La parola al Teatro #3. C’era una volta la Malìa Napoletana

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Malìa Napoletana

C’erano una volta gli anni ’50 e ’60 e la musica napoletana che, varcando ogni confine territoriale e linguistico, fece furore anche negli Stati Uniti.
C’erano una volta e tornano ad esserci sul palco del Teatro Quirino dal 18 al 31 dicembre con lo spettacolo Malìa napoletana, ideato e scritto da Gualtiero Peirce e Massimo Ranieri.

È proprio l’artista napoletano che riporta in scena la malìa della canzone tradizionale partenopea in uno spettacolo-concerto accompagnato dalla maestria musicale di Enrico Rava (tromba e flicorno), Stefano Di Battista (sax alto e sax soprano), Rita Marcotulli (pianoforte), Stefano Bagnoli (batteria) e Riccardo Fioravanti (contrabasso).

Magia, incantesimo, seduzione e ammaliazione, appunto come quella che colpì all’epoca il mondo intero per la tradizione napoletana e come quella che Massimo Ranieri, al secolo Giovanni Calone,  insieme ai maestri del jazz italiano riesce a creare nel pubblico.

Lo spettacolo, che ha debuttato al teatro San Carlo di Napoli, fa parte di un progetto che nasce nell’ottobre 2015, con l’uscita del primo cd dell’album doppio “Malìa. Napoli 1950-1960” cui l’anno successivo fa seguito la parte seconda.

Da Luna Caprese a Tu vuò fa l’americano passando per ‘O sarracino e Nun è peccato, un lungo viaggio attraverso la melodia dal sapore vesuviano con esecuzioni che più che una semplice reinterpretazione possono, vista la qualità degli arrangiamenti e dell’esecuzione, esser considerate delle vere e proprie riletture che danno una veste nuova, seppur nel rispetto e nel solco della tradizione, ed elegante ai brani.

Canzoni, aneddoti e dediche ai grandi artisti, dell’epoca e non, tra cui Renato Carosone, Domenico Modugno e Pino Daniele cui l’artista dedica un verso di Palazzeschi (“Muoiono i poeti ma non muore la poesia perché la poesia è infinita come la vita“) e la canzone di apertura Tutta ‘nata storia.

Una fascinazione in cui l’artista e i musicisti coinvolgono giocosamente anche il pubblico che a fine spettacolo applaude estasiato e, mai termine fu più adatto, ammaliato dalle atmosfere di un tempo che non c’è più eppure torna attuale facendo quasi sentire le emozioni dei night club fumosi, dei balli cheeck to cheeck e delle voci di quei cantori di Napoli, napoletani e non (Domenico Modugno, Fred Bongusto ed altri, ad esempio), contaminati dal sound di quei liberatori sbarcati alla fine della guerra con il loro patrimonio linguistico e musicale così diverso ma così coinvolgenti.

Solo in finale di spettacolo, Ranieri regala al pubblico due brani del proprio repertorio.

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Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.

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