La vita mi ha fatto tanti doni, uno lo tengo nel mio cuore per sempre… la mia amicizia con Giacinto Cerone.
Con lui ho condiviso una grande fetta della mia vita a Roma. Insieme abbiamo sognato e realizzato le nostre opere ridendo come dei bambini pieni di entusiasmo per quel grande dono che gli artisti del passato hanno donato a tutti noi, per gli artisti nostri contemporanei… anche!
Eravamo curiosi estremi. Tutto era ottimo, nessun artista era escluso, tutto bisognava mettere nel nostro calderone, frullarlo, mangiarlo e digerirlo in piena coscienza. Niente era da inventare… tutto stava davanti a noi, là, per essere vissuto e preso a piene mani… era la nostra parola d’ordine, non inventare niente per stare umilmente il più vicino alla natura naturante, ascoltarla e assecondarla nella sua pienezza… era il nostro segreto svelato continuamente ad un mondo spesso di sordi presuntuosi…
Eravamo ubriachi di gioia, nonostante le enormi difficoltà che la vita ci poneva davanti. Ci vedevamo quasi tutti i giorni e spesso la domenica prendevamo il tè nel mio studio a Campo de’ Fiori insieme a sua moglie Elena. Loro tornavano dalla passeggiata alla stazione Termini, vestiti di tutto punto con occhiali da sole anni cinquanta e pieni di dignità nonostante la mancanza di soldi. Passeggiavano in un mondo tutto immaginario ma pieno d’amore. Altre volte mangiavamo una insalata con pane e olio perché altro non c’era. Molte volte Elena faceva la domenica la pasta in casa, con la sapienza e la semplicità che solo le persone antiche sanno fare. Elena mi leggeva le sue poesie, Giacinto mi recitava Montale a memoria e io estasiavo e abbracciavo tutto con meraviglia.
Elena e Giacinto erano un’unica realtà. Lei era Penelope che intesseva nel telaio della vita e del lavoro di Giacinto e lui era Ulisse che viaggiava veloce nell’ immaginario per tornare sempre da lei con amore e devozione verso la donna eccellente.
La nostra amicizia era di una complicità a tutto tondo…. niente era nascosto… avevamo dei soprannomi per tutti e anche per noi… Io ero Parigi quando mi trovava bene e Desk quando mi trovava piatto e depresso… lui era Cinto per mio figlio Miguel, Viet quando parlava di guerra al nemico e Genio sempre…
Sognavamo di andare insieme in Vietnam… rivivere i viaggi di Andrè Malraux in Siam, ritornare a quello che sentivamo la nostra terra promessa dove ci saremmo dissolti nei piaceri più sottili tra Templi, Mekong ed Erotismo estremo. Il viaggio era sempre rimandato per impegni di lavoro e responsabilità familiare, ma la verità era che sarebbe stato un viaggio senza ritorno, allora rimandavamo più in là…
Ci bastava un’occhiata per capirci al volo… un sorriso, spesso una risata, e ognuno a studio suo a lavorare sodo con orari rigorosamente da fabbrica…
Perché ti racconto tutto questo… Perché, in occasione della mostra che si fece a Roma in onore di Giacinto (con dipinti messi in vendita per sostenere la sua famiglia in quel delicato momento) presso la Galleria di Valentina Bonomo, fui intenzionalmente escluso dagli organizzatori.
All’inizio non sapevo neanche che si stava organizzando la mostra… fu incontrando Luigi Ontani per strada… fu lui a dirmi che dovevo partecipare perché quella sarebbe stata la volontà di Giacinto… Cercai di capire, ma inutilmente. Un muro di gomma degli organizzatori mi fermava… così con molto dispiacere mi trovai escluso… era un duro colpo vedere che artisti che neanche conoscevano Giacinto partecipavano come amici suoi, ed io e altri artisti amici suoi eravamo esclusi di sana pianta perché, secondo un bieco giudizio di chi si sente più in alto degli altri, non ci ritenevano all’altezza…. e poi dai nostri dipinti non avrebbero ricavato un granché… insomma una umiliazione di quelle toste… bella lezione da parte del mondo chic dell’arte!
Sono passati oramai tanti anni da quel giorno e le ferite si sono rimarginate, ma il ricordo è rimasto a far comprendere la meschinità di tanta ignoranza e opportunismi vergognosi.
L’amicizia con Elena è svanita come un sogno di mezza estate e così non ho più visto i suoi figli che ho amato tanto come i miei. Penso spesso a loro e a quello che Giacinto deponeva in loro vedendo e condividendo la loro crescita, nella continuità di un uomo pieno di amore per la vita.
Molti giovani che approdano oggi alla scultura non conoscono Giacinto Cerone, non sanno che la scultura di fine novecento in Italia ed Europa senza la conoscenza delle sue opere è zoppa e insufficiente.
Giacinto con il suo operato ha aperto un breccia fondamentale per inoltrarsi in modo impeccabile nella scultura del terzo millennio.
Il suo ricordo si è dissipato nelle “alte sfere dell’arte” dove un manipolo di sciacalli lo tiene imbalsamato aspettando tempi migliori per la venuta dell’angelo del profitto.
Cosi è stato per tanti artisti del passato, ma voglia la vita farmi vedere che nei libri di Storia e nelle scuole d’Arte si ricordi Giacinto come merita il suo genio e talento e, più importante, per il beneficio delle generazioni a venire.
Questa è la mostra che non ho visto. Non sono andato a vederla di proposito. Elusa come è stata la mia partecipazione, per non pestare un “impeccabile” che non ha ritenuto immensa l’amicizia tra Giacinto e me stesso.
Nato mezzo secolo fa a Roma e morto nel futuro, non attraversa di buongrado la strada senza motivo. Impiegato prima in un forno in cui faceva arte bianca poi del terziario avanzato, da mancino dedica alle arti maggiori la sola mano sinistra. Allestisce, installa, fa deperire, dimostra, si confonde, è uno scadente imbonitore, intelligentissimo ma con l’anima piuttosto ingenua. Ha fondato in acqua gli artisti§innocenti, gruppo di artisti e gente comune, che improvvisa inutilmente operette morali. Tra suoi progetti: la Partita Bianca (incontro di calcio uguale), una partita notturna tra due squadre vestite di bianco, a cura di ViaIndustriae, Stadio di Foligno 2010 e, in versione indoor, Reload, Roma 2011 e Carnibali (per farla finita con i tagliatori di carne), Galleria Gallerati, Roma 2012.
Ha contribuito alla performance collettiva TAXXI (Movimento di corpi e mezzi al riparo dalle piogge acide contemporanee) prodotto dal Dipartimento Educazione del Maxxi nel 2012. Sua la cura del Premio città etica (per l’anno duemilae...) e del Premio Retina per le arti visive.
SEI SEMPRE POETICO E PIENO DI CUORE,……PENSO CHE GIACINTO SAREBBE D’ACCORDO SU TUTTO QUELLO CHE HAI DETTO. AL DI Là DI TUTTO è UNA SPLANDIDA TRNCHE DE VIE QUELLA CHE PROPONI E COME TALE L’ASCOLTO
UN SALUTO
DANIELE
Molto toccante l’esposizione di un pezzo della tua vita, è vero sei molto fortunato ad aver incontrare sul tuo cammino Giacinto Cerone, ho avuto modo di ammirarlo al GNAM l’anno scorso e ne sono rimasto colpito per la sua straordinaria follia artistica, molto innovativa pur mantenendo la tradizione nella scelta dei materiali.
Peccato sia andato via cosi giovane. Chissà forse un giorno lo rincontreremo e faremo due chiacchiere.
Bravo Alberto e grazie per averci deliziato con questo tuo racconto.
ti auguro ogni bene.
Antonio
Grazie per questo testo molto bello, sono di una generazione prima ma le cose almeno dalla mia esperienza vanno sempre così, importante è averle vissute rimarranno sempre nel cuore…
A Roma non essere invitati alle mostre ufficiali lascia il tempo per confrontarsi più tranquillamente con l’eternità.
La storia della tua vita è un miracolo che tu hai saputo porgere agli altri. La mia stima e il mio affetto ti sono vicini. Con affetto Mafonso
Caro Alberto
le tue parole sono piene di verità e dunque di bellezza, proprio quella che è stata svilita in tutti gli anni della nostra giovinezza e maturità da chi ha fatto dell’arte uno status symbol, merce, privilegio, occasione perciò di potere, mezzo per poter creare e divaricare quella forbice sociale che in altri paesi realmente progressisti hanno saggiamente cercato al contrario di ridurre, e oggi godono infatti di una condizione migliore. Vedi la realtà per quello che è, anche quindi nel suo aspetto negativo, scoprirai che ci sono purtroppo tante persone retaggio di un passato feudale che si vestono alla moda, sembrano nostri contemporanei, ma in realtà appartengono al passato, un passato feudale, oscurantista, controriformato. I loro abiti se li metti a fuoco realmente sono pieni di trine, di colletti elisabettiani, e loro in realtà vanno in giro in calzamaglia, hanno mantelli, portano sul fianco un fioretto e al dito un anello con inciso lo stemma di un casato o di un blasone comprato ovviamente, come tutti i titoli e i sottotitoli. Cosa vuoi aspettarti da queste persone, che apprezzino veramente l’arte, la bellezza e l’amicizia? Sono solo ombre e sono secoli che tentiamo di cambiarle e di non lasciarci sopraffare, e di metterci al passo con il resto del mondo. Ma evidentemente non ci riusciamo. Facciamo noi una mostra in onore di Giacinto Cerone, fosse anche virtuale ! e con i nostri scritti, le tue parole e i tuoi ricordi. Non lasciamo spazio all’infelicità, così come è giusto e per i nostri figli, che sono belli quanto la vostra amicizia e la vostra arte. Un bacio Ada
Grazie Alberto per averci regalato uno spaccato di eternità.
Un abbraccio;
ferdinando fedele
Non faccio fatica a immaginare le vostre risate, e mi sembra di sentirlo quel tuo sguardo che tutto abbraccia con meraviglia. Peccato per chi non ha saputo. E a te, Alberto, grazie per essere quello che sei.
Con nostalgia,
Monica
Caro maestro,
ogni tanto mi hai parlato di Giacinto Cerone e ho percepito che tra di voi c’è stata un’amicizia profonda e sincera. Le tue parole sono molto evocative e poetiche…ci restituisci un’atmosfera che oggi nel mondo degli artisti sembra essere scomparsa.
Sono d’accordo con te: Cerone merita un posto di rilievo nella scultura contemporanea.
Monica Sarandrea
Io mi ricordo di voi, l’amicizia era densa, eravate simbiotici, di Giacinto mi rimane la sua voce, graffiava, mi impressionava come le sue sculture, una volta mi dicesti: “lui è l’ultimo Barocco”, guardai il suo lavoro finalmente come meritava. Era un Barocco Appenninico.
Sono passati dieci anni? Forse nove, mi sembra ieri alla Chiesa degli Artisti, c’era Eurisace che piangeva come un bimbo (che poi era un bimbo), c’erano tutti quelli che non piangevano, pronti a salire sul carro del vincitore.
E’ stato un bene non partecipare a quella mostra, dammi retta, non ti hanno fatto partecipare al suo oblio, non ne sei stato complice, lo spirito di Giacinto oggi è oscurato.
Tienti stretto quello che siete stai.
Un articolo bellissimo e commovente.
Il tempo, la storia,come sempre,squarceranno quel velo di meschine avidità e gelosi,che hanno evdentemente accompagnato gran parte della Sua vita artistica.
Grazie Alberto per avermi dato la possibilità di leggere questo toccante articolo. rimani sempre il mio grande punto di riferimento !
Angelo
Grazie Alberto per aver voluto condividere con noi questi meravigliosi ricordi di Vita e di Amicizia…
L’artista sa dipingere anche con le parole!
con delicate immagini e intenso raccoglimento ci ha fatto partecipi di una storia umanissima e bellissima di amicizia pura.Si tocca quasi con mano il rimpianto e l’affetto profondissimo che legava tre persone in un tratto importante delle loro vite
bellissimo scritto, Alberto
Caro Alberto
Quello che hai visuto è l’importante…è quello ti appartiene. A volte la vera vita ha poco a che vedere con la vita che si esibisce ….ce bisogno di “mostrare” quando la vita vera non ha visitato “la casa”…..
Ti abbraccio.
Grazie per condividere la tua storia.
Mi fa sentire profondamente triste il tuo dolore nato dalla insensibilità che tanto ci allontana dal essere umano superiore, ma l’artista sempre produrre arte e questo dolore ci ha permesso conoscere un altra faccetta del tuo spirito artistico.
Tutto caso tu hai “la parte del leone” da Giacinto Cerone e malgrado loro solo possono sfruttare delle briciole. Personalmente credo meglio essere nella tua posizione di loro.
Esther
Me toca profundamente…
…….. questo tuo articolo Alberto mi ha riportato con emozione indietro nel tempo quando ti ho incontrato sulla mia strada . Quando tentavo con tutta me stessa di scoprire una parte della mia vita. Io venivo già ai tuoi corsi di pittura, e mi sentivo fortemente attratta dal tuo metodo d’insegnamento ed ero interessata a sperimentare tutto, quando un giorno mi invitasti a partecipare alla presentazione del corso di Giacinto. Io non lo conoscevo ma capiì subito che era un “grande” una personalità unica ed eccezionale. Un umanità, sensibilità e un tornado in quanto energia e genialità. Me lo ricordo quando arrivava …….. noi eravamo lì intimoriti davanti alla materia, all’argilla, davanti ai nostri limiti, alle nostre paure di scoprirci e…………….. ad un tratto scendeva lui, di corsa, su quei gradini che portavano allo spazio che poi avresti trasformato in Porta Blu Gallery ……noi sotto lo vedevamo ed eravamo felici, l’aria cambiava, si mescolava ad emozioni primordiali a sudori ed umori, lui si guardava attorno, ci salutava . A qualcuna aveva dato un soprannome, io ero Rosy, perchè in quel periodo mi ero tinta i capelli di rosso e probabilmente per il personaggio che ero…….ho ancora i brividi sotto pelle quando parlo di lui e quando penso a quel periodo e ogni volta che ho modo di rincontrarlo sui miei passi. E’ stato un momento magico come altri che ho avuto la fortuna di vivere in quel periodo . E’ stato un dono il suo incontro.
Grazie Alberto per questo stupendo regalo di Natale che hai fatto a tutte le persone che come me lo hanno conosciuto ed amato. Grazie per aver condiviso tanta intimità.
Ti ringrazio per aver condiviso un pezzo della tua storia.
Questa bella testimonianza mi da modo di conoscere un po’ di più sia te che Giacinto Cerone. Non ho avuto il piacere di conoscerlo, ma ho potuto apprezzare il suo strordinario lavoro nella mostra alla Gnam lo scorso anno. Fantastico! Come fantastico è il ricordo al quale tu generosamente ci hai invitato a partecipare. E, da come scrivi, nessuno mai potrà scalfire.
Con sincera stima e gratitudine,
Alessandro Monti