L’ambiguità della lingua. Aura di Andrea Celani fra immagine e narrazione

immagine per Aura, Andrea Celani
Book Pride. Aura, Andrea Celani
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Book Pride. Aura, Andrea Celani

Andrea Celani è un archeologo, professore di Storia dell’Arte, uno scrittore, un poeta, un fotografo. “Di questi tempi darebbe più facile darsi una definizione sola” scherza con Francesco Jodice, a sua volta artista, fotografo, architetto e urbanista che lo accompagna nella presentazione del suo ultimo libro, Aura, in uno degli incontri che chiude la prima giornata di Book Pride 2018.

E anche Aura. Viaggio in Italia non può definirsi né come progetto fotografico né come opera narrativa: i due linguaggi si affiancano senza sopraffarsi, ma anzi stratificando il senso e le chiavi di lettura di un’opera che trova nella diramazione la propria unità.

Francesco Jodice la definisce una lunga serie di dittici: a sinistra una fotografia e a destra un testo che occupa visivamente lo stesso spazio. Due letture, o meglio: due racconti filtrati dallo stesso sguardo. Necessari uno all’altro non per esplicazione ma per risignificazione dello stesso sentimento.

Nelle fotografie un’Italia antropizzata, vissuta, che si riconosce anche nei suoi Maestri: Antonello da Messina, Michelangelo. Nei testi invece riferimenti che vanno da Herzog a Calvino. Come non pensare poi a Benjamin per l’aura del titolo, e alla lunghissima tradizione che da Goethe arriva fino a Ghirri per quel “viaggio in Italia” del sottotitolo? Celani sembra voler cedere la propria autorialità, espanderla alle ramificazioni di senso che si accumulano su ogni pagina. Non guida il lettore verso un punto preciso, ma lo lascia cercare lo sfaldarsi degli strati e delle interpretazioni, trovare il proprio senso, il proprio ordine delle cose.

Un’operazione del genere non è semplice: richiede tempo, concentrazione e, soprattutto, la volontà di portarla a termine. Con le parole di Jodice: non si piega alle necessità di semplicità di comprensione della narrazione contemporanea. Impone una presa di coscienza, una presa di responsabilità.

Questo non significa in alcun modo innescare un processo elitario. Anzi.

Andrea Celani chiude l’incontro statuendo una ricerca dello sguardo normale. Il che non significa pensare di poter ottenere un’oggettività irraggiungibile per il solo fatto di dover scegliere un’inquadratura, ma piuttosto non soffermarsi su un’Italia programmaticamente distrutta o irrealisticamente idillica.

Ricercare un “grado zero” che è di un singolo come potrebbe essere di molti altri. Ricercare uno sguardo che parla per la moltitudine, parla della quotidianità e da lì si interroga su come cambiarla

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Nata a Parma nel 1995 e qui incamminata sulla via degli studi umanistici, dal 2014 risiede al Collegio Ghislieri di Pavia. Nell'Ateneo della città studia Lettere Moderne e muove i primi, incerti, decisi passi verso la Storia dell'Arte Contemporanea. Sprovvista della esperienze e della sicurezza che occorrerebbero per parlare di se stessa in terza persona, si limita a seguire ogni strada buona con tutti gli strumenti possibili - che siano un libro, una valigia, un biglietto del cinema. Non sa quello che è, non sa quello che vorrebbe diventare: in mezzo, la voglia di non risparmiarsi e una passione sempiterna per la scrittura e per la cultura dell'Europa centro orientale.

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