Più Libri Più Liberi #14. Culo nero. È più facile essere che diventare

immagine per Igoni Barret
Igoni Barret

A  Più Libri Più Liberi si allunga la fila fuori dalla sala Sirio che si riempie presto di ascoltatori curiosi. Dalla prima fila vedo perfettamente l’autore di Culo nero Igoni Barret, camicia slim-fit stampata con i temi e i colori accesi della sua Africa, e una punta di barba bianca a ricordarci che nessuno è mai uguale a se stesso, ogni giorno che ci svegliamo siamo una persona diversa, pur nella nostra unicità.

Oggi Furo ha un importante colloquio di lavoro a Lagos, Nigeria, la sua città. Inanella l’ennesima sveglia da quando è nato, trentatré anni prima.

È sempre innegabilmente Furo, ma stamane si direbbe teletrasportato qui dalla verde Irlanda: pelle bianca, capelli rossi e occhi verdi. Panico. Come si presenterà al cospetto di chi lo deve selezionare?

Igoni ci racconta una storia tragicomica, dove reale e surreale si rincorrono e intersecano portandoci per mano a chiederci: chi siamo, come vediamo gli altri e come ci percepiamo visti dagli altri?

Culo nero è un libro sul “diventare”, una storia di trasformazione che costringe il lettore (e anche lo scrittore, come ci racconta) a cambiare per empatizzare con la diversità.

Igoni lo fa attraverso una forte corporalità. Lungo tutto il romanzo è il corpo, infinita musa e fonte di ispirazione, che diventa espediente per raccontare un’epoca di trasformazioni e paradossi, in cui tecnologia e sogno convivono nella specie umana come bisogno intrinseco di progredire e conservarsi.

Tecnologia, istituzioni e immaginazione sono i tre mezzi per la risoluzione dei problemi, dove l’uno manca, l’altro compensa. Così, dove ci sono grandi contraddizioni, la scrittura prospera come ricerca di soluzioni.

Anche in Italia, dove le condizioni socioeconomiche sono tutto sommato accettabili, possono nascere ancora scrittori ispirati e originali, grazie a fenomeni di rottura come quello migratorio, che propongono quesiti e necessitano di risposte concrete e visionarie.

Il racconto di Barret non ha nulla a che fare col razzismo, se non come riflessione di contorno. Sono pagine che parlano di cambiamento e di identità: imparare ad avere a che fare con noi stessi non può che insegnarci a maneggiare meglio la vita.

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Primo vagito: giugno 1972, nella mia amata Roma dove vivo e vivrò. Sono ricercatrice in una nota fabbrica di numeri e informazione, lavoro che amo e che mi dà da vivere. A latere, il secondo lavoro che mi ripaga in divertimento e salute è la scrittura. Ho pubblicato diversi racconti e poesie e i romanzi “Storie dentro storie” (2012, L’Erudita di Giulio Perrone Ed. e 2014, in edizione digitale) e “Preferisco il rumore del mare” (con Andrea Masotti, 2014, Narcissus Ed.). Il tempo libero lo dedico a mille curiosità e ai miei bimbi.

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