Il punto di rugiada di Marco Risi. Il cinema civile si confronta con i conflitti generazionali.

immagine per Il punto di rugiada di Marco Risi.

La nuova idea di convivenza civile si può definire come laicismo solidale, rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani e dell’ambiente, attraverso gli ideali di emancipazione e riscatto personale, favorevole verso ogni forma di diversità (anche il giovane scapestrato ed il vecchio smemorato sono diversi) e contro l’indifferenza ed i pregiudizi attuali. Fin qui, sono definizioni applicabili a tutto, ma oggi che si è ormai perduto (perché non più di moda) “il cinema socio-politico” impegnato e combattivo, si può dire che il film Il punto di rugiada di Marco Risi (con precedenti illustri come 365 giorni all’alba e Mery per sempre), anche se limitato ad un ambiente come una casa di riposo, appartenente più ad un mondo privato, sia un esempio perfetto di cinema civile socialmente rilevante.

Con una notazione illuminante, lo stesso regista, non più giovane ma nemmeno vecchio, ha collocato il suo film in questa categoria:

Sì, ho nostalgia di quei sentimenti di una volta, il mio è un film di nostalgia di quei vecchi che ho conosciuto come mio padre Dino Risi, Mario Monicelli, Pietro Germi, Federico Fellini, di cui ho messo il nome ai miei interpreti”.

Volendo continuare, con rispetto per il suo pensiero, questi registi avevano sempre presente, anche ironizzando e facendo ridere, un Cinema che doveva essere testimonianza ed esempio civile.

Il titolo stesso, Il punto di rugiada – che è il momento in cui incontrandosi il caldo ed il freddo, della terra e dell’aria, del dentro e del fuori di una qualsiasi struttura, creandosi un nuovo elemento, sia vapore, ghiaccio, acqua, neve – rientra nella definizione di incontro, di fusione e di compenetrazione. E questo può avvenire anche tra uomini differenti (anche contrapposti), tra generi diversi, età diverse, strati sociali differenti, od ancora tra residenti e stranieri, che riescono ad incontrarsi.

Ma c’è sempre un faticoso percorso da fare per giungere a comprendersi meglio, per capire le diverse modalità di vita e di pensiero che ci contraddistinguono, gli uni dagli altri.

Gli spostamenti progressivi di una qualsiasi impostazione mentale ad un’altra hanno bisogno di tempo e di presenza continua per arrivare ad una comprensione reciproca. La comprensione porta a forme di attrazione, di empatia, di sentimenti comuni. Ed è questo che Marco Risi, un regista sempre indipendente nelle sue scelte (Tre tocchi il suo ultimo precedente film) ha voluto evidenziare, in linea con i suoi film migliori e con i film memorabili dei grandi vecchi.

Tutto quello che accade nel film attuale di Marco Risi, ambientato a Villa Bianca, una casa di riposo per benestanti, con camere singole, giochi di società e feste musicali, in un contesto dinamico giovani-vecchi, vecchi-giovani, è il punto di rugiada in cui si aggrumano pian piano valori come rispetto, garbo, dignità, affettuosità, dolore, emozioni, che cambiano entrambe le età, fondendole in una sola, l’età unica di questa nostra fugace umanità.

A Villa Bianca sono in arrivo due giovani, condannati da un giudice a lavori socialmente utili, che dovranno passare un anno al servizio del Direttore della struttura (il quale non si fida per niente di loro) a fare i lavori più umili (pulire e servire anche le persone dei ricoverati).

Carlo (Alessandro Fella) giovane ricco, viziato e sregolato ha provocato ubriaco un grave incidente in cui una ragazza è rimasta sfigurata e Manuel (Roberto Gudese) un giovane spacciatore colto in fragrante, a Villa Bianca si mostrano da subito insofferenti, scostanti, disgustati, irresponsabili e fuori luogo.

D’altro canto i vecchi ricoverati, Dino (Massimo De Francovich), Pietro (Eros Pagni), Federico (Luigi Diberti), ed altri, sono avvezzi a sprezzature, ironie, sarcasmi verso le nuove generazioni e soprattutto a quelle di loro supporto (l’orgoglio dei vecchi autosufficienti).

Nella casa di riposo c’è anche una infermiera Luisa (Lucia Rossi) che sembra essere quel trait d’union che servirebbe per creare col tempo una sintonia tra due mondi all’origine molto lontani. Sarà lei, ragazza madre, che con la sua sensibilità ed il suo calore si offrirà alle fantasie giovanili di Carlo, ed ai ricordi offuscati dell’affetto da alzheimer, Federico.

Le condivisioni di vita quotidiana e le condivisioni di emozioni (siano letture di poesie, fotografie, musiche, giochi comuni, rapporti con parenti, od anche perdite inattese) cambieranno gradualmente i loro rapporti.

Il film stimola tutta una serie di considerazioni sulla vita dei giovani e sul loro contesto familiare e sociale ma anche sulle situazioni di vita familiare e sociale ancora non risolte dei vecchi.

In questo delicato momento di conflitto generazionale, i giovani, in una terra di mezzo senza più memoria storica e senza una visione del futuro, senza poter lenire il dolore di una vita fatta di nulla (si accenna alle loro serate da sballo), senza il conforto di qualche sogno o ideale, insofferenti di fronte alle esigenze dei vecchi, rischiano di considerare il periodo di vita oltre una certa età (“che emana odore cattivo”) solo inutile per la società. Mentre per i vecchi, in modo speculare, malgrado la facciata spavalda e cinica di superiorità, c’è la necessità di lenire il dolore della vita ormai passata con la paura di aver fallito tutto nelle loro relazioni (si vede dai freddi incontri con i loro figli) ed il grande problema del vedere o volere l’avvicinarsi della morte.

Marco Risi, che ha scritto anche un libro su suo padre, Forte respiro rapido. La mia vita con Dino Risi, ha ribadito che anche situazioni e perfino cose del film (ad esempio il bastone, la penna, i collage nella stanza del vecchio Dino/De Francovich) si riferiscono a suo padre, a quell’incontro tra mondi (padri e figli) che apparentemente sembrano così distanti ed invece sono molto vicini, perché in mezzo c’è solo quell’ostacolo da rimuovere della incapacità di comprensione.

Ma il film in quattro capitoli caratterizzati da quattro stagioni è anche un film brillante e divertente con momenti caratterizzati da brani musicali che accompagnano momenti liberatori. Come quando Riderà di Antonio Ciacci, in arte Little Tony, fa risvegliare dal suo torpore da demenza senile Federico/Diberti che canta e balla con l’infermiera Luisa/Rossi credendo di essere ancora con la sua amata moglie. E poi le feste con il complessino anni ’60 che suona Un bacio a mezzanotte, Stasera mi butto e Saint-Tropez, twist sui quali i vecchi ballando riescono ad identificarsi con la loro vivace giovinezza.

Nel film Il punto di rugiada, ad una sceneggiatura piena di raffinate sfumature (Riccardo De Torrebruna, Francesco Frangipane e Marco Risi) accompagna la grande bravura dei vecchi attori di teatro e non di meno dei più giovani esordienti, e quello che sembra dare un valore aggiunto è sicuramente anche la colonna sonora di Leandro Piccioni.

SPOILER – Il brano iniziale drammatico e pieno di tensioni caratterizza il tentativo di suicidio di Dino (che ha una sua idea di come e quando stare al mondo) e lo accompagna poi, nei suoi momenti di depressione, fino alla sua morte naturale.

Il tema centrale del film, tentato più volte al piano, con solo alcune note da uno degli ospiti, si realizza e diventa composizione (un Valzer) nel momento in cui il ‘punto di rugiada’ produce una nevicata e si trasforma visivamente in una liberatoria battaglia di palle di neve, realizzata con un movimento circolatorio e magico. Come se l’uscita dalle regole e dalla disciplina della struttura provocasse una enorme salutare risata.

Infine la fantasmatica musica finale accompagna la signora con la valigia’(Elena Cotta) che attraversa il cancello, come in un sogno, e svanisce nella nebbia. Con questa luce ci ha salutato l’amico Leandro.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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