Letterature Festival 2018 #2. Daria Bignardi, Michael Zadoorian e Stefano Massini

Daria Bignardi

In una serata in cui il vento già estivo faceva rimuginare ricordi sulla Basilica di Massenzio al Festival della Letterature 2018, e scompigliava i fogli degli inediti appoggiati sui loro leggii, il duo Emanuele Bultrini alla chitarra e Ziad Trabelsi all’oud suonava antiche melodie mediterranee senza tempo.

Il tema della serata L’anima e il volto serviva, attraverso gli inediti letti dagli autori, a spiegare meglio quel concetto del titolo di Letterature 2018 Il diritto, il rovescio, nella inesauribile corrente delle parole, nella quale l’uomo si trova immerso nel suo corso di vita universale. Quel concetto fondamentale, il diritto ed il rovescio, nella letteratura e nella vita, fa tanto pendant con il titolo attuale dell’ultima serata delle Letterature in cui i cinque autori finalisti del Premio Strega Europeo 2018 parleranno su Il vero e il falso delle parole.

L’anima e il volto iniziava con Daria Bignardi, in un  vestito scuro impreziosito da trine nere mosse dal vento, giornalista radio televisiva, che ha pubblicato con Mondadori, tra l’altro, Non vi lascerò orfani (2008), Un Karma pesante (2010), L’amore che ti meriti (2014), Storie della mia ansia(2018).

L’inedito Dentro e fuori parla di una donna borghese, Carla, lasciata dal marito dopo 15 anni con due figli gemelli in età scolare, che è in cura da una psicanalista e fa volontariato in un coro di detenuti di San Vittore, il Coro della Nave.

Carla è nel periodo peggiore, quello del senso di colpa – come dice la psicologa – . Pensa di aver perso il più grande amore della sua vita, piange, pensa al suicidio e per contrappasso si va a chiudere in carcere per diventare solo un’artista del coro e dimenticare, disintossicandosi dal dolore, mentre i detenuti tossicodipendenti con cui canta starebbero volentieri fuori.

E qui nasce il suo candido interesse per i 40 detenuti che cantano e vorrebbero arrivare al saggio finale in un teatro di Milano.
Mentre segue il repertorio di canzoni milanesi di Jannacci, Dario Fo, Claudio Sanfilippo, Nino Rossi, salvifiche perché la fanno commuovere con ricordi personali e d’ambiente, se la prende con i magistrati che non danno permessi o condannano i tossicodipendenti calabresi e magrebini, pugliesi e serbi, arabi e campani. Una bella terapia!

Nell’inedito c’è uno stile semplice e pragmatico, amichevole e cameratesco come può essere la solidarietà carceraria. Mentre allontana da se quel marito amato ma egoista, senza scrupoli, stronzo, Carla pian piano scopre una umanità nuova in contesti diversi.

Fabrizio detto Ciuffo un uomo di mondo che si è giocato tutto, Khalid un tunisino di 20 anni con moglie e figli, Daniele un sessantenne tossico sempre innamorato, con un cane peloso che gestisce dal carcere, Ferdi un grafico che disegna tatuaggi. E poi Tommy uno spacciatore di 20 anni, l’unico che suona uno strumento, la chitarra.

Mentre ci avviamo, con lo snello inedito, al concerto finale i magistrati hanno concesso solo 15 permessi, finché all’ultimo momento si aggiunge Ciuffo che ha tatuato sul braccio sinistro You’ll never walk alone. Finisce come nei concerti delle rock star con abbracci e grida tra le ali del pubblico (tutti parenti) e Carla che si sente sul telefonino il coro del Liverpool che termina proprio con la frase del tatuaggio “Non camminerai mai sola”.

Michael Zadoorian è conosciuto soprattutto perché Paolo Virzì ha tradotto in film Ella e John (con Donald Sutherland ed Helen Mirren) il suo libro “In viaggio contromano”(Marcos y Marcos 2009), in cui l’autore racconta la storia di un viaggio dei suoi genitori, logorati psicologicamente e fisicamente.

Da dove viene quello che scrivi? è l’inedito letto da Zadoorian e parla della crisi dello scrittore, senza più ispirazione né parole, quando ormai crede di dover riporre la penna e invece, visto che non ha più nulla da perdere, scrive in un ‘momento di purezza’ quello che viene, ovvero la storia dei suoi genitori ed ottiene attenzione, denaro e diritti d’autore per un film.

Ma non sempre quello che si scrive viene dal dolore, dal rifiuto e dall’abbandono. Perché il libro successivo Beautiful Music (Marcos y Marcos 2018) è stato ispirato dalla piacevolezza, dall’allegria da una specie di gioiosa ossessione. – Ha letto Zadoorian – Ecco da dove è venuto quello che ho scritto: dalla musica travolgente del rock and roll in tutti i suoi gloriosi effetti e assurdità, che facevano svanire tutte le ansie, le paure e le tristezze”.

Come dire quello che si scrive viene dai momenti migliori come dai peggiori, ma sempre da una esplorazione di se stessi dentro.

Stefano Massini è stata veramente una sorpresa per gli spettatori di Massenzio. Saggista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista, si interessa di teatro e di finanza (Qualcosa su Lehman e L’interpretatore dei sogni – Mondadori 2016 e 2017). Animale da spettacolo, pieno di ironia e di sarcasmo ci ha divertito con l’inedito Mitologia milionaria, una storia sui ricchi a partire dal leggendario Re Mida per finire con il presente Trump (paragonato a zio Paperone per età). Passando per l’Aulularia di Plauto, l’Arpagone di Molière, il Pantalone della commedia dell’arte, il Mazzarò di Giovanni Verga.

Ma soprattutto creando un distinguo tra questi ricchi aridi e odiati così tanto da guadagnare sempre la solitudine e l’inferno (vedi Scrooge di Dickens o il girone degli avari di Dante) ed i milionari di oggi, che hanno corretto la rappresentazione di se, intercettando il pubblico consenso ed affetto come proprietari di squadre di calcio o di palinsesti televisivi, icone di copertine di riviste rosa ed autori di folgoranti ascese politiche.

Per attenersi al titolo L’anima e il volto Massini ha esemplificato tre personaggi che hanno creato una loro immagine buonista e filantropica (il volto splendente) e poi hanno compiuto le peggiori atrocità (l’anima nera).

Andrew Carnegie, fondatore a Pittsburg dell’impero della siderurgia, nel 1892 fece uccidere da mercenari armati gli operai indifesi che chiedevano i loro diritti, rendendo orfani quei bimbi dei quali era benefattore.

John D. Rockfeller, potente magnate della Standard Oil fece aprire il fuoco su una protesta dei suoi dipendenti delle miniere del Colorado, mentre carezzava i bambini negli orfanotrofi. Questo, citando la giornalista Ida Tarbell che lo smascherò come profittatore senza scrupoli, significa che non può convivere umanità e profitto se non sotto la forma di doppiezza ed ipocrisia.

L’ultimo esempio riguarda William Randolph Hearst, un uomo vanitoso ed arrogante, che aveva capito il potere immenso esercitato sui mass media dai giornali, le radio, il cinema. Quando il giovane Orson Wells fece di lui il protagonista del film Citizen Kane (il grande film Quarto Potere) denunciando le sue manipolazioni nell’era delle comunicazioni di massa, gettò sul tavolo del Presidente della RKO una busta con 800.000 dollari (erano gli anni ’40) per dare alle fiamme i negativi.

Era lo stesso Hearst che si vantava di aver dato ad Hitler a Berlino una lezione sui valori della democrazia e del pluralismo. Tra l’anima e il volto c’è tanta ipocrisia.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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