Clitennestra. Il dolore e la vendetta al tempo dello svanire degli dei

immagine per Clitennestra. Il dolore e la vendetta al tempo dello svanire degli dei

Ifigenia indossa una veste bianca, candida e lucente. Ha il volto illuminato e fiero seppur terrorizzato. Il padre Agamennone ha lo sguardo fisso verso il cielo, verso gli dei, quelli che gli hanno chiesto di sacrificare la primogenita.
È Clitennestra, o meglio il suo dolore e desiderio di vendetta, però, la vera protagonista di Clitennestra, la piéce per la regia di Roberto Andò, che ne ha curato anche l’adattamento dal romanzo La casa dei nomi di Colm Tóibín, in scena al Teatro Argentina di Roma dopo una prima nazionale a Pompei e una tournée che ha toccato diverse città italiane.

Tra i meriti dello scrittore irlandese sicuramente quello di aver affrontato la tragedia classica senza stravolgerla o modernizzarla forzatamente limitandosi, in maniera quasi cinematografica, a spostare l’inquadratura sulla sovrana.

Il punto di vista da cui parte il racconto della vicenda, per Tóibín come per Andò, questa volta è quello di Clitennestra interpretata da Isabella Ragonese.

immagine per Clitennestra di Roberto Andò. Il dolore e la vendetta al tempo dello svanire degli dei
Foto Lia Pasqualino, Isabella Ragonese

Un ribaltamento non senza conseguenze. Passata alla storia come un personaggio negativo e rimasta a lungo il prototipo della infamia femminile, Clitennestra mostra sulla scena, come nel testo di Tóibín, le sue ragioni e porta poco a poco lo spettatore a comprendere le motivazioni dei suoi gesti.

Dall’inganno di Agamennone (Ivan Alovisio) che, nascondendo le richieste degli dei affinché il vento cambi e la flotta greca possa finalmente salpare e vincere la guerra, chiede alla consorte di portare con sé la figlia Ifigenia (Arianna Beccheroni) perché possa sposare il valoroso Achille (Denis Fasolo). Una bugia che scopriranno esser tale solo quando ormai è troppo tardi.

Se Agamennone usa il volere degli dei come scudo per giustificare i suoi atti disumani, Clitennestra rigetta ogni dovere di obbedienza alle divinità e le sfida apertamente accusandole di non interessarsi minimamente alle vite degli umani. In un mondo in cui gli dei sono scomparsi, lei, senza oracoli e sacerdoti, ritrova la sua disperata forza, la capacità di decidere. Clitennestra urla, reagisce, maledice, tenta di salvare sua figlia e vendicare l’inganno e l’orrore. Ingannata da Agamennone in più modi, non avendo a disposizione come gli uomini un esercito si avvale della sua intelligenza e della sua capacità strategica per attuare la sua vendetta.

«La sua vicenda è giunta a noi soprattutto grazie all’Orestea, la trilogia (Agamennone, Coefore ed Eumenidi) in cui Eschilo, nel 458 a.C., celebrò la fine del mondo della vendetta e la nascita del diritto. Nel romanzo di Tóibín, la tragica storia di rancore e solitudine, di sangue e vendetta, di passione e dolore è narrata da tre punti di vista, ma soltanto le due donne, Clitennestra e Elettra, raccontano in prima persona e la loro voce è decisamente la più drammatica.

Chi conosce Tóibín sa che egli compone in ogni suo libro una drammaturgia del dolore e della perdita ed è interessato al silenzio che si crea attorno al dolore, alla vita di donne sole che portano con sé il peso di un trauma. Voci che parlano col timbro speciale conferitole dalla violenza subita. Se Clitennestra ci è stata tramandata come un personaggio essenzialmente negativo, qui finalmente si trovano dispiegate le sue ragioni umane», spiega Andò nelle note di regia.

«Tóibín – aggiunge – non dà giudizi, accoglie la potenza emotiva che scaturisce da questo personaggio e ne esplora le azioni confrontandole con le parole che adopera per far luce nel buio della sua interiorità danneggiata. Ne nasce un teatro di ombre, di voci, di fantasmi, che si muove dentro e fuori: dentro, tra i labirinti della mente, fuori in un luogo senza tempo dove vivi e morti dialogano senza requie».

immagine per Clitennestra di Roberto Andò. Il dolore e la vendetta al tempo dello svanire degli dei
Foto Lia Pasqualino

Il palcoscenico diventa la “camera della mente” di Clitennestra, il luogo in cui elabora il senso di quello che è le capitato. I personaggi, infatti, si muovono sul palcoscenico spesso come se nemmeno si accorgessero l’uno della presenza dell’altro o come se non fossero nello stesso luogo nello stesso momento ma in tempi diversi.

Il tempo della narrazione e quello della memoria si mescolano, i piani narrativi si incrociano e si sovrappongono come la scenografia organizzata su due piani – scelta che Andò aveva già fatto portando in scena Ferito a morte”, quello superiore che ospita la vasca da bagno in cui si consumerà la vendetta della sovrana e quello inferiore organizzato in piccoli box simili a magazzini angusti e illuminati dalla luce quasi straniante e desolante di neon che ospitano ora l’accampamento e ora le stanze della corte.

Il tutto, così come i costumi, ha i toni del nero, del bianco, al massimo del grigio. Unica eccezione è Cassandra (Cristina Parku) che, condotta nella regia come schiava e concubina da Agamennone al suo rientro dalla battaglia, indossa un abito rosso come il sangue che nelle sue previsioni vede scorrere da lì a poco.

L’immobilità quasi statica della scena, in cui in alcuni momenti i personaggi si muovono al rallentatore, improvvisamente si tramuta in una danza sulle note di una musica elettronica sulle coreografie di Luna Cenere.

Intensa e sentita l’interpretazione di Isabella Ragonese che domina la scena nei panni di una donna che riprende nelle sue mani il proprio destino.

Altrettanto degna di nota è quella di Katia Gargano nei panni dell’anziana donna del popolo che – avvalendosi anche di espressioni e parole dialettali siciliane – assolve talvolta il ruolo del coro greco della tragedia, coadiuvata da Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini e Antonio Turco.

L’operazione registica di Andò – sicuramente coraggiosa e innovativa – si completa con la presenza di Egisto (Federico Lima Roque) che, alternando l’italiano al brasiliano, aiuterà la protagonista a compiere la sua vendetta e si interfaccerà con la giovane Elettra (Anita Serafini) e con il suo dolore per i tanti lutti e tradimenti che hanno coinvolto la sua famiglia tanto da diventare ossessione e a sua volta desiderio di vendetta.

Andò ci porta nel mito e allo stesso tempo ci porta a superarlo, trovando in esso tematiche universali e senza tempo appartenendo totalmente all’animo umano. Una catena ininterrotta di delitti e vendette che Clitennestra vorrebbe fermare ma di cui, invece, entra inesorabilmente a far parte.

Quando il grande pannello semitrasparente, anch’esso dai toni del grigio sporco, che copre – inizialmente e nei cambi di scena – il palcoscenico, lasciando intravedere solo ombre, si solleva, siamo subito dentro al dolore straziante di Clitennestra che diventa sete di vendetta, all’innocente e fiero coraggio di Ifigenia che si consegna alle mani dei suoi carnefici per il sacrificio ormai inevitabile, agli inganni di Agamennone e alla sua cieca fede negli dei che lo portano ad anteporre il suo regno alla vita della sua primogenita, alla disperazione di Elettra che perde la sorella e il padre e mediterà vendetta nei confronti della madre rea dei loro assassinii.

+ ARTICOLI

Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.