Gli ultimi Jedi. E pure, gli ultimi fuochi

immagine Poster Star Wars: Gli ultimi Jedi
Star Wars: Gli ultimi Jedi, il poster

Affinché la saga possa avere un futuro, deve inevitabilmente sbarazzarsi del suo ingombrante passato. In un certo senso, l’ottavo episodio di Guerre Stellari – Gli ultimi Jedi –  ruota intorno a questo enunciato. Che è tanto espresso, i personaggi lo ripetono come un mantra a ogni occasione, quanto evidente negli intenti della Disney che di fatto affida a un nome non di primo piano come Rian Johnson l’onere di continuare a fare piazza pulita – anche madre natura c’ha messo del suo, va detto -.

A forza di parlarne male si fa forte l’odore d’eresia, ma del resto, a meno che non si punti diretti come caccia – tanto per restare in tema – sull’agiografia, con buona pace per la critica e pure per l’onestà intellettuale, è veramente difficile, se non impossibile, trovare qualcosa di appena difendibile in questo ottavo episodio di Guerre Stellari.

Siamo in piena ritirata, i giochi sembrano fatti con la Resistenza sbaragliata dall’esercito del Nuovo Ordine,  e parallelamente, si riparte da Rey che trova Luke, anzi si riparte proprio da quel fotogramma che concludeva Il Risveglio delle Forza. Perciò altrove il tempo non ha cessato di scorrere ma sull’isola degli Jedi, sì.

Una scelta narrativa, quella della donna che risale l’altura sulla cui sommità l’attende un torvo e ormai anziano Luke Skywalker, in linea coi canoni del film a puntate, come accade già nella saga riavviata di James Bond e in quella di Fast & Furious, ma qui v’è appunto quel paradosso iniziale che  è solo il primo di una lunga serie.

A parte ciò, dal momento in cui Poe Dameron si lancia a colpi di laser e di battute no sense degne delle ultime sit com, contro una corazzata, è un tripudio di faciloneria.  Nella regia impersonale ma chiassosa di  Johnson, le  azioni, come gli stessi personaggi e i piccoli e grandi eventi, o supposti tali, si perdono senza lasciare traccia di sé.

Dal collage salta fuori pure Benicio Del Toro, che ha un nome buono per Serenity “DJ”e che fa Benicio Del Toro, perciò strabuzza gli occhi un paio di volte come da contratto, senza nulla togliere ma neppure aggiungere.

Discutibile soprattutto il fatto che non  sia rimasto proprio nulla dello spirito di Lucas, il quale venduta l’anima al diavolo (e alla Disney) è sempre più estraneo alla sua creatura.

L’idea dell’ordine degli Jedi, costruita sui dettami di Joseph Campbell naufraga contro la standardizzazione dei dettami Disney che puntano a briglie sciolte sul più sfrenato sarcasmo anche laddove sarebbe non richiesto. Anzi, soprattutto lì. Tanto più un dialogo s’avvicina pericolosamente al serio, quanto più sarà disinnescato dall’immancabile battutina.

Attenzione, nessuno pretende Per chi suona la campana, e anzi, la dirompente, incisiva ironia di Han Solo lo ha reso il personaggio più amato dell’intera saga, ma le sue battute erano stilettate di scintillante, raffinata scrittura, qui si rasenta il demenziale senza neppure lo sforzo di dissimularlo. E non risparmia proprio nessuno.

Né la saga, con le sue fortune, né i suoi protagonisti, né tanto meno il pubblico. Che pensa di assistere a un’avventura galattica e invece  incappa in Dallas con battutine alla Friends. Ma senza i colpi di genio dell’uno e dell’altra. Eh già, perché nell’universo a conduzione famigliare ripensato da Abrams, l’ingranaggio gioca su un rimescolamento  al ribasso che ha il suo paradigma in Kylo Ren, cattivo privo di spessore,  inespressivo tanto con l’elmo quanto senza.

Dal tracollo generale non si salva fatalmente, nessuno, per primi, i cavalieri.

E qui la realtà si sovrappone alla finzione, così come nell’America del”We can” e poi per emulazione nel resto del mondo, si può diventare cuochi, cantanti, ballerini, scrittori, e soprattutto, famosi con irrisoria facilità, è possibile diventare Jedi praticamente in qualsiasi modo.

Non occorre sforzarsi e men che meno, sacrificarsi. Il minimo richiesto e saper maneggiare un bastone e quando pensi di averle viste tutte, spunta fuori pure una scopa.

In linea con la nuova tendenza  e canoni Disney, non ci si nega neppure una robusta dose di relativismo etico, perciò liquidati con due parole, due, dal venerabile Joda,  tanti saluti ai libri sacri che custodiscono da millenni i segreti della Forza,tanto” è tutto dentro di te”,  espone a un attonito Luke Skywalker, con la medesima  enfasi dello spot di una banca o con lo stesso trasporto da motivatore di un multilevel marketing. Ma solo dopo aver  sarcasticamente puntualizzato “ma li hai mai letti?”.

E così, non si può  non tornare agli eroi Luke Skywalker e Leia Organa, i quali  sembrano quasi fuori posto, relegati a far da controcampo a personaggi bidimensionali – i vari Poe, Finn, Rey –  e  ingolfati in dialoghi da didascalia dal restogusto iconoclasta  “Che la forza sia con… massì dillo tu, io l’ho detto tante di quelle volte…”.

Si pensa, ma si concede che possa essere un pensiero da vecchi nostalgici, che simili personaggi meritassero qualcosa di più e di meglio, specie a posteriori, ma tant’è, Leia fluttua inerte nel vuoto siderale. Poi si ridesta. E sfreccia tra i detriti alla deriva.

Guardi la principessa avvolta nella luce e pensi a Matrix. Una volta, guardavi gli altri, qualsiasi titolo da Starcrash a John Carter (il film. Il romanzo è una delle fonti di Lucas), può andar bene, e pensavi a Guerre Stellari.

+ ARTICOLI

Pier Luigi Manieri, curatore di eventi, scrittore, saggista e cultore della materia cinematografica. Ha dato alle stampe l'antologia di racconti spy, horror, sci fi, urban fantasy e a tematica supereroistica "Roma Special effects -di vampiri mutanti supereroi e altre storie" (PS ed.) e la monografia "La Regia di Frontiera di John Carpenter "( Elara). D'imminente pubblicazione il saggio "Le Guerre Stellari - Ovvero, la space opera cine televisiva da Lucas ad oggi" contenuta nel volume "Effetti Collaterali – la fantascienza tra letteratura, cinema e TV" (Elara). Ha all'attivo centinaia di articoli su diverse testate di settore. Esperto d'immaginario e sottoculture di genere, ha curato il volume, "Il Tuo capitolo finale" dedicato a Sherlock Holmes. È autore e regista dei reading video musicali “Iconico & Fantastico” e "Il cinema del telfoni bianchi". Ha ideato e curato eventi come Urania: stregati dalla Luna, Il cinema italiano al tempo della Dolce Vita, Effetti Speciali, MassArt, Radar-esploratori dell’immaginario.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.