Una chiacchierata su Perth con l’artista Peter Dailey. Focus on Australia

Artisti, bariste, venditori ambulanti, factotum, camerieri, surfisti, passanti.
A Perth nessuno con cui ti fermi a parlare più di cinque minuti può evitare di dirlo: ”Perché sai… questa è una delle città più isolate del mondo!”
Lo è, diamine se non lo è, date uno sguardo a Google Maps se non mi credete!

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E infatti anche Peter Dailey, artista nato nello stato del Victoria ma residente a Perth da molti anni, non può trattenersi dal dirlo:

“L’avrai sentito, Perth è la città più isolata del mondo. Punti un dito ad est e c’è il deserto rosso, punti un dito ad ovest e c’è l’Africa, punti un dito a sud e c’è l’Antartico, punti un dito a nord e c’è l’Indonesia. Perth è lontana da tutto!”

Sarà per questo che nell’ultima sua mostra al Fremantle Art Centre, il centro espositivo nella zona portuale di Perth, Peter Dailey ha deciso di ricreare un mondo all’interno dell’individuo.
Dieci sculture in vetroresina modellate in forma umana contengono all’interno altrettante dimensioni interiori. Sono oggetti, pillole, castelli, costruzioni geometriche per individui costretti a vivere una dimensione interiore.
Peter nasce come scultore. Nel suo studio, situato nella campagna attorno a Perth, mi mostra le strutture in legno che sarebbero serviti da base alle sculture definitive in mostra.

“Ho concepito queste sculture come appartenenti a tre tipi di mondi diversi, quello naturale, quello meccanico e quello dell’anima. Il rapporto tra mondo esteriore ed interiore mi ha sempre affascinato. In ogni caso per me va bene che queste opere si prestino a tante letture differenti, a volte gli stessi critici con le loro interpretazioni mi fanno vedere il mio stesso lavoro in una luce diversa!”

La cosa interessante che ho scoperto gironzolando negli ampi capannoni dove Peter Dailey lavora (nella città più isolata del mondo gli artisti possono permettersi di allargarsi) è la sua continua sperimentazione con i materiali.

L’artista mi spiega che vivendo a Perth non ha mai sentito la pressione di un mondo dell’arte che giudicasse con troppa serietà i suoi lavori:

“Già l’Australia di per sè è piuttosto defilata come situazione, Perth poi, per quanto vivace e stretta sia la propria comunità artistica, non ha mai voluto fare la primadonna”

Allo stesso tempo Peter, soprattutto nella sua pratica di insegnante d’arte, si è reso conto di un altro tipo di responsabilità che riguarda la propria generazione:

“C’è un detto che dice: Niente cresce all’ombra di un albero alto. L’Australia non ha alberi alti. Abbiamo il bush invece, la vegetazione bassa e fitta fitta. Stessa cosa per l’arte. Non abbiamo Michelangeli e Leonardi che fanno ombra agli artisti contemporanei. Non abbiamo nessuno da riverire e al quale ispirarci, ma allo stesso tempo siamo proprio noi coloro che stanno costruendo la storia dell’arte in Australia. Questa è senz’altro una responsabilità. La fondazione dell’Australia, se non parliamo degli aborigeni ovviamente, risale a poco più di 100 anni fa, quindi tutto è ancora in fase di costruzione. E’ incredibile pensare che un intero continente sia rimasto chiuso a qualsiasi tipo di influsso e sconosciuto al resto del mondo per così tanto tempo!”

Mentre Peter mette a bollire l’acqua per il tè, mi spiega che fondamentale per lo sviluppo di un’arte locale è stato il fatto che gli australiani si riconoscessero finalmente in quanto tali:

“Tutte le grandi città in Australia sono vicine al mare. Tutta questa gente venuta qui dall’Europa sembrava dirsi: non si sa mai, questa terra è ostile, se qualcosa va storto saltiamo su una nave e torniamo a casa.”

Proprio a Perth e più in generale in Western Australia, regione storicamente ricca ma conservatrice, sono nati innumerevoli progetti a sostegno dell’arte.
Art Source è uno dei più importanti. Si tratta di un’organizzazione che mette in comunicazione gli artisti provenienti da diverse parti della WA tra di loro, con le istituzioni e con il resto dell’Australia.
Non mancano le associazioni filantropiche. The Syndacate ad esempio, un gruppo di gentiluomini interessati all’arte che ogni anno commissiona delle opere, esclusivamente figurative, ad un artista, con lo scopo di acquistarle a mostra terminata.
E’ proprio il caso della mostra Apparition di Peter, seconda avventura del Syndacate.
Precisa l’artista:

“Eppure, se devo muovere una critica, la rivolgo soprattutto alle istituzioni museali. Se hai avuto modo di visitare la Art Gallery of Western Australia ti sarai resa conto che di arte proveniente dalla WA ce n’è ben poca. Insomma, è ridicolo che una galleria nella città più isolata del mondo cerchi di competere con la Tate o il Moma. Che si concentri invece sulla rappresentazione di artisti nel proprio territorio di competenza!”

Le iniziative più interessanti e vivaci sembrerebbero provenire da Pica, il Perth Centre for Contemporary Art, un’istituzione vivace e dinamica, dagli spazi indipendenti gestiti da artisti come Paper Moon, Free Range e Gotham City, e da nuove e inedite soluzioni espositive nate da un’esigenza pratica. Le Pop Up Galleries per esempio.

“Le Pop Up Galleries sono un fenomeno che qui ha avuto grande successo. Perth è una città che si sviluppa in orizzontale ed è sempre in costruzione. In questo contesto spazi momentaneamente inutilizzati in stazioni o in centri commerciali si trovano ad ogni angolo. Spesso, in una nuovo centro commerciale appena inaugurato, comunica tristezza vedere negozi con la vetrina oscurata, ancora vacanti. Allora si decide di dare questo spazio per un certo periodo di tempo ad un artista, il quale può usarlo come proprio studio e spazio espositivo. In questo modo, per la contentezza delle altre attività limitrofe, non ci saranno spazi vuoti nel palazzo. L’artista dal canto suo avrà uno studio con tanto di vetrina e avventori e compratori casuali al di fuori della solita cricca dell’arte. Insomma, le Pop Up Galleries sembrano soddisfare tutti.”

E’ così: nella città più isolata del mondo si fa di necessità virtù.

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Naima Morelli è una critica e giornalista specializzata in arte contemporanea nel Sudest Asiatico e Medioriente, ed è un'autrice di graphic novel. Scrive regolarmente per Middle East Monitor, Middle East Eye, CoBo, ArtsHub, Art Monthly Australia e altri. Collabora con gallerie asiatiche come Richard Koh Fine Arts, Lawangwangi Creative Space, Tang Contemporary con testi critici e come liason tra Italia e Sudest Asiatico. E’ autrice di due libri-reportage intitolati “Arte Contemporanea in Indonesia, un’introduzione” e “The Singapore Series”. Sotto lo pseudonimo “Red Naima” ha pubblicato le graphic novel “Vince Chi Dimentica”, incentrato sulle tensioni artistiche di inizio ‘900, e “Fronn ‘e Limon”, realismo magico all’italiana.

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