Il Risveglio della Forza forse è il risveglio della saga

Star Wars - Il risveglio della forza. Dal trailer

Il Risveglio della Forza è o non è il risveglio della saga? In attesa di comprendere se e fino a che punto abbia un posto nella storia del cinema, questo settimo capitolo di J. J. Abrams è già entrato, che piaccia o meno, nell’immaginario collettivo di genere. Non di meno è lecito riavvolgere il nastro e compiere qualche passo indietro. George Lucas coi prequel ce la mise proprio tutta per offuscarne la “forza”. Quasi un tentativo di autosabotaggio, tanto ne ridicolizzò ogni ingrediente. E a colpi di interventi successivi in post produzione sul tris originale, s’avviava a varare il primo esperimento di film geneticamente modificato, arrivando a minarne quegli stessi elementi che resero dirompente e rivoluzionaria la sua saga. Abrams, nel suo rilancio sembra partire proprio da qui, ignora quasi per intero la trilogia su Anakin Skywalker – la cita unicamente menzionando i Sith – per riallacciarsi alla Trilogia. Che ci riesca o meno però, è tutto un altro discorso. Il regista dei franchise ha un certo numero di meriti: come il Lucas dei bei tempi pone in rampa di lancio un cast dal curriculum anonimo e non stelle di prima grandezza. Soluzione saggia che non rincorre la suggestione del kolossal ma che guarda invece nella direzione dell’immedesimazione, vediamo Rey, Poe e Fin e non Neeson, Mc.Gregor e Jackson in kimono. Il risultato è una assoluta aderenza alla trama senza distrazioni.

Rinuncia all’estetica della risata trash, banditi perciò esseri anfibi che spruzzano acqua esultanti e escrementi su cui ruzzolare. Il ritmo, specie nella prima parte è notevole, le trovate, pure e il robottino è l’unico che per simpatia se la possa giocare con C1 P8 -R2 D2 in svariati anni di tentativi di emulazione in ogni film di genere. L’evoluzione del digitale gli consentono un largo uso degli effetti senza che ciò tolga nulla al realismo. L’idea della Forza è limitata ad una tratto didascalico ma se non altro non v’è traccia dei risibili midichlorian. Il ritorno di Han Solo e Chewbacca è comunque da antologia ma proprio il reiterato effetto nostalgia è una delle note dolenti della sua opera. Quasi un remake di Guerre Stellari, quando non era ancora Una Nuova speranza – il marketing è dura lex – laddove il film, i contesti e i personaggi inseguono il mito. Il Risveglio deborda quanto a “chiamate per il pubblico”. I caccia Ala X sono fermi a quaranta anni fa, come un po’ tutta la tecnologia. Certo, Han Solo è sempre lui e la prima inquadratura sul Millenium Falcon fa sospirare tutta la sala, le stormtrooper hanno la medesima divisa di Guerre Stellari e non quella col muso da Munk de Il Ritorno dello Jedi, ma fino a che punto questo “ritorno all’antico” è narrativamente lecito? Dopo un po’ tutta l’operazione sa un po’ di ruffianata. Non migliora la ribadita tendenza al dramma da soap opera che da sempre è la matrice drammaturgica di Abrams. Dopo lo spionaggio a conduzione familiare di Alias e gli incastri di Mission: Impossible – Protocollo fantasma, la riscrittura dell’albero genealogico di Kirk, la relazione tra Uhura e Spock, assistiamo alla galassia formato famiglia. Ma Kylo Ren ha il respiratore ma non il carisma di Darth Vader e di certo non lo aiuta il fatto che la sua identità sia stata svelata dopo 15 minuti. L’iconica copia – brutta, è di per sè una scelta da fans. Il respiratore come marchio, privo però di una reale motivazione. Darth Vader lo utilizzava per respirare, a lui a che serve? Lo vediamo giovane, sinistramente piacente e nel pieno del suo vigore. Scelta a metà strada tra puro citazionismo fine a se stesso, estetica del ripescaggio, enfasi da tifoso e furberia del cineasta con un occhio al consenso.

Abrams guarda alle nuove generazioni senza trascurare la vecchia guardia. Metabolizza e rimescola, una centrifuga alla velocità della luce. Dolentemente però, la triade composta da Han Solo, Luke Skywalker e Leia Organa non è replicabile, neppure rimescolando le carte. La stessa invenzione del Primo Ordine lascia perplessi: quanto è credibile che nel volgere di poche decadi gli stessi ribelli vittoriosi sull’Impero siano nuovamente braccati dal sedicente stato totalitario? Meglio non era per es: una grandiosa minaccia esterna con tutti gli eroi, vecchi e nuovi pronti a fronteggiarla? È chiaramente una provocazione ma che di fondo esprime quella poca convinzione trasmessa dall’intera operazione Abrams. Che al di là di una consueta, fluida, ritmica, elegante regia, gli va riconosciuta, sembra orientarsi sistematicamente verso la soluzione più facile. E Lucas? Lucas, produce e resta lì a guardare. Fino e forse oltre, l’orizzonte degli eventi.

 

  • Sul tema e sul film molte sono state e tutt’ora sono  le iniziative locali e internazionali; ne segnaliamo una che ci coinvolge direttamente: http://www.artapartofculture.net/2015/12/21/la-biblioteca-guglielmo-marconi-punta-il-radar-su-guerre-stellari-a-roma-il-21-dicembre/.

 

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Pier Luigi Manieri, curatore di eventi, scrittore, saggista e cultore della materia cinematografica. Ha dato alle stampe l'antologia di racconti spy, horror, sci fi, urban fantasy e a tematica supereroistica "Roma Special effects -di vampiri mutanti supereroi e altre storie" (PS ed.) e la monografia "La Regia di Frontiera di John Carpenter "( Elara). D'imminente pubblicazione il saggio "Le Guerre Stellari - Ovvero, la space opera cine televisiva da Lucas ad oggi" contenuta nel volume "Effetti Collaterali – la fantascienza tra letteratura, cinema e TV" (Elara). Ha all'attivo centinaia di articoli su diverse testate di settore. Esperto d'immaginario e sottoculture di genere, ha curato il volume, "Il Tuo capitolo finale" dedicato a Sherlock Holmes. È autore e regista dei reading video musicali “Iconico & Fantastico” e "Il cinema del telfoni bianchi". Ha ideato e curato eventi come Urania: stregati dalla Luna, Il cinema italiano al tempo della Dolce Vita, Effetti Speciali, MassArt, Radar-esploratori dell’immaginario.

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