Teatri di Vetro. Neorealismo Accorato/Intervista. Un rito di rinascita si trasforma in uno scandalo insensato.

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Se in questi giorni Agna, in provincia di Padova, sale agli onori della cronaca perché le maestre della scuola elementare “De Amicis” hanno scelto di sostituire nei testi della recita natalizia il nome di “Gesù” con “cucù” per non creare malumori nelle famiglie dei bambini di altre religioni, a Corato, nel barese, è stato Roberto Corradino a creare scompiglio lo scorso Natale.
È l’attore e regista di Altamura a ricostruire a voce e con contenuti multimediali – video, audio e articoli di stampa – la vicenda, insieme a Giulio Sonno, in Neorealismo Accorato/Intervista, all’interno della diciassettesima edizione di Teatri di Vetro, il festival guidato da Roberta Nicolai al Teatro India di Roma.

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Quello che nelle intenzioni del regista/autore doveva essere un rito teatrale di luce per la notte più lunga dell’anno nel giorno del solstizio di inverno è diventato un caso.  «Corato, la recita di Natale parla di morte, bimbi in lacrime: è polemica», «Corato, la recita di Natale parla di morte: bimbi in lacrime e genitori infuriati. Il regista: “Un fraintendimento”», «Corato, la recita spaventa i bambini. I genitori li portano via, è polemica», «Spettacolo natalizio o rito esoterico? La testimonianza di una mamma sulla “Cattedrale Vivente” di Verso Sud», «Lo spettacolo parla di morte, i bambini in lacrime: scoppia la polemica», titolano giornali e tg, locali e non.

Cattedrale vivente, questo il titolo dello spettacolo della discordia messo in scena il 21 dicembre 2022 presso la sede della Cantina sociale Terra Maiorum di Corato, è un testo originale proposto in anteprima assoluta e accompagnato dai canti rituali sudamericani eseguiti da un coro di 70 bambini della scuola elementare Fornelli del comune pugliese.

Il tema è quello della nascita, della rinascita e della rigenerazione con un iniziale sguardo nel buio per accompagnarci a riaprire gli occhi alla vigilia di ogni nuovo giorno. Ma qualcosa sembra non aver funzionato.

Il «grande rito di liberazione – come recita il testo strutturato in più quadri tra cui quello degli assetati e quello dei santi oltre al rito liberazione iniziale della durata di 5/10minuti  – per cacciare l’ala dell’Angelo nero, che dà la morte perché la morte è piccola, piccola, piccola. È di passaggio. La Vita sì, dice sempre sì, la Vita, sì dice sempre sí, la Vita sì, Vive sì, Sempre, sì, la Vita si, sopra la morte, sì. E allora nascete bambini e cantiamo, tutti insieme», ha visto la reazione scomposta di alcuni genitori e spettatori che hanno trascinato via i figli in lacrime.

Proprio le lacrime dei minori, oltre ai testi messi in scena, diventano il pomo della discordia: I bambini – studenti della scuola elementare, di 9 e 10 anni che comunque avevano lavorato sui testi per diverse settimane – hanno iniziato a piangere spaventati dall’argomento, sostengono i media. Le lacrime sono arrivate quando i genitori non capendo il rito li hanno portati via, secondo Corradino.

Genitori e insegnanti «conoscevano i testi. C’è stato un lungo lavoro di preparazione attorno alle canzoni e al tema. Il tema non era una recita di Natale ma un rito teatrale intorno al solstizio d’inverno. E nel rito non c’è divisione fra spettatori e attori, come nel teatro sacro medievale. Il tema era quello della luce e del buio. È un inno a Dio: il testo dice Dio è il più grande è quello che mi aiutò a vincere. A me e Verso Sud ha sorpreso la reazione. Si parlava di un rito teatrale, non di uno spettacolo né di una recita natalizia. Non  ci vuole niente a sbattere il mostro in prima pagina e rovinare un lavoro di cura e di raccolta della comunità attorno a un rito festivo» ha spiegato l’attore in un’intervista a Radio Cusano Campus precisando che si è trattato di un lavoro di raccolta della comunità attorno a un rito festivo a cui bambini e genitori hanno partecipato coralmente almeno per i primi 45 minuti.

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Il pubblico scandalizzato (di preciso da cosa?) non aveva ben capito la tipologia di spettacolo che aveva davanti? Aspettandosi una classica recita di Natale – nonostante il foglio di sala parlasse di altro – che vedeva i propri figli intonare i canti natalizi e indossare i panni della pecorella, dell’angelo, del pastore o di San Giuseppe e la Madonna, ha visto urtata la propria sensibilità e le proprie aspettative da un rito teatrale in cui tutti attori e spettatori venivano coinvolti? Quanto le indicazioni sul tipo di spettacolo che stavano per vedere erano state chiare e comprese dagli spettatori e quanto invece aveva avuto la meglio quello che credevano avrebbero visto?

La questione, coinvolgendo tante sensibilità, è spinosa. Allargando un po’ il discorso, di fronte ad un’opera d’arte – in teatro, al cinema, di fronte ad una performance e non – contano di più le nostre aspettative o il messaggio dell’artista? Dove sta il limite dell’interpretazione?

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Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.

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