Palazzo Lucarini – Galleria Cinica #10 The worst way in the worst place. Il modo peggiore sul terreno peggiore. Intervista all’artista (Come) Achille

Frasi che riecheggiano all’interno dell’intero spazio espositivo: Be My Peggy, Be My Piggy, Be My Peggy, Be My Piggy. Parole che, affisse sul muro della prima sala, bombardano colui che vi entrava osservandole senza comprendere ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi. A tale iniziale caos mentale subentrerà, solo a conclusione dell’esperienza, uno stato di approvazione o negazione sul generale progetto concepito. Si presentava così, al di fuori dei tradizionali canoni di una mostra, la personale di (Come) Achille intitolata The worst way in the worst place. Il modo peggiore sul terreno peggiore.

(Come) Achille, classe 1980, partecipa a varie mostre e iniziative sia in Italia che all’estero. Dal 2004 è membro dell’associazione culturale Attack con la quale collabora e partecipa alle due edizioni (2011-2012) dell’Attack Urban Art Festival a fianco di Ericailcane, Sten&Lex, Ever, Dem, Hitnes, Moneyless, 108, Lucamaleonte. Dal 2009 dedica la sua ricerca alla pittura murale urbana con particolare riferimento ai temi sociali e un costante impegno in attività comunitarie, considerando lo spazio urbano come superficie attraverso cui comunicare alla collettività. Nel 2010 partecipa al workshop/residenza “Manufatto in situ/campobase” organizzata dall’Associazione Culturale VIANDUSTRIAE con la presenza, tra i vari tutors, di Caretto&Spagna. Nel 2011 è ospite al Pinknik Fesztival di Esztergom (Ungheria), mentre nel 2012 partecipa all’iniziativa didattica OFFICINEDELLUMBRIA (Laboratori di sperimentazione creativa) organizzata da Palazzo Lucarini Contemporary. Negli ultimi anni si dedica alla tecnica della serigrafia concretizzando il suo lavoro in uno studio/laboratorio dove sperimenta l’utilizzo di materiali come la cartapesta e i tessuti naturali. Nel 2013 viene invitato, nel ruolo di tutor della sezione “arte”, a Rosarno (RC) per l’iniziativa “A di Città”, festival di rigenerazione urbana.

La mostra a cui facciamo riferimento, a cura di Carla Capodimonti e presentata dal 17 maggio al 7 settembre nei vani dedicati al progetto Galleria Cinica di Palazzo Lucarini – Trevi, è stata molto utile per comprendere meglio la ricerca di quest’artista. In tutta l’esposizione prevaleva il carattere relazionale che contraddistingue la sua produzione artistica, imperniata sull’attenzione nei confronti del pubblico e, in particolare, sulla sua partecipazione alla costruzione e alla definizione dell’opera cui fruisce. Tale procedimento comporta l’attuazione di un dialogo tra due partecipanti, artista e utente, il cui risultato – ovvero l’opera che ne scaturirà – sarà meno importante rispetto al processo da cui essa è stata generata:

«il senso [dell’opera] è il prodotto di un’interazione fra l’artista e l’osservatore, e non un fatto autoritario»
(Nicolas Bourriad, Estetica Relazionale, Postmedia Books, 2010, p.78).

Nel mondo contemporaneo, caratterizzato dalla comunicazione di massa e dalla progressiva omologazione della tipologia dei rapporti interpersonali ed economici, l’opera relazionale svolge la funzione di interstizio, uno spazio in cui si creano alternative di vita possibili. Esemplare è il progetto Be my Peggy/Piggy che, a seconda della scelta dell’ultima parola della locuzione, esplicita la differente posizione del fruitore nei confronti di quella data opera/installazione/luogo artistico/etc.. Se in Il critico come artista Oscar Wilde affermava che l’arte e la critica hanno un valore eversivo e sono in contrapposizione alla società, (Come) Achille dichiara che il pubblico, inteso come gruppo eterogeneo di individui che la compongono, può coscientemente prendere il ruolo di “critico” sostituendosi ad esso ed esprimendo giudizi in merito all’oggetto artistico che osserva.

Un ulteriore invito a manifestare opinioni soggettive sull’arte e, in particolare, sul sistema dell’arte è implicitamente contenuto nel video The worst way in the worst place. Il modo peggiore sul terreno peggiore – che dà il titolo alla mostra – visibile nella seconda stanza, in cui prosegue il colloquio precedentemente aperto.

Per approfondire abbiamo intervistato l’artista, (Come) Achille.
Il tuo lavoro, fortemente autoironico, è imperniato su un approccio autocritico nei confronti dell’arte. Scopo ultimo dei tuoi interventi è, infatti, far riflettere il pubblico – inteso come massa eterogenea di individui che compongono la società – su ciò che oggi è definito “oggetto artistico” e sul sistema dell’arte attualmente dominante e strettamente influenzato dal mercato. Per quale motivo hai deciso di operare artisticamente in tale direzione?

“Traslando il concetto di uso civico, personalmente richiamo il principio che ognuno debba poter soddisfare le più elementari necessità della vita e in questo recinto di necessità io riconosco l’arte come bisogno primario al fianco della facoltà di pascolo, di alpeggio, di far legna (ius incidendi e capulandi), di raccoglier fronde (frondaticum) o erba (herbaticum), di spigolare (spigaticum), perfino di seminare (ius serendi), di tutti quei bisogni riconosciuti alla collettività che nel Medioevo erano vitali per la popolazione. Non è possibile che in quanto artefice ed attivatore di ragionamenti – cogliendo la riflessione giusta di una persona amica – l’artista non abbia più un ruolo nella società dove speculatori umani e teorici del niente cercano di costruire una storia dell’arte prima ancora del tempo, riducendo la stessa opera d’arte ad un feticcio da mettere in mostra anziché mezzo per l’educazione del pensiero. L’Arte è intesa come diritto di godimento dei suoi frutti da parte della collettività.”

Pensi che l’utente (di massa) sia a conoscenza della situazione che vige oggi in tale sistema?

“Credo che l’utente di massa sia prima di tutto un essere umano, capace o non di discernere cosa è giusto e cosa non lo sia.
In quanto essere vivente ha diritto all’accesso a tali nozioni, di cui alla risposta precedente, ma non ha capacità innata di apprendere. Tutti frequentano le scuole dell’obbligo ma non con gli stessi risultati.
Stesso effetto quando si entra in tale sistema.”

Il video The worst way in the worst place. Il modo peggiore sul terreno peggiore – che dava il titolo alla mostra di Trevi – è una dichiarazione d’intenti, un manifesto in cui affermi di volerti esporre sul terreno peggiore ovvero l’attuale sistema dell’arte, andando coscientemente incontro alle sue problematiche e ai suoi vizi: il protagonista del cortometraggio (artista) attraversa e sfida l’antagonista terreno, inteso nel senso letterale e quotidiano del termine ovvero come suolo agricolo. Ne deriva un lavoro di arte condivisa su cui lo spettatore, immesso negli spazi della galleria intesa come contenitore e incubatore dell’opera in divenire, medita per porsi successivamente come critico, come giudice: sarà l’utente stesso a valutarla. Attraverso tale operazione l’utente è, quindi, investito di un nuovo ruolo. Secondo te egli è in grado di ricoprire attualmente tale incarico? E perché?

“Seguendo la linea dettata dalla risposta alla domanda precedente, questo incarico può essere ricoperto in linea di principio da chiunque si senta coinvolto; il problema sorge nel momento in cui dalla semplice presa di coscienza si passi poi alla rielaborazione. Qui avviene il distacco tra colui che intende e colui che agisce.”

Il progetto Be my Peggy/Piggy ha dato luogo a un vero e proprio feed-back tra mittente e destinatario, tra artista e pubblico. L’operazione è nata e si è sviluppata attraverso la condivisione e la comunicazione postale col fine di creare un circuito comunicativo dinamico tra persone residenti in molteplici nazioni del mondo per trasmettere la conoscenza, intesa come bene comune. Da ciò si è generata un opera sociale dove i singoli destinatari sono divenuti i mecenati del tuo pensiero e, al tempo stesso, sono investiti del ruolo di attivi giudici nei confronti dell’arte che li circonda. Puoi spiegarci in cosa consiste tale progetto?

“Esiste un’interazione tra me e il destinatario, ovunque esso sia. La posta, cartacea o digitale, è il mezzo di trasmissione del mio pensiero. L’arrivo del comunicato/intento pone il destinatario a stretto contatto col mittente, per cui egli è libero di rifiutare o accettare. Se rifiuta, e il suo feedback è negativo, si chiude il cerchio e si apre il confronto sulla conoscenza delle cause del rifiuto, mentre se accetta ha inizio la diffusione del messaggio dove il primo destinatario diventa a sua volta il mittente e il diffusore naturale dell’idea presso altre persone: una sorta di catena. E’ una specie di realizzazione del bene comune, dove i singoli – con le proprie capacità, azioni, comportamenti – concorrono, soddisfacendo le proprie richieste, alla realizzazione di ciò che può essere goduto dai più.”

Quando, secondo te, il progetto Be my Peggy/Piggy potrà dirsi concluso?

“Può dirsi concluso nel momento in cui c’è la presa di coscienza, anche da parte di una sola persona, di essere realmente capace di innescare, nella propria cerchia di conoscenze, un movimento di pensiero che può aiutare quel cambiamento che auspico al sistema, che ho iniziato ad attraversare saltandone i solchi lasciati sul terreno.”

Progetti futuri?

“In Agosto c’è stato Accenni di contemporaneo, svoltosi a San Michele in Teverina, dove ho partecipato con un progetto site specific dal nome Nobiltà, che ha dato il via a questa stagione ricca di impegni. Da non molto ho realizzato il drappo per il palio della Giostra della Quintana di Foligno, che mi ha fatto conoscere ai più nel luogo di nascita e di lavoro; si doveva proseguire con la rinnovata presenza a Rosarno in Calabria, sempre per A di città – Festival di rigenerazione urbana, che già l’anno passato mi ha visto partecipe come tutor della sezione arte (http://adicitta.wordpress.com/), ed ora sarò al fianco dell’associazione Viaindustriae. Poi c’è la mia collaborazione con Palazzo Collicola Arti Visive di Spoleto, dove continua la rassegna ONTHEWALL che ha già visto protagonisti Moneyless, 2501, Lucamaleonte, Luca Barcellona ed altri; a Novembre si svilupperà un percorso attraverso la regione Umbria, suddiviso in tappe nelle quali saranno presenti opere di diversi artisti in luoghi mai aperti al visitatore casuale, che mi vedrà protagonista all’interno dell’archivio storico del comune di Spello.”

Immagini della mostra

Dal Mondo

La mostra di (Come) Achille The worst way in the worst place. Il modo peggiore sul terreno peggiore a cura di Carla Capodimonti a cui si fa riferimento è stata in corso dal 17 maggio al 7 settembre 2014 a Palazzo Lucarini, Via Beato Placido Riccardi – 06039 – Trevi – PG (ingresso gratuito: giovedì-domenica 15:30-18:30);
info: tel. +39 0742.381021.
www.palazzolucarini.it | www.officinedellumbria.itinfo@palazzolucarini.it | info@officinedellumbria.it; Galleria Cinica: http://galleriacinica.wordpress.com/

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Buglioni Maila è storico dell’arte e curatore di mostre. Fin da piccola ha manifestato un innato interesse verso ogni forma d’arte: dalle arti visive alla danza, dal teatro all’architettura. Dopo il diploma presso l’Istituto d’Arte Sacra Roma II, ha proseguito gli studi all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, dove ha conseguito la laurea specialistica in Storia dell’arte contemporanea. Ha collaborato con l’associazione turistica Genti&Paesi in qualità di guida turistica nella città di Roma. Collabora attivamente con altre riviste specializzate del settore artistico. Nel 2013 ha collaborato alla realizzazione di Memorie Urbane - Street Art Festival a Gaeta e Terracina.

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