Dopo i film evento Barbienheimer che “se non li vai a vedere non ne puoi parlare” e “se non ti sono piaciuti sei diventato anche tu quello che vuole farsi notare” (omologazione forzata) finalmente arrivano in sala film normali di cui si può fare una libera critica, anche negativa, finalmente fuori dal coro.
L’ordine del tempo di Liliana Cavani (Il portiere di notte, Al di là del bene e del male, La pelle, Galileo, Francesco, ecc.) è un film che la regista novantenne (Leone d’oro alla carriera a Venezia 80) ha voluto fortemente realizzare per dare un messaggio personale (con spunti anche autobiografici) sul tempo della vita che passa e sulla imprescindibile resa dei conti finale, indotta sia da cause naturali sia da catastrofi universali.
L’idea originale parte dal saggio di Carlo Rovelli L’ordine del tempo sulla natura del tempo e la sua percezione umana, sul quale la regista ha lavorato a lungo con l’autore, adattando concetti di meccanica quantistica e teoria della gravità a loop (ideata dallo stesso Rovelli), per le quali il tempo sparisce in un presente in cui sembrerebbe non ci sia più né passato e né futuro.
Teoria con cui, senza riuscire molto a capire, abbiamo tutti a che fare in questo momento storico (teorie del multiverso od universi paralleli).
Riportata in formato filmico, in pratica il tempo è quello che passano un gruppo di amici di vecchia data sui 50 anni, tutti professionisti affermati ed arrivati, ma come tutti molto incasinati, in una accogliente villa a Sabaudia con vista sul mare del promontorio Circeo. Prigionieri di uno scampolo di tempo residuo di vita, prima che un asteroide enorme e velocissimo si schianti sulla terra (così dicono i fisici e gli astronomi).
Esseri umani con i loro problemi così piccoli ed inconsistenti nei confronti di quelli dell’universo.
Prima di morire forse – suggerisce la regista – ci sarebbero da fare delle cose, rivelare dei segreti, rappacificarsi con qualcuno, far nascere degli amori, usare un po’ di autocompassione per ritrovare la fede.
Invece i suoi personaggi amorali, affetti dal dono prettamente umano della dimenticanza, anche con tutti gli enormi pericoli incombenti (al di là delle asteroidi vaganti, il surriscaldamento, gli inquinamenti di ogni genere, il pericolo nucleare, le guerre e quant’altro sta distruggendo la vita ed il pianeta) riescono solo a compiere quegli atti programmati nel tempo di una giornata, come lavarsi, mangiare, bere, parlare insieme, cercare nuove conoscenze scientifiche che finora non li avevano sfiorati (il tormentone è “Il tempo è distorto e lo spazio si curva”).
Certo come esseri pensanti forse dovrebbero anche fare due conti di come abbiano agito e più in grande di come si sia evoluta/involuta la nostra civiltà per arrivare a tutta questa indifferenza di persone immerse nel consumismo con atteggiamenti da intellettuali.
Le storie invece dei singoli individui del film sono molto banalizzate, perché alla fine anche gli intellettuali e gli scienziati sono persone semplici se non proprio semplicistiche.
Purtroppo per calare meglio nella realtà odierna tutti i concetti di scienza e di civiltà di Rovelli e della Cavani è dovuto subentrare anche un altro co-sceneggiatore, Paolo Costella, che ha mescolato gli scopi scientifici del fisico Rovelli e le tematiche civili e sociali della Cavani, sintetizzandoli nelle storie del cinema italiano di successo, tra amori difficili e segreti ed omosessualità, tradimenti e citazioni greche, girotondi e musical nostrani.
Vale la pena di ricordare i film ai quali ha contribuito come sceneggiatore Paolo Costella: Vacanze di Natale ’91, Miracolo Italiano, La fidanzata di papà, A natale mi sposo (tutti cinepanettoni), Perfetti sconosciuti, A casa tutti bene, Gli anni più belli, Per tutta la vita (film di successo di Paolo Genovese e Gabriele Muccino).
Si capisce allora perché tutte le seriose considerazioni dei protagonisti del film (tre fisici, due dottori di cui uno psichiatra, una giornalista stampa estera, un avvocato, una professoressa ed un operatore finanziario) sembra facciano sorridere perfino gli stessi volonterosi interpreti (Alessandro Gassman, Edoardo Leo, Claudia Gerini, Valentina Cervi, Ksenija Rappaport, Fabrizio Rongioni, ecc.).
Forse in questo affresco di materialismo pervasivo, di incomunicabilità e di indifferenza umana l’unica persona ancora viva è la fisica Giulia (Francesca Inaudi) la protagonista più seria e sofferta, che attraverso un dialogo teologico sulla fede con la clarissa Suor Raffaella (Angela Molina) riesce a fornire una interpretazione autentica, ma qui siamo dentro la filosofia dell’amore motore di tutte le arti, della fervente cattolica Liliana Cavani, filosofia mostrata dalla regista in tutta la sua carriera cinematografica alla ricerca di una rinnovata spiritualità (tre film su San Francesco, Galileo, il buddista Milarepa, I cannibali tratto dall’Antigone).
In conclusione, L’ordine del tempo non si concilia bene nelle sue tre sceneggiature d’autore (scientifica, spirituale e di successo) ma è sempre un film modernista e sperimentale di una coraggiosa novantenne e, se letto in controluce, con spunti che fanno pensare – al di là del conformismo di una patinata confezione-spettacolo – a che punto morto è il cinema e. come dice la stessa Cavani, con un futuro (allargato all’umanità) senza speranza.
Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.
Mi sembra molto simile alla trama di Melancolia di Lars von Trier È un’impressione?
Certamente vero Emma, grazie del commento. Tra i film che parlano dell’arrivo della fine del mondo Melancholia è quello più vicino a L’ordine del tempo o meglio viceversa.
Ma è importante ricordare sempre, in questo vanitoso antropocene, che si riempie di orgoglio per la scoperta del nucleare, che il microcosmo umano vive dentro un macrocosmo universale. E come il battito d’ali di una farfalla in una parte della terra porta conseguenze anche fatali da un’altra parte del mondo, così lo spostamento di una piccolo parte dell’universo potrebbe interessare anche la terra. Ma presi dalle nostre piccole abitudini ne faremo solo argomento di conversazione.
Il dialogo con la clarissa mi ha ricordato le parole di madre Teresa di Calcutta nel film la grande bellezza di Sorrentino
A parte i nobili intenti, purtroppo non si riesce a riconoscere la Cavani, in altri tempi regista coraggiosa e discussa. Una melassa di luoghi comuni infarciti di citazioni e prona al politicamente corretto. Gassmann che pesca il granchio blu, poi non si può vedere, né sentire. Vi prego non paragonate questo lavoretto a melancholia o altro, pare una serie televisiva ( e non è detto che….) anche scarsa ma furbetta.
Ecco, allora non sono l’unica che si è ribaltata sulla poltrona alla vista del granchio… Una tristezza di film, che pretende di affrontare un tema impossibile come il tempo, affidando la questione ad essere umani facoltosi e all’apparenza insulsi.
Grazie Francesca, le due suore sono completamente diverse. La santa de “La grande bellezza” era una parodia grottesca di Madre Teresa di Calcutta (103 anni, di poche parole, forse ispirate o forse senza senso). La suora de “L’ordine del tempo” è una fine teologa, prestata dalla scienza a Dio (è una Fisica). Forse l’unico personaggio positivo nelle due scene più interessanti del film.
Grazie Laura, il cinema italiano ed i suoi sceneggiatori, salvo eccezioni, da tempo stanno ripetendo i luoghi comuni, politicamente corretti, da serie TV (ne ho fatto una lista nell’articolo) di una società affetta da materialismo pervasivo, da relazioni inesistenti e da una profonda ignavia e cinismo. Per cui i nobili intenti della Cavani (90 anni, ancora energica ma soggetta alle leggi di mercato) e di Rovelli, (desideroso di diffondere la sua teoria) sono state tradotti purtroppo in un film per un vasto pubblico, ormai assuefatto a questi vuoti cliché. Tanto che mi è venuto da dire (non ho parlato di bravura degli attori) che non mi sono sembrati convinti di quello che stavano dicendo. Troppo difficile o troppo banale?