Short Theatre 9 – L’immobilità di Babilonia Teatri

22275Babilonia Teatri nell’ambito di Fabulamundi con un testo di Rémi de Vos.

Trilogia della Separazione è, appunto, la trilogia di una separazione: per gradi, dove i problemi decorrono in ordine d’importanza e si fanno sempre più insormontabili fino a culminare nella staticità (strano a dirsi) del distacco.
La scena è dominata dall’immobilità.
I corpi non sono parlanti non fosse per il loro contrasto così visibilmente delineato, le azioni sono cadenzate e meccaniche, in stile tempi moderni e la nota defibrillatrice in un contesto da osservazione zoologica è il timbro metallico e mononota del voice over che si comporta al pari di un navigatore GPS nel raccontare a strappi questa vicenda matrimonialmente umana.

.Quadro numero uno: lui/lei. La storia parla di lei che lascia lui. Crisi numero uno.

.Quadro numero due: lui/lei. Immobili. La storia parla di un amore omosessuale e della moglie di lui che se lo sente confessare. Crisi numero due.

.Quadro numero tre: lui/lei. A tagliare dozzine di cipolle cospargendosi il volto di mani per lacrimare meglio. La storia parla di un figlio che ha sfilacciato il rapporto marito/moglie. Crisi numero tre.

L’espediente di separare il linguaggio da se stesso, come a sentirsi parlare da una distanza incolmabile tra l’intenzione, la volontà e l’atto compiuto, è una pratica a cui Babilonia Teatri ci ha abituati nel tempo.
Drammaturgicamente poi, l’unità di spazio tempo non solo è interessante, ma scrupolosamente funzionale. Il risultato è tragicamente comico poi, nello svolgersi e nello spiegarsi dei tre paradossi.

Sugli applausi pero’, non è ben chiaro cosa e chi premiare, vi è come un senso di spaesamento che immobilizza di un poco il giudizio. E’ quasi come se gli attori li si vedesse per la prima volta sugli inchini e fino al momento prima fossero rimasti per tutto il tempo dietro le quinte.

Che sia un bene, quest’assenza di giudizio o che sia un espediente di furbizia questa chiave della meccanica del paradosso senza fatica che oramai conosciamo a menadito?

 

 

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Maria Rita Di Bari è un acquario del 1986. Si laurea in lingue con una tesi sulla giustizia letteraria dedicata a Sophia de Mello Breyner Andresen e scrive di critica teatrale e cinematografica per testate quali Repubblica.it, “O”, “Point Blank” e “InsideArt”. Ha pubblicato con Flanerì un racconto dal titolo “La fuga di Polonio”.

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