L’Europa è assente, totalmente, dal dibattito della e nell’arte contemporanea italiana nel tempo del Covid-19, eppure gran parte della salvezza economica del Paese è legata proprio al supporto comunitario con, persino, la costituzione di un Fondo europeo per la ripresa; Macron vuole addirittura un Rinascimento europeo, mentre i nuovi nemici americani, a Yale, cancellano lo studio del Rinascimento italiano.
L’arte italiana, prima ombelico del mondo, ora si guarda, prona, solo il proprio ombelico rinsecchito, in un addome pelle e ossa. Esito conclusivo di chi ormai non ha pane da un pezzo e denti a pezzi.
L’ho scritto nero su bianco il 10 aprile che l’unica possibilità di vita per l’arte e gli artisti italiani è nella decolonizzazione, nel mettere a profitto la situazione creata dal Covid-9 per fare il sorpasso, per cercare di tornare ad essere quella quarta potenza mondiale che eravamo nel 1991 e riprendersi la guida dell’Arte nel mondo.
Invece no.
Il MACRO, ridottosi a MACcheROni Museum, continua il suo percorso anglocoloniale come se niente fosse accaduto e come se il nostro Paese mai fosse stato tra i Fondatori dell’Unione europea e nell’area Euro. Giocando con gli angloacronimi degli occupanti (JOMO/FOMO), ridicolizzando quell’italianissimo e rivoluzionario Ufficio per l’Immaginazione Preventiva al quale sostiene d’ispirarsi il neo direttore Luca Lo Pinto.
E non va meglio con il “board” – sì l’hanno chiamato così! – del Forum dell’arte contemporanea italiana. Board senza Chief Executive Officer di tutta evidenza, che sta promuovendo, dopo due anni di assenza dalla scena, un lungo dibattito in rete organizzato in sei Tavoli che – posso dirlo? – sono talmente fuori dal contesto storico e geopolitico attuale da sembrare finalizzati più che altro a “sei poltrone”.
Allora ecco la perla d’avanguardia culturale di quasi quarant’anni fa, 37 per la precisione, la mia presentazione giusto il 27 maggio, del 1983 però, nella sede dei Comuni d’Europa, della Guida europea dell’artista figurativo, con la legislazione comparata dei Paesi comunitari. Vicino a me, nel presentare il libro (del quale trovate di seguito su questa rivista una mia recensione del tempo): Filiberto Menna, Paolo Balmas, Teodoro Cutolo, Gerardo Mombelli e Giuseppe Voltolini.

Il tutto sotto l’egida della fondazione di una cultura europea, altro articolo a firma di un mio pseudonimo “EURitmia” che qui potrete leggere e il cui titolo diverrà capitolo finale del mio primo saggio sull’arte contemporanea Arte e critica dalla crisi del Concettualismo alla fondazione della cultura europea che, concepito tra il 1983 e il 1985, fu poi pubblicato nel 1989, in pieno transavanguardismo, nella collana Ad immagini e parole diretta da Bruno Corà.
Quando la società artistica arrivò finalmente a comprendere il lavoro di Duchamp, lui disse che purtroppo si era trovato trent’anni avanti. Stateve accuorte che qui ne sono già passati trentasette.
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