Expo 2015. Meta di un moderno pellegrinaggio laico.

La mobilità sul pianeta è certamente il dato antropologico più rilevante della contemporaneità.
Flussi umani, infatti, s’incrociano, sfiorandosi senza riconoscersi, ignorando d’esser le facce della stessa medaglia.
In questa luce s’inscrivono alcune note sul mega evento Expo di Milano 2015.

Fenomeno cruciale della civiltà di massa, concepito come luogo per accogliere un flusso considerevole di visitatori, mega evento che ha inteso veicolare milioni di persone e milioni di denari. È accaduto esattamente così, e taluni segni si sono mostrati evidenti.

Uno fra tutti: le code.
Il commissario unico Giuseppe Sala ha dichiarato: “L’Expo resterà famoso per le code”.
In verità i lunghi serpentoni di visitatori, in attesa di entrare nei padiglioni, rappresentano un’immagine emblematica dell’evento. Il tempo di attesa medio ha superato le due ore e il picco delle code si è avuto fra settembre e ottobre, segnando un milione e mezzo di visitatori in una settimana.

Perché queste file enormi?
Alessandro Simonicca, antropologo culturale dell’Università La Sapienza di Roma, non se ne meraviglia e ritiene che le file possano essere pensate come processioni laiche.
Siamo d’accordo, la mobilità legata a grandi eventi presenta similarità con fenomeni religiosi e in particolare con il pellegrinaggio. Non è un caso che alcuni guardino al turismo come alla religione della modernità.

Essere in fila o in processione, soddisfa il bisogno di socializzazioni, offre l’opportunità di partecipare a un turismo interstiziale (che trasforma il “lontano” in “ vicino”) ma soprattutto di “conoscere il mondo”, semmai all’interno di una bella idea, come, nutrire il pianeta, energia per la vita.
Alle porte di Milano, dunque, s’incontrerebbe il “mondo”.

L’enorme fila sarebbe allora dovuta alla motivazione di apprendere qualcosa di unico, di assoluto e di testimoniare, “Ci sono stato”, “Ho imparato qualcosa del mondo”. Su un cartello pubblicitario, infatti, si poteva leggere, “Ci sarà il mondo…e tu?”.

La fila consolida la volontà di varcare una soglia fondamentale, oltre la quale si potrà avvertire il sentimento di appartenenza.   L’88% dei visitatori ha affermato che l’esperienza Expo è stata assolutamente positiva, code comprese.
Queste, infatti, s’inseriscono di diritto in un moderno rito collettivo a carattere identitario e forse di salvazione.

I pellegrinaggi hanno inteso solitamente placare una divinità, un vulcano, un fiume, a volte mostrare rispetto e devozione. I luoghi sacri sono raggiunti per ottenere “la grazia”, per richiedere protezione o fortuna, per consultare un oracolo.
L’Expo di Milano può, dunque, intendersi come meta di un laico e moderno pellegrinaggio non solo perché rappresenterebbe (per molti!) un’esperienza unica, collettiva e imperdibile, ma perché assumerebbe il carattere di una vera e propria richiesta di senso.
Si affronta il cammino non solo per cercare una grazia, ma per avere testimonianza della sacralità dell’incontro e dell’evento.

C’è di più.
Il Santuario identifica non solo le religioni ma anche le società e i popoli, esprimendo la loro creatività e la loro civiltà.
Possiede un suo corredo di mistero, che riguarda non solo la Rivelazione e la storia religiosa, ma il mondo interiore, letto in chiave psico-antropologica, che spiega il senso dell’andare, del vedere, del toccare e la ragione del dichiarare: “Eccomi”.

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Scrittore e psicologo, ha pubblicato per Guida, “La trilogia dei capperi “ (2005) e Passodincanto (2008). Dirige la collana “Solare” dell’ A.S.M.V. è ideatore e direttore del Festival dell’Erranza.​

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