Si aggirava la notte per le strade di Venezia vestita di nero, occhi truccati pesantemente, un animale selvatico al guinzaglio, un ghepardo o un serpente al collo. Sembrerebbe l’incipit di un romanzo fantasy invece si tratta di Luisa Casati, icona anzitempo.
“Lei è stata all’avanguardia nel considerarsi un’opera d’arte, per prima, cosa poi ripresa dopo gli anni ’50 dall’avanguardia artistica del tempo. Mai riconosciuta, però, da nessuno come tale, nonostante nel suo tempo, dalla sua generazione fosse considerata una leggenda.”
Casaluce/Geiger siede con me davanti ad un caffè, artista contemporanea italo-austriaca che ha fatto della ricerca sull’identità il centro intorno a cui ruota il proprio lavoro, una delle prime a costruirsi, tematizzare un alter-ego cyborg in synusi@, identità virtuale a cui sia permesso muoversi fluidamente tra le pieghe del sé, i paesaggi identitari.
“Mi riconoscevo in molti tratti in lei, una sorta di empatia, amava vestirsi di nero, si faceva fare profumi su misura, ed io adoro sin da piccola i profumi, mio padre mi ha trasmesso questa passione, cose che mi fanno sentire una vicinanza nei suoi confronti. Lo slittamento identitario nasce sin da bambini, soprattutto noi bambine, ci mettiamo davanti allo specchio e ci vestiamo, giocando, in modo intuitivo immaginandoci di essere altri, i grandi, per esempio, oppure animali come i gatti ma tutto questo con naturalezza immedesimandosi come forma ludica.”
Luisa Casati rimase orfana molto giovane ed insieme alla sorella Francesca si ritrovò ad essere la più giovane ricchissima ereditiera del suo tempo, era una donna silenziosa, timida, non amava parlare ma semplicemente apparire come da un sogno ma la cui presenza fosse, però, molto concreta, adorava strabiliare e lo fece per tutta la vita.
“Lo slittamento identitario per me è un percorso sperimentale, di identificazione, un po’ come gli attori, prendere le forme di una persona, avvicinarcisi, nel caso di Luisa Casati non ho avuto tante difficoltà trovandomi spesso sulla sua stessa lunghezza d’onda, che è un po’ come sapere già in che modo si comporterà, come abbia reagito, percepire il modo in cui si sia sentita. Non era nelle mie intenzioni fare un omaggio ma più una sperimentazione, mi son venute in mente le tecniche teatrali di identificazione, per evocare in me lei, qualcosa che ricordi anche le tecniche sciamaniche, cercare di riportarla in vita attraverso i miei occhi, i miei sensi, una performance rimanendo però nel concettuale dove, senza grande fatica, essendo molti lati del mio carattere in comune, ho cominciato per esempio a svegliarmi la notte per dipingere serpenti a lei molto cari.”
La Marchesa Casati investì tutta la propria esistenza nel voler mettere in scena il proprio ideale estetico di se stessa in tutte le forme sempre più complesse che le venissero in mente, il suo palcoscenico erano le feste, prevalentemente, ma non solo, anche le strade, semplicemente qualsiasi luogo dove fosse presente, questo esempio così moderno e contemporaneo di elaborazione dello spazio e del proprio apparire fa nascere la domanda, quanto fosse consapevole di tutto ciò?
“Devi sapere che occupandomi di identità alternative ed avendo nei confronti di donne così leggendarie una forma di soggezione potrei giocare con una sorte di impersonificazione o possessione sciamanica ed immedesimarmi in Luisa Casati, quindi invece che dirti quello che lei avrebbe potuto sentire potrei impersonarla e dire: che sarei potuta essere consapevole, per certi versi, ma in una forma di auto-seduzione, nel senso di essermi rapportata con il mio corpo in un modo un po’ particolare, mentre ritagliavo i miei collages e disegnavo, perché sai che amavo disegnare, mi rendevo conto, sentivo che mi mancasse qualcosa, cominciai a notare i miei occhi luminosi, cominciai a colorarmi i capelli di rosso ed ad adorare le mie occhiaie, la maggior parte delle donne le nascondeva, cercava di farlo, ma io cominciai a sottolinearle, a dipingermi il contorno occhi di nero. Addirittura poi durante gli anni vissuti a Londra quando i miei averi non erano più quelli di una volta, usavo il lucido da scarpe per farmi il contorno occhi. Quindi, per risponderti, più che avere una consapevolezza come la intendete oggi, io ho sempre avuto un rapporto con il mio corpo che fosse di seduzione di me stessa. Ero nella possibilità di fare con me stessa, su me stessa, quello che vedevo fare dai miei amici con le loro opere, con il dipingere o il disegnare. Devo comunque chiedermi cosa sia la consapevolezza, io ero un’anima libera, Il mio corpo mi ha dato la possibilità di fare cose che forse non avrei potuto fare con un pennello o una matita, sono andata oltre. Mi ha dato il mezzo per dialogare con me stessa, potevo scegliere le stoffe per farmi fare i vestiti, per avere dei profumi esclusivi creati appositamente per me.”
La Casati è soprattutto una essenza, di donna evocatrice di gesta grandiose come restaurare un palazzo abbandonato, la Ca’ Venier dei Leoni a Venezia rifinendone gli interni in maniera sublime ma lasciando l’esterno diroccato, oppure usciva per le vie di Capri in abito nero col volto coperto, con un boa intorno al collo come fosse un gioiello, tutte azioni volte ad essere come un abito da indossare, autoreferenziale, con il puro scopo di abbagliare, irretire, sconvolgere ed ammaliare. casaluce/geiger in questo suo slittamento identitario se ne appropria facendone a sua volta uso per raccontarla, raccontarsi, ecco quindi gli schizzi di serpenti, disegnati la notte in una sorte di trance intellettuale, sovrapporsi a stampe, pizzi e palazzi creando uno sdoppiamento di personalità solo apparente in quanto performance.
“Per Luisa Casati la consapevolezza è consistita nel poter usare il proprio corpo come oggetto dell’arte per esprimersi.”
Luisa Casati amava vestiti lunghi neri, che si faceva fare appositamente da Mariano Fortuny, e velette che ne coprivano il volto prendendo spunto dalle eroine del passato come Cristina di Belgioioso, ma si dimostrerà una donna del futuro con il suo trucco alla Ziggy Stardust o Blade Runner, tutti ispirati da lei ovviamente, con i suoi capelli corti avanti di un secolo rispetto alla storia o la sua messa in scena di se stessa da moderna performer, è in avanscoperta sul futuro, eroina del tema identitario e del teatro e cinema realista di un secolo più tardi.
“Quando Man Ray la ritrasse fece la famosa foto con lo sdoppiamento degli occhi e lei gli disse: “tu sei l’unico che sia riuscito a catturare la mia anima”, questo l’ho reso il mio motto per la mostra ed ho ripreso il motivo dello sdoppiamento, la tecnica. Lo sdoppiamento rappresenta lo slittamento di identità tra me e lei. Una scoperta per me è stata la sua parte spirituale, era molto attratta dall’occulto ma penso fosse per lo più per curiosità, son stata a Londra nella casa dove ha vissuto scoprendo che nell’ultimo periodo andasse spesso in chiesa e tenesse una Bibbia sempre vicino a se, quindi nonostante fosse molto aggrappata al corpo, legata alla passionalità, era sempre stata di costumi molto liberi anche durante il periodo del matrimonio e poi amante di grandi amori, tra tutti, D’Annunzio, era però di fine intelligenza e, secondo me, di una certa spiritualità.”
Ecco, il profumo della Casati è quell’aria rarefatta che circonda, raccoglie tutto quel mondo per certi versi inventato, ma anche costruito attraverso un sistematico uso di certi elementi, attributi, accessori che ha accompagnato in buona o cattiva sorte, per altro da lei vissuta con altrettante ecletticitá, la vita della marchesa e, non da ultimo, il suo profumo che ci sembra di poter ancora sentire per merito di casaluce/geiger. La ricerca di un profumiere che potesse creare una miscela che rivelasse la sensazione di quella donna, non a caso orientale, l’indiano Yogesh Kumar, l’essenza è stata creata mettendo vicino nuance che ricordassero i luoghi dove era passata, Capri, Venezia, il tempo in cui è vissuta così come i lati del suo carattere forte e volitivo.
Fonte d’ispirazione è stato il libro di Luca Scarlini “Memorie di un’opera d’arte. La Marchesa Casati” (2014, Skira).
La mostra IL PROFUMO DI LUISA CASATI | casaluce/geiger si è tenuta dal 4 maggio al 13 giugno 2017 alla Galleria Jünger, Vienna
Il profumo dell’installazione olfattiva è stato realizzato da casaluce/geiger assieme al profumiere creatore indiano citato Yogesh Kumar: www.dasparfum.com.
Dario Lombardi nasce a Roma, si diploma all’Istituto Superiore di Fotografia. Vive e lavora a Vienna come freelance. Ha affrontato diversi generi nella sua professione, dalla fotografia di scena, teatro e danza, passando per la moda ed arrivando al ritratto. Si confronta negli ultimi lavori con la tematica dell’essere umano ed il suo rapporto con il contesto in cui vive. Nel 2008 espone “Hinsichtlich”, reportage sulla donna che veste il velo come scelta religiosa e come confine tra la sfera privata e pubblica. Nel 2009 pubblica insieme con Gianluca Amadei una serie di interviste e ritratti sulla scena professionale ed artistica dei designers in Polonia, dal titolo “Discovering Women in Polish Design”. Attualmente si occupa della mostra-installazione “Timensions” per il Singapore Art Museum 2012, una ricerca sul rapporto tra l’uomo e lo spazio/tempo.
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