Letteratura Inaspettata #59. Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone. Lo spazio salvifico dell’amore.

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“Sono dunque certa che la Notizia dell’adozione si sia depositata e sciolta in me come neve. Un’astrazione, che non interferiva con la realtà, meno che mai con la realtà perturbante e scintillante del mio amore, infantile e di poi. Madre uscì invece malamente ferita dalla sua stessa rivelazione. Madre aveva confessato per amore, alla figlia, di non avere figli. Agli occhi orgogliosissimi di Madre, fu come confessare una mancanza”.

Maria Grazia Calandrone. La sua storia ci viene raccontata attraverso articoli di giornale e le parole di una delle più grandi poetesse della letteratura italiana che, diventata adulta, decide di dar voce a una parte di sé molto personale e dolorosa: orfana di due amanti adulterini che si sono tolti la vita gettandosi nel Tevere, è stata adottata a soli otto mesi da una coppia di coniugi di mezza età senza figli.

La Madre e il Padre sono personalità in vista della scena politica e culturale romana degli anni ’60, e quella che appare a prima vista come una narrazione fulminea del rapporto fra una figlia e sua madre diventa territorio di esplorazione filosofica, politica, etica, psicologica ed esistenziale, non solo dell’infanzia e dell’adolescenza, della vita adulta di Calandrone ma dell’Italia stessa.

Un inno alla vita in tutta la sua complessità, con sfumature, gioie e tormenti, Splendi come vita, edito da Ponte alle Grazie, è una lettera d’amore alla madre adottiva, è un romanzo autobiografico, poetico e musicale che fa scendere lacrime e scaldare il cuore.

immagine per Splendi come vita di Maria Grazia Calandrone. Lo spazio salvifico dell'amore.Tra incomprensioni, fraintendimenti e dolore il rapporto tra le due donne diventa difficile. Con il passare del tempo si assiste ad una frattura sempre maggiore e all’entrata in scena del Disamore da parte di Madre nelle cui pieghe resistono quei germi dell’amore impiantato nel cuore di Figlia che resiste, nonostante tutto.

“Tutto vero, fin che lo crederà: chiunque si dispone a non amare chi non ha l’impudicizia di amare se stesso e si espone all’amore e al disamore altrui come senza ferita, o intelligenza. I non amati sono mesti sovrani del proprio destino, nel museo vivente della terra”.

In realtà, nel momento in cui crescendo raggiunge la giusta maturità, Maria Grazia ripensa a quanto è successo e riesce a comprendere le scelte e le difficoltà di chi l’ha cresciuta e le ha insegnato tanto.

“Splende, la vita, splende come vita. A volte splende quieta come il tuo corpo abbandonato al sonno. A volte sfolgora come il lampo del sorriso. Ma la terra non splende, la cenere non splende. Davvero, Mamma, non sappiamo niente e non siamo che corpo e non siamo più in nessun luogo, dopo, probabilmente e questo precipizio di parole non è buono a rifare neanche una molecola del tuo sorriso. Era vivo, il tuo corpo, e lo guardavo come si guarda la casa distesa nella luce del tramonto e il colle dove stiamo tornando. Faticavo a raggiungerti, alla fine. Ma eri vita accessibile, vita dovuta e vita che ho dovuto lasciar andare. Addio, Mamma”.

L’autrice, nella sua vocazione di poeta e d’artista, affascina e scuote, con un linguaggio metaforico, lirico e potentissimo, una prosa meticolosa e affilata, e una ironia tanto più infuocata quanto più intessuta nella trama stessa di una storia che di buffo non ha nulla, se non l’inevitabile commedia che palpita nel petto stesso della tragedia.

Con una maestria che si fa ipnotica, uno sguardo limpido e partecipe e uno stile asciutto, Calandrone si immerge nei meandri dell’identità, delle parole, del senso, del tempo, della malattia, la sofferenza, la morte e la perdita, con una ricchezza di dettagli che infonde alla sua storia e alla Storia d’Italia la nostalgia tattile di un ricordo solido e ancora pulsante.

Se è vero come scritto in un’altra poesia che “accogliere la gioia è il mestiere di tutta una vita”, questo libro è il tentativo, felicemente riuscito, di risignificare il trauma infantile riverberato su un’intera esistenza, non diradando le ombre ma andando a prendere per mano, nella tenebra, quel piccolo spazio salvifico che siamo soliti chiamare amore.

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Si laurea in Scienze della Comunicazione con indirizzo impresa e marketing nel novembre del 1998 presso l'Università La Sapienza di Roma; matura circa dodici anni di esperienza presso agenzie internazionali di advertising del Gruppo WPP - Young&Rubicam, Bates Italia, J.Walter Thompson - nel ruolo di Account dove gestisce campagne pubblicitarie per conto di clienti tra cui Pfizer, Johnson&Johnson, Europcar, Alitalia, Rai, Amnesty International e Ail. Dal 2010 è dipendente di Roma Capitale e attualmente presta servizio presso l'Ufficio di di Presidenza del Municipio Roma XIV dove si occupa di comunicazione istituzionale, attività redazionale sui canali social del Municipio e piani di comunicazione. Ama viaggiare e leggere.

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