Chiediamo di far restare in Italia, a Firenze, il Laocoonte di Vincenzo de’ Rossi.

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Scomparso per quattro secoli, il Laocoonte, capolavoro manierista di Vincenzo de’ Rossi (Fiesole 1525-Firenze 1587), l’inquieto allievo di Baccio Bandinelli e uno dei precursore dell’espressività veemente barocca,  ricomparve, misconosciuto, a un’asta giudiziaria del 1987.

Proveniente da collezione privata a La Mercerie, nella Charente, fu acquistato da Fabrizio Apolloni; identificatone l’autore, fu poi importata in Italia nel 2006 da Marco Fabio Apolloni ed esposta nella galleria W. Apolloni a Roma, oltre che nella mostra Michelangelo and the Ideal Body a Tokyo.

Ora la possiamo ammirare a Firenze in questa edizione, la 32., della BIAF, e sperare in un’acquisizione da parte della città che ne vide i natali; infatti, il Laocoonte di de’ Rossi, marmo a grandezza naturale, pesante due tonnellate, è stato iniziato nel 1584 su commissione dei Della Sommaja, esponenti di una nobile famiglia fiorentina.

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La storia inizia il 14 gennaio 1506 quando, durante uno scavo in un terreno coltivato a uva sul Colle Oppio a Roma,  fu scoperto un meraviglioso gruppo scultoreo in marmo raffigurante il celebre racconto mitologico – e narrato da Virgilio nel secondo libro dell’Eneide –  del sacerdote troiano di Apollo, Laocoonte, e dei suoi figli Antifate e Timbreo, assaliti e stritolati da serpenti marini per volontà vendicativa di Atena, che punì l’uomo per essersi opposto all’ingresso del Cavallo di Troia nella città, che attraverso questo stratagemma sarà infine espugnata dai Greci, dopo un decennio di guerra sanguinosa per il controllo dell’Ellesponto.

Tale  opera monumentale (conservata ai Musei Vaticani), attribuita all’ellenistica Scuola di Rodia ma probabilmente copia romana da originale in bronzo, e ritenuto quel capolavoro visto da Plinio il vecchio nella Domus dell’Imperatore Tito, generò una eco comprensibilmente enorme che colpì l’opinione pubblica e influenzò gli artisti del Rinascimento italiano e poi del Barocco; non furono esenti dalla fascinazione di questo gruppo scultoreo Michelangelo, Raffaello, Tiziano, El Greco, Andrea del Sarto, il Primaticcio, Baccio Bandinelli.

Anche il de’ Rossi si cimentò in una sua versione, cercando di aumentare quella carica drammatica che l’originale aveva ma controllava all’interno di più equilibrate tensioni e calibrate proporzioni.

In occasione della BIAF – Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze, questo marmo del de’ Rossi fa quindi ritorno nella sua città; ma, ci dicono gli organizzatori della kermesse fiorentina:

“è purtroppo l’ultima occasione, prima che riparta irrimediabilmente per l’estero, di acquisire e far restare a Firenze un’opera rappresentativa della città e di uno dei periodi artistici più floridi della nostra storia.”

Per la Biennale di Firenze, la meravigliosa opera è stata preparata minuziosamente per affrontare il viaggio che da Roma l’ha portata a Firenze.

“Da secoli, il trasporto di un’opera d’arte – specialmente per quanto attiene le sculture – è un vero e proprio lavoro di precisione e delicatezza, e richiede un know how di estrema cura. In quest’occasione, si è potuto assistere ad una meravigliosa opera di ingegneria unica nel suo genere.”

Ci auguriamo, pertanto, che questa Fiera sia l’occasione di buoni acquisti privati ma anche pubblici, e dunque di un’acquisizione da parte delle nostre istituzioni preposte.

Info BIAF, edizione XXXII

  • Palazzo Corsini , Via del Parione 11, Firenze
  • Dal 24 settembre al 2 ottobre 2022
  • Il Laocoonte: Stand 13 galleriawapolloni.it
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Con una Laurea in Storia dell'Arte, è Storica e Critica d’arte, curatrice di mostre, organizzatrice di eventi culturali, docente e professionista di settore con una spiccata propensione alla divulgazione tramite convegni, giornate di studio, master, articoli, mostre e Residenze, direzioni di programmi culturali, l’insegnamento, video online e attraverso la presenza attiva su più media e i Social. Ha scritto sui quotidiani "Paese Sera", "Liberazione", il settimanale "Liberazione della Domenica", più saltuariamente su altri quotidiani ("Il Manifesto", "Gli Altri"), su periodici e webmagazine; ha curato centinaia di mostre in musei, gallerie e spazi alternativi, occupandosi, già negli anni Novanta, di contaminazione linguistica, di Arte e artisti protagonisti della sperimentazione anni Sessanta a Roma, di Street Art, di Fotografia, di artisti emergenti e di produzione meno mainstream. Ha redatto e scritto centinaia di cataloghi d’arte e saggi in altri libri e pubblicazioni: tutte attività che svolge tutt’ora. E' stato membro della Commissione DIVAG-Divulgazione e Valorizzazione Arte Giovane per conto della Soprintendenza Speciale PSAE e Polo Museale Romano e Art Curator dell'area dell'Arte Visiva Contemporanea presso il MUSAP - Museo e Fondazione Arazzeria di Penne (Pescara), per il quale ha curato alcune mostre al MACRO Roma e in altri spazi pubblici (2017 e 2018). È cofondatrice di AntiVirus Gallery, archivio fotografico e laboratorio di idee e di progetti afferente al rapporto tra Territorio e Fotografia dal respiro internazionale e in continuo aggiornamento ed è cofondatrice di "art a part of cult(ure)” di cui è anche Caporedattore.

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