Letterature Festival. Rinascere.

libroi prohibiti di Ileana Florescu - Ph. Giulietta Stirati
libroi prohibiti di Ileana Florescu – Ph. Giulietta Stirati

Come si rinasce dalla censura? Che sia subita da un sistema esterno (l’Index Librorum Prohibitorum, istituito da Papa Carafa nel 1559), o che sia autoimposta (e qui, una storia senza fine), come è possibile ipotizzare una rinascita, dentro la vita, di ciò che –consapevolmente o meno- dalla vita stessa è stato escluso?

Il verbo censeo contiene in sé come elemento fondante la valutazione, il giudizio, ed il potere di escludere ciò che non sia ritenuto adeguato ai principi stabiliti. I censori valutavano, discriminavano: prima il reddito, poi la dignità: in questo ambito semantico dal verbo nasce la parola “censura”, divenuta nei secoli una parola del potere. La censura inibisce, nega, relega nel prohibitum (prohibeo, da pro-habeo, metto davanti, a parte rispetto a me: quindi, allontano).

Nel suggestivo cortile della Casa delle Letterature, a Piazza dell’Orologio, per una delle giornate del Festival Letterature, si svolge un dramma, storico ed esistenziale, quello della rinascita. Libri che, come la fenice, rinascono non dalle ceneri, ma dall’acqua. Protagonista, la fotografa Ileana Florescu, autrice del  volume “Libri Prohibiti”, presentata da Isabella De Stefano, che ne ha curato, presso la Biblioteca Angelica, una particolare mostra.

La Biblioteca Angelica, fondata da Angelo Rocca, nel 1604 apre le proprie porte ad un eccezionale pubblico, per l’epoca: laici e donne; inoltre, su specifica richiesta del fondatore, ospita i libri proibiti: i libri che, a partire dal 1559  entrano nella lista nera di volumi e di autori che, contrassegnati da una freccia, resteranno chiusi al mondo (e ve ne saranno fino al 1948; l’Indice dei libri verrà cassato definitivamente nel 1966: ieri, praticamente). Con circa ventimila prime edizioni, esso è un mondo che esiste senza aver potuto esprimersi, colpito non tanto da un divieto, ma da una condanna senza appello. Una condanna ad una morte per asfissia, prima ancora di poter nascere, decretata su basi teologiche (scorrettezza teologica), o perché in odore di immoralità e quindi passibili di censura. Angelo Rocca ottenne un privilegio che, da segretario della Congrega dell’Indice, gli permise non solo di far entrare nella sua biblioteca tutti i libri proibiti, ma anche, in qualche modo, di gestirne il destino. Lui, quei libri, li ha in qualche modo preservati dall’annichilimento.

Ileana Florescu sceglie una ventina di libri e li riporta in vita immergendoli nell’acqua che, con tutta evidenza, è loro nemica. Il procedimento è laborioso e richiede competenze che non è qui il caso di riportare, ma esso è la manifestazione di un significato più profondo: quell’acqua è un alimento che riporta in vita, “sciogliendole” in una “soluzione”, quelle parole paralizzate ed essiccate: da Copernico, a Hume, a Stendhal, Fogazzaro, Dumas, Croce.

Chi ha paura dei libri proibiti?

Diego De Silva, Eduardo Sassi e la stessa Ileana Florescu ci hanno offerto un momento di vera conoscenza, direi.  Che la Controriforma abbia partorito un simile mostro, è storia, e vale la pena ricordare che fu lo stesso Papa Carafa a istituire, nel 1555, il Ghetto di Roma: una prigione a cielo aperto, per proibire il passaggio di idee, pensieri e persone. Ma quel che invece impressiona è l’altra faccia della censura, la sua gemella innominata eppure onnipresente ancora oggi: l’autocensura. Quella costrizione creativa che proibisce una possibilità di conoscenza, che tarpa le ali ad un pensiero non ancora lasciato volare. Spesso, quindi, noi stessi seppelliamo dentro di noi quegli istinti che ci guiderebbero, forse, verso una libertà più piena e capace. Ad un libro non si perdona (allora in forme istituzionalizzate, oggi in forme più subdole e striscianti) di recare disturbo al rassicurante ordine del mondo, di sfuggire alla mano di chi l’ha scritto e di andarsene per il mondo vivendo una vita propria. E uno dei luoghi dove questa forma di censura autoimposta (e drammaticamente non consapevole) si manifesta, è quello dell’educazione.

Amo molto questo pensiero di Kafka, in cui mi identifico profondamente, e che cerco di mettere in pratica nel mio lavoro: “Ma è bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma noi abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti dai boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro deve essere la scure per il mare gelato dentro di noi. Questo credo.” (Lettera a Oskar Pollak del 27.I.1904).

Eduardo Sassi aggiunge un ulteriore elemento a questo viaggio: la bellezza. Bellezza e conoscenza sono la vita che riposa nei libri, e rimetterli in movimento rendendoli mobili come l’acqua, facendone acqua, è un modo meraviglioso di riscattare la conoscenza dalla tomba in cui era stata compressa e schiacciata. L’acqua, poi, non ha forma, e simbolicamente è un vettore universale di trasmissione. Ileana Florescu è riuscita a trasformare l’oscurantismo in bellezza e pensiero.  I protagonisti di questo coinvolgente viaggio ci hanno poi offerto brevi citazioni tratte da libri proibiti scelti fra quelli rinati: Ileana Florescu ha scelto Copernico; Eduardo Sassi, Benedetto Croce; Diego De Silva ha scelto Hume.

Sono uscita dall’incontro e ho ringraziato la mia fame di libri.

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Giulietta Stirati, docente di materie letterarie e latino in un Liceo romano. Appassionata da sempre alla lettura, ha fatto di questa attività, declinata nelle sue funzioni più ampie e profonde, il senso del proprio mestiere. Insegnare è insegnare a leggere il mondo, sé stessi, gli altri. Attraverso la trasmissione del sapere si educa a leggere, a scegliere che vita si vuole.

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