Opus Asiae a Roma si interfaccia a Hendrik Christian Andersen con Progetti architettonici per città asiatiche

Asiad 2022 - Giardini d'acqua: Villaggio dell'arte. Mladen Jadric con Klaus Semsroth, Sun Tongyu e Xu Kai

Presso il Museo Hendrik Christian Andersen di Roma  – Casa museo dello scultore norvegese-americano Hendrik Christian Andersen (Bergen, 1872-Roma, 1940), vissuto a Roma dalla fine del XIX secolo fino alla morte – è in mostra Opus Asiae. Progetti architettonici per città asiatiche di Jadric Architektur.

L’esposizione curata dall’architetto e docente Mladen Jadric e dalla dottoressa Federica Rizzo pone l’attenzione sui vari progetti architettonici realizzati per alcune città asiatiche, nello specifico Cina, Corea e Giappone.

La ricerca pone la propria base sui valori etici ed estetici dell’architettura tenendo conto delle complessità delle diverse esigenze sociali, economiche e culturali.

Asiad 2022 – Giardini d’acqua: Villaggio dell’arte. Mladen Jadric con Klaus Semsroth, Sun Tongyu e Xu Kai

Le sale del museo si animano con progetti in scala e rendering che catturano lo sguardo dello spettatore verso quelle architetture contemporanee che si armonizzano al tessuto urbano e ne sviluppano le potenzialità.
Abbiamo intervistato uno dei curatori, Mladen Jadric, fondatore e responsabile dello studio Jadric Architektur di Vienna.

Sulla base degli studi fatti, dei progetti realizzati e le relazioni con le realtà asiatiche, quali differenze trovate con le architetture occidentali? Quali sono i punti di forza e quelli che necessitano di essere sviluppati per un sostanziale sviluppo urbanistico e socio-culturale?

È chiaro che non esiste una formula generale per lo sviluppo urbanistico. Attualmente ne esistono almeno quattro diverse al mondo che tra loro spesso si contraddicono. Parlando però di tendenze principali, le cosiddette città occidentali ristagnano per quel che riguarda lo sviluppo della città (alcune stanno addirittura regredendo) e sono più orientate a rinnovarsi, soprattutto in termini ecologici.

Al contrario le città asiatiche si stanno sviluppando ad una velocità mai vista prima. Nel 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà in città, e il 68% di essi in Asia. Ma in questo processo di crescita ci sono due aspetti principali da considerare che non vanno assolutamente trascurati: l’identità culturale della città e il suo passato, il contesto con il proprio paesaggio.

Esiste un motivo forte se questi aspetti si sono formati in un posto specifico piuttosto che altrove. I risultati delle statistiche confermano che solo l’economia non è sufficiente a garantire un’alta qualità di vita, l’educazione oggigiorno gioca un ruolo più importante. Le città oggi sono già in forte competizione tra di loro, e questa tendenza crescerà notevolmente.

Hendrik Christian Andersen con la sua “Città Ideale” ha posto dei principi cardine. Quali di questi, a tutt’oggi, sono fonte di ispirazione per lo studio Jadric Architektur?

Andersen si è consciamente opposto all’idea di architettura, cultura e arte allora presente, proponendo un’idea di “città ideale” in linea con il nazionalismo e il populismo del tempo.

Quando parla in senso figurato di “coltivare il mio giardino”, intende un continuo bisogno di educazione e di sviluppo personale per sfidare sé stesso.

Uno dei suoi concetti come “città utopica” oggi significherebbe inappropriata e impraticabile, ma la nuova visione di città e il modo di adeguare la crescita esplosiva degli spazi urbani è più che mai importante in Asia. Inoltre, Andersen aveva previsto che le città, e non gli stati, avrebbero dominato gli anni a venire.

L’architettura è una delle poche formalizzazioni artistiche dove l’uomo, in quanto fruitore, apporta un valore aggiunto, necessario. Sulla base di questo quali frontiere devono – ancora- abbattere le strutture per avvicinarsi all’auto sostenibilità e ad un più stretto legame con il tessuto sociale e culturale?

Le città non sono solamente caratterizzate da architetti e urbanisti, ma sono un palinsesto (in senso filologico) tridimensionale di storia urbana.

Per questo l’idea di collective design è più che mai attuale.  Le città devono costruire una piattaforma permanente per lo scambio di opinioni, dove dare la possibilità ai cittadini, in modo chiaro e trasparente, di poter rispondere alla domanda: Come vogliamo vivere in questa città?

Al contempo le città devono avere potere su sé stesse per attuare decisioni comuni. La netta separazione delle funzioni che ha caratterizzato le città negli ultimi decenni, appartiene oramai al passato e lascerà spazio ad aree urbane, che sono gestite in maniera più flessibile dai cittadini stessi.

Stiamo attraversando la prossima evoluzione economica oggi, e il suo impatto sul futuro della città deve essere discusso con urgenza.

Info mostra

+ ARTICOLI

Valentina Muzi nasce e vive a Roma. Diplomata in lingue nel 2011 presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla Facoltà di Studi Storico-Artistici dell’Università di Roma La Sapienza, parallelamente ha frequentato un Executive Master in Management dei Beni Culturali presso la Business School del Sole24Ore di Roma. Dal 2016 svolge attività di traduzione di cataloghi, stesura di testi critici e curatela. Dal 2017 svolge l’attività di giornalista di taglio critico e finanziario per riviste di settore. Attualmente è membro del Board Strategico presso l’Associazione culturale Arteprima nonprofit, Social Media Manager ed è Responsabile organizzativa della piattaforma Arteprima Academy.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.