La notte si avvicina. La magia gotica di Loredana Lipperini

C’è sempre un segno che preannuncia il disastro, l’epidemia, la peste.

C’è sempre un segno, che forse s’è manifestato vent’anni fa, ma che nel tempo non smette di moltiplicarsi. D’altronde troppo orrore non è possibile esaurirlo con una crisi economica e qualche terremoto. Troppa energia negativa è concentrata e dispensata da quel segno.

immagine per la notte si avvicina loredana lipperini
in copertina: La Nuit. Auguste Raynaud (1845 – 1937, Francia)

Un segno che, a Vallescura, microcosmo incastonato fra monti e Sibille delle Marche, dove è ambientato La notte si avvicina (Bompiani) scritto con maestria, passione e visionarietà da Loredana Lipperini, si presenta come una semplice incrinatura sulla superficie del lago delle menti dei suoi abitanti.

Cerchi concentrici che increspano la normalità e che riflettono le screpolature delle anime del mondo: un segno, dunque, a cui non può essere dato il peso che meriterebbe.

E allora la peste sopraggiunge proprio lì, in quel paese indolente che non ama i forestieri e che ha un passato oscuro di cui gli abitanti hanno perso la memoria. Non tutti, però.

E allora la quotidianità e la normalità si tramutano in dramma. La giostra dei ricordi aumenta lo spaesamento: nessuno vuole essere dove il tempo lo ha messo.

E allora non si può più rimandare il ritorno delle dee, l’incontro con la consapevolezza che ogni bellezza e ogni orrore, ogni delitto e ogni miracolo sono possibili in ciascuno di noi. Perché questa è la vita e dobbiamo fare pace con la scoperta che nessuno di noi è solo buono o solo cattivo.

Protagoniste del romanzo donne diversissime fra loro, ognuna con il suo dolore, il suo stupore, il suo peso, la sua saggezza. Saretta da cui dipendono le sorti della comunità; Maria, la straniera fuggiasca; Chiara incantata e decisa; Aurelia, la narratrice e Carmen, la ragazza che raccoglierà i segreti e gli orrori di ciascuna per ricominciare.

Il romanzo è scritto “dal di dentro”. Loredana Lipperini non crea un’esperienza, la vive e ce la rende intatta. Invita i suoi e i nostri fantasmi ad una danza (come – ben lo sapete – è uso fare per sconfiggere la morte) alla quale assistiamo cogliendo, ad ogni giro, un segreto in più per poter cominciare a danzare anche noi.

I capitoli non seguono un filo temporale; comunicano e si intreciano in un metodo combinatorio personale e sacro che riporta allo stupore di Italo Calvino.

Del resto Vallescura non ha mai abbandonato le narazioni di Lipperini; appare nei suoi libri con nomi diversi (ma cosa sono, poi, i nomi se non il modo di rappresentare anime, attitudini e destini, come ben sapevano bene gli antichi che avevano un nome pubblico – il nome del destino – e un nome segreto, quello della protezione); permette scintille di autocitazioni, consente di collocarvi fatti accaduti altrove e che, pure, lì si trovano a casa, perché casa è quel luogo tranquillo e maledetto dove si nasce e si muore, dove il proteggere e l’impazzire vanno di pari passo.

Come ogni storia gotica il libro tocca nevralgie stratificate e scopre punti oscuri. Si palesano figli, vecchi, diversi e le devianze con cui la società li cura.

La voce narra al ritmo di una nenia rassicurante, che già sai ti porterà fin dentro la paura: te lo anticipa, te lo porge, lo getta come un’offa per ingraziarsi il tuo restare impavido, fermo, di fronte al sopraggiungere del nero. E tu vai avanti, pagina dopo pagina, confidando di poter ancora una volta razionalizzare e tenere sotto controllo la storia.

Poi tutto vira al magico perché così deve essere, perché le streghe esistono e sono sempre state donne sagge, mentre la vendetta è di chi non cambia, di chi a tutti i costi e con tutta la forza si oppone al mutamento.

“La peste è dentro. È nei cuori che non pensano ad altro che a ripetere le azioni e i gesti di ogni giorno, sperando che non ci siano variazioni. Ma le variazioni ci sono sempre, finché non moriremo. Cambia il corpo, cambiano gli altri attorno a noi. Cambiano i nostri pensieri, perdono spinta. Cambia il tempo, e se prima eravamo curiosi di quel che avveniva fuori, adesso ci guardiamo allo specchio che ci moltiplica e ci inghiotte.”.

Per opporsi al destino ci vuole un’energia nuova, quella rivoluzionaria e inarrestabile di Carmen, giovanissima, capace di vedere oltre la superficie e di liberare l’anima della verità.

Un’anima ancestrale e magica, un’anima, come tutte le nostre, che si impasta col mito e col dio anche se non ce ne accorgiamo, anche se non vogliamo.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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