Everything Everywhere All at Once. Dove tutto, ovunque, porta ad una vita migliore

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Everything Everywhere All at once dei registi Daniels è quest’anno il film candidato ad 11 Premi Oscar.
E potrebbe sembrare esagerato perché un film fuori le righe, stravagante, demenziale, futuribile, frutto della società dell’effettismo, che non si identifica con gli effetti speciali, ma in una maniera di vedere e raccontare i banali, minimali avvenimenti ed eventi quotidiani, locali o globali come fossero eccezionali, superumani, alieni, costruiti con la più alta scienza e tecnologia.

Oggi nello spettacolo (attraverso la spettacolarizzazione del normale) c’è una ricerca affannosa di qualcosa di strano, di diverso, di super-eroico, distopico, che vada oltre le leggi naturali acquisite, oltre il tempo e lo spazio, il relativismo. Ma poi a vedere bene, ad andare a fondo si tratta solo di un grande bluff.

Questo per dire che in questo momento la nuova scoperta da sfruttare è il Multiverso (concetto ripreso dalle teorie astrofisiche su universi paralleli coesistenti con il nostro) insieme ad una parola ad effetto, con tutt’altro significato, il Metaverso (sviluppo tecnologico della realtà virtuale), con un uso smodato nell’uso quotidiano, moltiplicandone le declinazioni e discutendo sulla prevalenza od interazione dell’uno sull’altro.

L’ultimo film, che usa la teoria del multiverso, dopo il rinomato dottor Strange e tutto il multiverso delle serie Marvel è il film Everything, Everywhere, All at once dei due sceneggiatori-registi Daniel Kwan e Daniel Scheinert (Swiss army man del 2017 e moltissimi video musicali) che ci hanno lavorato dal 2010, riuscendolo a completare nel 2020.

Film indipendente girato tutto in un capannone (mondi paralleli, buchi neri, fughe e ritorni spaziotemporali, locations fantastiche, combattimenti wuxia, ecc.), già pieno di premi ed incassi.

Ma in realtà, spogliando la trama di tutti quegli effetti provocati dalle escursioni nel multiverso (praticamente vite sognate in mondi paralleli coesistenti con l’unica realtà) è solo la storia di una donna di mezza età, Evelyn Wang (la brava Michelle Yeoh), immersa in una quotidianità piena di impegni assillanti (la gestione di una lavanderia, i controlli fiscali dell’Ufficio delle imposte) e bloccata in una vita familiare misera e ripetitiva, con il mite marito prossimo al divorzio Waimond Wang (Key Huy Quan), la giovane figlia omosessuale Joy Wang (Stepanie Hsu) ed il vecchio sclerotico padre Gong Gong (James Gong).

Aiutata dal marito, già diventato un’altra persona nel multiverso, Evelyn, anche sbagliando nel far entrare dai portali solo ricordi della sua vita, riesce a fatica a capire che ha finora vissuto la peggiore vita possibile tra quante potrebbero invece essere vissute. Con una maggiore personalità, determinazione e forza di reagire, Evelyn esce dal bozzolo in cui si era chiusa ed intraprende un percorso in tre capitoli verso una liberazione effettiva dalla sua sofferenza quotidiana.

Ma per arrivare a diventare un’altra donna più libera e cosciente delle sue vere capacità dovrà entrare in altre dimensioni attraverso i Saltiverso, stadi di passaggio alla scoperta degli attributi della sua personalità. Acquistando sempre più fiducia in sé stessa si ritroverà nelle vesti di una maestra di Kung Fu (l’attrice l’ha veramente interpretata nel film La tigre ed il dragone), di una star del cinema, dell’aiuto cuoca di un famoso teppanyaki (cuoco con piastra interattiva), di un’altra donna con le mani fatte di hot dog.

In questo percorso di crescita e di trasformazione vedrà anche gli altri suoi familiari e la stessa incaricata dei controlli fiscali uscire dai loro paradigmi personali (entrando anch’essi nel multiverso degli universi coesistenti) e subire delle modifiche per raggiungere una vita meno conflittuale ma più comunicativa ed affettiva.

La cosa più importante è che riuscirà a battere i sicari di un potere oscuro Jobo Tupaki che vuol risucchiare in un buco nero (fatto come un bagel, ciambella col buco) ogni realtà. Scoprirà che quel potere non è altro che sua figlia, con la quale non aveva comprensione, passata anch’essa in un’altra vita e diventata nemica del mondo, che non la capisce. E poi per difendere sua figlia, entrata in crisi depressiva, dovrà combattere con gli scagnozzi di suo padre Gong Gong, passato anche lui in un altro universo, per distruggere il distruttore Jobo Tupaki (alias sua nipote Joy).

Alla luce di questo racconto minimale del film, si possono capire le tante metafore che lo pervadono, attraverso i differenti registri che i due autori usano quali la commedia esistenziale, le battaglie wuxia (Hero), il melò sentimentale (In the mood for love), le dita wurstel aliene (ET), i passaggi fantastici e colorati tra universi (2001 Odissea nello spazio).

Tutte queste fantasie, anche se rinfrescate dalla storia del cinema, generano un effetto movimentato, caotico, paradossale, accompagnate dalla brillante colonna sonora dei Son Lux, ma non così incomprensibili come si vuol far credere.

I due Daniels costruiscono il film su mondi paralleli comprensibili e reali, tenendo sempre i piedi per terra, senza perdere il fil rouge della sceneggiatura, creando anche un caos visivo intelligentemente controllato da un attento montaggio (Paul Rogers).

Mantenendo sempre una coerenza tra la parte individuale emozionale e quella oggettiva tecnologico innovativa. Ritornando dal sogno a quelle che sono le tematiche portanti della nostra società: i difficili rapporti coniugali e familiari, le difficoltà lavorative e burocratiche degli immigrati (i protagonisti principali sono tutti cinesi meno la multitasking funzionaria delle tasse (la bravissima cattiva Jamie Lee Curtis), l’odio/amore tra madre e figlia, tra esistenzialismo e nichilismo. Finché il padre deus ex machina del cambiamento non suggerirà di provare tanto amore e scoprire tutta la bellezza del mondo e/o mondi.

Come dire “fate l’amore, non fate la guerra” di lontana memoria.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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