Festival Internazionale del Film di Roma: Lucifer di Gust Van den Berghe. L’incanto dell’occhio magico sul maligno

Nella sua caduta dal Paradiso all’Inferno Lucifero, responsabile del peccato originale e della comparsa del libero arbitrio, fa tappa sulla Terra ritrovandosi in Messico nello sperduto paesino di Parìcutin che diventerà il fulcro del mondo in cui si tracceranno i confini tra il bene e il male.

L’angelo ribelle espulso dal cielo,come esige la sua natura, cercherà di seminare scompiglio nell’assonnata comunità rurale. Il villaggio è immerso in un’ingenua religiosità a cui viene ricondotto ogni aspetto dell’esistenza.
Compare una scala calata dalla volta celeste alimentando l’attesa di un nunzio divino nella piccola collettività contadina.
Lupita e sua nipote Maria saranno le ignare vittime di questa entità ancora incompiuta tra angelo caduto e sovrano degli inferi che si presenta nelle sembianze di un finto guaritore.
Il diavolo seduce e fa perdere la fede ma  tutto si ritorce contro di lui impedendogli di compiere i suoi misfatti.

Lucifer è la terza parte di un trittico composto da Little baby Jesus of Flandr e Blue Bird, entrambi mostrati al Festival di Cannes.

Un posto dimenticato da Dio scelto per mettere alla prova l’umanità come in La quinta stagione di Peter Brosens e Jessica Woodworth, un’altra opera filmica di pregevole fascino anche se con esiti molto diversi perché il demonio può insinuarsi ma alla fine è l’uomo il più spietato portatore del male nel mondo.

Una vera chicca da Festival quest’opera del belga Gust Van den Berghe che ha costruito un’aggraziata e sardonica parabola facendo riferimento ai vangeli apocrifi e alla cosmologia dantesca.

A creare quel clima di sfasamento contribuisce la scelta di aver usato autentici cittadini messicani come attori.
Un oggetto prezioso ed esteticamente unico perché girato quasi per intero in ‘tondoscopio’.

Un vero atto di rivolta e sfregio verso quel cinema che si sta inventando di tutto, tra rilancio del 3D e tecnologie super-avveniristiche, pur di abbattere lo schermo e rimbambire il pubblico promettendo l’illusione di emozioni sempre più forti trascinando tutti nel gioco filmico.
In Lucifer si nuota controcorrente. La visione si allontana e si comprime abolendo la terza dimensione.

Ma stiamo scrutando da un buco che ci mostra solo dei dettagli oppure stiamo osservando l’intera esistenza umana racchiusa in un globo?
Quel nero potrebbe essere il profondo spazio e lo spettatore un astronauta che contempla la Terra.
Il cerchio è l’emblema di ciò che non ha inizio né fine, trasfigurazione del cielo e del cosmo.

Un portale mistico. Come se si guardasse il mondo tramite un periscopio o lo si spiasse attraverso un occhio magico. L’occhio di Dio?

Cave cave deus videt (Attenzione, attenzione, Dio vede) scrive Hieronymus Bosch sotto la figura del Cristo posto al centro della pupilla dei Sette peccati capitali (1500-1525)
Il pittore fiammingo racchiuse molti dei suoi celebri fantasmagorici dipinti nella forma circolare come Il figliol prodigo o L’estrazione della pietra della follia.

Inoltre l’immobilismo dell’inquadratura, la meditata composizione scenica e l’accurata fotografia di Lucifer evoca ulteriori richiami al mondo dell’arte nordica tra cui Turner, Vermeer, Friedrich nonché menzioni alla numismatica e alle stampe giapponesi.

Dopo quasi 110 minuti, nel lungo frame conclusivo, l’occhio di Dio se ne va dal villaggio messicano e tutto improvvisamente appare squallido. Nessun angelo porrà piede su questa terra. L’incanto svanisce e rimane un gran senso di desolazione.

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“L’arte è l’anima del mondo, evita che il mio inconscio s’ingravidi di deformi bestie nere.” Laureata in Scenografia e in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ha lavorato in ambito teatrale collaborando con esponenti della scena sperimentale romana come Giuliano Vasilicò e l’Accademia degli Artefatti e, come fotografa di scena, per teatri off. Negli ultimi anni, accanto alla critica d’arte affianca la critica cinematografica. Ha scritto per Sentieri Selvaggi, CineCritica e attualmente per Schermaglie oltre che per art a part of cult(ure). Nel 2012 ha curato la rassegna cinematografica “FINIMONDI: Cataclismi emotivi,cosmici ed estetici nel cinema” presso la libreria Altroquando di Roma.

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