Il dubbio del killer di John Banville a Libri Come.

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John Banville

John Banville è l’autore de Il dubbio del killer, un giallo presentato da Giancarlo De Cataldo a Libri Come.  I circoli letterari e gli appassionati di noir presenti per vedere il magistrato presentatore, stella lucente italiana del genere, sono rimasti a bocca aperta quando hanno sentito il curriculum di questo scrittore irlandese anche di gialli, in odore di Nobel.

E se non avessero capito il valore di un questo scrittore prestato al giallo, ci ha pensato con la sua ammirazione e domande lo stesso De Cataldo. Il quale ha ricordato solo alcune cose fatte da Banville, di cui basta ricordare la vittoria del Man Booker Prize nel 2005 per Il mare (di cui è stato realizzato un film omonimo), il suo coraggio di inventare un’altra indagine dell’investigatore Philip Marlowe La bionda dagli occhi neri del 2014 (Premio Chandler), da cui è stato tratto un film con la regia di Neil Jordan e l’assegnazione del Franz Kafka Prize per l’insieme del suo lavoro come esempio di eccezionale creazione letteraria.

La poliedricità e l’acutezza di Banville è poi stata arricchita dalle sue messe in scena teatrali (es. l’Anfitrione e la Pentesilea di Heinrich Von Kleist) e dalle varie sceneggiature scritte per il cinema (es. Albert Nobbs con Glenn Close).

Ma dove Banville eccelle in maniera superlativa è nell’umorismo della sua parola e dei suoi scritti. Del resto la sua prosa è precisa e fredda, fitta di invenzioni e di ironia. Come è tagliente la sua penna nel saper leggere e descrivere l’animo umano. Questa la notazione su uno scienziato italiano oggi nelle cronache: “Ammiro Carlo Rovelli per come racconta la scienza a tutti. È pura letteratura. Io stesso riconosco il conforto ed il sostegno continuo che la scienza mi offre nel mio lavoro”.

De Cataldo lo ha provocato sul suo pseudonimo Benjamin Black usato per scrivere i gialli della serie “I misteri di Quirke”, un anatomopatologo, che trovandosi in particolari situazioni si improvvisa investigatore.  Banville ha raccontato che dopo il successo de Il mare il suo agente lo aveva convinto a scrivere gialli e noir ai quali si sentiva già attratto, ma aveva qualche riserva a comparire per cui si era dato uno pseudonimo.

La crime novel è qualcosa di curativo – ha continuato – una fuga esotica fuori dalla mia mania di ricerca della perfezione artistica ed estetica. Ha anche ricordato il giudizio della moglie: “quando hai finito di scrivere una crime story sembri un assassino che ritorna da un omicidio particolarmente sanguinolento”. Invece il mio stato d’animo – ha aggiunto – è quello di un killer che tornato dalla missione sta pensando a chi sarà la prossima vittima.

Senza fare spoiler, De Cataldo ha chiesto se poteva parlare della storia dell’ultimo romanzo e dei suoi personaggi. Per lui Quirke non è molto simpatico, mentre gli fa enorme piacere essersi inventato un killer. Vivendo oggi un mondo di postreligione e postpolitica, concetti che hanno ammorbato ed intristito la giovinezza di tante generazioni (ha paragonato l’Italia e l’Ungheria degli anni ’50/’60 all’Irlanda) ha voluto sottolineare che ormai anche la figura del killer è stata sdoganata.

Quirke ne Il dubbio del killer – ha rivelato – è affiancato da un poliziotto molto classico anni ’50, John Strafford, il prototipo vestito e pensante del vero protestante (anche se i protestanti benestanti non si arruolavano nella polizia).
Ha raccontato, con un De Cataldo molto divertito che la nuova inchiesta di Quirke in vacanza in Spagna si svolge sulla mondana bellissima spiaggia di San Sebastian, ricordando però anche alcuni aneddoti di quando era stato in Italia ed aveva trovato tanta simpatia nella gente comune ed opere d’arte (come un Filippo Lippi in una chiesa) che anni dopo erano scomparsi misteriosamente. L’abbondanza!!

Ha concluso con questo aneddoto. Un giornale irlandese aveva scritto che gli scrittori sono cattivi genitori (lui ha quattro figli da mogli diverse). Peggio – ha aggiunto – un vero artista deve essere sempre un cannibale, prendere tutto da tutti. Ad esempio ha raccontato che dopo una furiosa litigata con la moglie in cui lei aveva detto parolacce e contumelie, lui annotandole le aveva chiesto: posso usare le tue parole? Del resto il vizio o la virtù degli scrittori non è quello di riportare nei loro libri quello che vivono, vedono, sentono?

 

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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