Festival Intenazionale del Film di Roma: Lulu di Luis Ortega. Uno schianto nel vuoto.

LULU di Luis Ortega

La cruda bellezza di due giovinastri diretti verso un rovinoso percorso.
Uno strano legame furioso e devastante che persiste tra degrado e violenza nelle strade di Buenos Aires.

La coppia Lucas e Ludmilla (Lulu) vive la città come un enorme parco giochi in cui trascorrere le giornate ai margini della società. Senza regole, senza pensare alle responsabilità e  alle conseguenze delle loro azioni.

Rubando bambini, ballando nei supermercati, sparando al cielo, progettando una numerosa prole.
Una libertà che non basta mai divenendo ossessione; un bisogno compulsivo e distruttivo.

Lucas è incomprensibile, un cane randagio senza passato, un poetico ladro, una mina vagante che può colpire ovunque.  Va in giro perennemente  e indisturbatamente con la sua pistola; non si sa mai quando la userà.

Ludmilla è scappata di casa non essendo in grado di affrontare la malattia del padre. Gioca a fare la finta invalida su una sedia a rotelle. Il rischio paralisi in effetti c’è stato poiché ha conficcata nel corpo una di quelle tante pallottole che il suo strano compagno spara in aria ogni giorno per gioco o indirizza sui monumenti della città nell’indifferenza totale della gente e delle forze dell’ordine.

Eppure quell’atto fatale non sarà Lucas a compierlo.

Un’ implacabile discesa verso l’annichilimento in cui, alla fine, la carne dei Lulu sparisce in un cumulo di carcasse animali, come scarti di macelleria destinati ad essere triturati.
Fortissima la presenza della cinematografia sudamericana in questo Festival di Roma 2014 che compensa la sua quasi totale assenza a Venezia 71.

Presentato nella sezione Cinema d’Oggi, quel ramo del RomaFF9 dedicato alle opere filmiche più autoriali, Lulu è il nuovo atteso lungometraggio del giovanissimo e prolifico regista argentino Luis Ortega, anche poeta e cantautore, che già si era distinto in ambito festivaliero con Monobloc e Caja negra.

Scarno ed essenziale, senza una linearità narrativa Lulu è tutto compresso nei corpi dei due magnetici protagonisti.

In un inizio leggero e giocoso lentamente implode una sconfinata disperazione indirizzata verso un contesto sociale senza veri punti di riferimento per la generazione più giovane.
La completa assenza di un mantenimento dell’ordine pubblico, la mancanza di una sicurezza collettiva. Emblematica la scena del poliziotto a cui sembra naturale far giocare un bambino di pochi mesi con la sua pistola.
La città compare come un anonimo sfondo. Le inquadrature non si aprono mai al di là di Lucas e Ludmilla. La visione è sempre delimitata nel perimetro dell’azione attoriale.

C’è  la prima Nouvelle Vague, il nichilismo del nostro Ferreri e l’asperità del vivere dardenniano ma soprattutto Lulu sembra la versione scheletrita e anchilosata di Les Amants du Pont-Neuf, pur elevando un fascino immaturo tutto suo con quel continuo senso di non finito e di non detto disciolto in lievissimi sconfinamenti surreali.

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“L’arte è l’anima del mondo, evita che il mio inconscio s’ingravidi di deformi bestie nere.” Laureata in Scenografia e in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ha lavorato in ambito teatrale collaborando con esponenti della scena sperimentale romana come Giuliano Vasilicò e l’Accademia degli Artefatti e, come fotografa di scena, per teatri off. Negli ultimi anni, accanto alla critica d’arte affianca la critica cinematografica. Ha scritto per Sentieri Selvaggi, CineCritica e attualmente per Schermaglie oltre che per art a part of cult(ure). Nel 2012 ha curato la rassegna cinematografica “FINIMONDI: Cataclismi emotivi,cosmici ed estetici nel cinema” presso la libreria Altroquando di Roma.

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