La Combattente. Stefania Nardini racconta la forza della vita

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Chi ha più desiderio di parlare realmente degli Anni ‘70, di quel periodo caro agli dei dove tutto era ancora possibile? Inventare il festival urbano più innovativo d’Italia, scoprire che altrove le guerre non erano finite, aprire una bottega di vestiti vintage, scrivere sui giornali senza essere laureati, ricercare e sperimentare nuove tecniche di teatro, emanare lo Statuto dei Lavoratori, riformare la Sanità, fare una legge sul diritto a divorziare…  Perfino la rivoluzione sarebbe stata possibile.
Stefania Nardini, giornalista d’inchiesta e scrittrice di memorie presenti e passate lo ha fatto scrivendo La combattente (Edizioni e/o) una storia, quasi un giallo, che si addentra nei meandri più oscuri di quegli anni.

Sì, perché da un certo momento abbiamo dimenticato tutte le conquiste sociali avvenute negli anni 70, abbiamo dimenticato di aver gettato i semi per un rinnovamento epocale e si è dissolta la volontà di innovazione politica.

immagine per La combattente. Stefania NardiniIn alcuni casi perché avevamo creduto di aver raggiunto tutti gli obiettivi e di non avere nient’altro per cui lottare; negli altri, la maggior parte, perché si è tentato di liberarsi di tanta forza popolare, affibbiando ad un intero decennio magmatico il nome di “anni di piombo”. Da allora se ne è parlato solo in quei termini. Tanto che, chi è nato attorno alla fine degli anni ’80, probabilmente, conosce solo quella versione.

La combattente, però, non ha dimenticato nulla. Né le sue inchieste nei manicomi-fosse-dei-serpenti, ancora lungi da arrivare la Legge Basaglia, né i cortei, né gli scontri con i fascisti, né la lotta armata, il terrorismo come lo si chiama ormai da quarant’anni, senza più neanche immaginare di analizzare motivazioni, giuste o sbagliate che fossero.

Angelita, combatte da sempre, combatte come tutti coloro che si sono formati nella ribellione e nella volontà di un mondo diverso; ma è anche una donna che ha costruito un percorso diverso con Fabrizio, l’uomo complementare, l’uomo che rende vivi tutti coloro che lo incontrano, nonostante il suo malessere interiore, per lei spesso inspiegabile.

Su questa strada che a volte scorre parallela, altre volte s’incrocia, altre ancora scompare come un fiume sotterrano per poi riemergere assieme a pezzi di battaglie ancora non abbandonate, Angelita si scontra con la morte.

Perdere Fabrizio è terribile e inaccettabile, eppure eccola a combattere ancora, proprio quando vorrebbe lasciare andare tutto. Improvvisamente, infatti, scopre un segreto inaspettato e doloroso. Un segreto di Fabrizio del quale non riesce a venire a capo in nessun modo.

Non le resta che fare fino in fondo la giornalista, prendere in mano i pochi dati e avviarsi nei sentieri bui di un’inchiesta che riporterà alla luce gli albori della lotta armata, gli scambi con i gruppi tedeschi, con i compagni francesi e un pezzo di vita che Fabrizio non si è mai perdonato e che probabilmente ne ha segnato il destino.

La scrittura fluida e coinvolgente di Stefania Nardini provoca un susseguirsi di emozioni e di riflessioni.

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Stefania Nardini

Entra nel non detto di tante situazioni attuali: in quello della solitudine, in quello dell’età matura, nel non detto del rapporto con i figli, o in quello di chi ha potuto scegliere di non lavorare e, soparattutto, in quello di un passato la cui parte migliore è stata cancellata dalla memoria collettiva.

E lo fa senza timore, con la certezza che quella è vita e che la vita va affrontata con lo stesso sentimento con cui abbiamo vissuto quegli anni: costruire il mondo che volevamo.
Perché sì, la storia di Angelita ha molti intrecci con quella reale dell’autrice e di lei ha la capacità direndere narrazione il giornalismo e viceversa.

La combattente è una chiave, forse la chiave che Stefania Nardini offre ai lettori per sostenere la rinascita, l’evoluzione e per non abbandonare mai la riflessione su ciò che ci circonda.

Un libro prezioso utile per capire, per scoprire, per riesaminare una storia così recente da poterne toccare gli orli con gli occhi e con le dita.
A chi ha vissuto gli anni 70 consiglio di tuffarcisi senza timore: non è una rievocazione, è la certezza di avere fatto tanto e di averlo fatto bene.
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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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