzariol lo dimostra

Un ragazzo qualunque, con l’aria furba. Uno degli innumerevoli figli della sterminata provincia italiana, diviso tra lo sport e il liceo. Un giorno non diverso dagli altri sceglie di fare un video, come molti coetanei. Lo mostra agli amici. Quello che non si aspetta è che dopo le pacche sulle spalle, i suoi cinque minuti girati con mezzi di fortuna cominciano a circolare, e a moltiplicarsi. Esponenzialmente. Tanto che a casa cominciano a telefonare i giornali, e il suo nome comincia a passare di bocca in bocca.

Fino a qui, sembra la parabola di uno degli ormai incalcolabili youtubers italiani, teenagers che, per un breve lasso di tempo si trasformano negli idoli di generazioni, totalmente sconosciuti alle altre. Una fama effimera, spesso, come i loro contenuti, alla, salvo poche eccezioni, non sono preparati, e da cui vengono travolti, quando non schiacciati.
Il caso del ragazzo in questione, però, non è così semplice. Perchè stiamo parlando di Giacomo Mazzariol. Un nome che è probabilmente noto a un’utenza maggiore di quella di Youtube, perché dopo i giornali, a casa sua, hanno chiamato le case editrici.
Non per lui, però, ma per il protagonista del suo video: suo fratello Giovanni, anzi, Giò.

In quei pochi minuti Giacomo simulava un colloquio di lavoro, e chiedeva a Giò se, professionalmente, aveva avuto successo. E lui spiegava la sua concezione del successo, salvo rispondere, candidamente, di no.
Naturale, non avrebbe potuto essere altrimenti. Nel mondo come lo conosciamo, in un contesto che non lo valorizza, Giò non potrebbe avere successo . O meglio, molti sono convinti che sia così. Perchè Giò ha la Sindrome di Down.
Mio fratello rincorre i dinosauri è diventato un caso, tanto da portare il giovane autore, Giacomo appunto, a tenere una conferenza nella quarta giornata di Tempo di Libri, fra Daniel Pennac e Philippe D’Averio.
Non senza merito. Quello di Mazzariol non è un libro esperienziale, strappalacrime, uno degli innumerevoli sprechi di carta in veste di “manuale su come affrontare la diversità” che brulicano nelle librerie, spacciando ricette all’insegna dell’amore universale. Giacomo non nasconde di averlo odiato, questo fratello speciale ma da non portare in strada. Non lesina sugli aneddoti, naturalmente, ma rivendica: «non ho capito cos’è la disabilità, cos’è la Sindrome di Down, come si affronta». Lui ha voluto parlare di sé, lasciando fuori i pensieri di Giò in favore dei suoi.

Ha parlato di come il fratello gli abbia cambiato la vita, ma solo in funzione dell’intenzione di raccontare una storia.

Ed è una storia quella che presenta ormai da un anno e da molti mesi soltanto nelle scuole. Perché è lì che, nella fresca e schietta scrittura del fratello maggiore, Giò e i dinosauri diventano una storia sulla musica, sui fratelli, sul mondo, e smettono di essere un “tema scottante”. È per evitare questa deriva, commenta Mazziariol, che un seguito non ci sarà.
Intanto c’è una presentazione davanti a una platea di bibliofili, che dimentica la sottile supponenza davanti a un ragazzo che parla esattamente come i suoi coetanei, ma con la scioltezza di uno che è perfettamente nel proprio elemento, qualsiasi età e cultura abbiano i suoi interlocutori.
Un appena ventenne che non cerca di dimostrarsi più grande o migliore, ammette candidamente di essere in cerca del proprio futuro, di non intendersi di libri quanto dovrebbe un relatore di un simile evento, di avere la vita dei tutti suoi coetanei,  preda dei dubbi.
Nell’istrionismo naturale non c’è però banalità. Mazzariol dispensa frasi che sorprendono in bocca a un ragazzo. Ha le idee chiare sul non essere uno scrittore, ma un «ragazzo che ha colto un’occasione» e per spiegare la sua fortuna cita Seneca: «l’incontro fra una preparazione e un’occasione». Non si ritiene artista, ma sa cosa significa fare arte per lui: «prendere ciò che c’è intorno», e rielaborarlo. Una concezione artigiana per un giovane che sogna un mondo dove ciascuno possa vivere dell’essere se stesso. Un’idea che viene svuotata di una concezione personalistica, dell’intento di trasformare se stessi in brand, per vestirsi invece di originalità, impegno, cose da dire, prima che da mostrare.
Con queste premesse, sembra lecito guardare al futuro con il suo stesso ottimismo.

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Nata (nel 1994) e cresciuta in Lombardia suo malgrado, con un' anima di mare di cui il progetto del giornalismo come professione fa parte da che ha memoria. Lettrice vorace, riempitrice di taccuini compulsiva e inguaribile sognatrice, mossa dall'amore per la parola, soprattutto se è portata sulle tavole di un palcoscenico. "Minoranza di uno", per vocazione dalla parte di tutte le altre. Con una laurea in lettere in tasca e una in comunicazione ed editoria da prendere, scrivo di molte cose cercando di impararne altrettante.

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