Fabrizio Plessi a Mantova: Gli elementi del mondo. Breve intervista all’artista

L’acqua, elemento atavico che evoca l’origine. Plasmare l’acqua, arginarla dal suo stato anarchico, è caratteristica principale della poetica di Fabrizio Plessi. E’ accaduto qualcosa nella Camera dei Giganti di Palazzo Te. Fu un tempo Giulio Romano a raccontare la sua contemporaneità negli affreschi vibranti al fuoco dello scomparso camino, esaltati da rumori arcani e misteriosi. Oggi, l’ira di Giove si è riaccesa, come un vulcano spento ritorna all’improvviso a tremare. I giganti, nella disperata e goffa fuga, abbattono costruzioni e colonnati precipitando al centro della sala. Qui le acque immote dell’affresco del soffitto, riprendono a fluire nell’opera di Fabrizio Plessi. Tavoli ammassati sopra cumuli di macerie restano immobili. Un gorgo di artificio, espulso dalla circolarità del tempo, per innescare nuovi movimenti e nuove dinamiche universali.

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L’artista ci dice:

“Il tavolo è per me simbolo di comunicazione” .

Li vediamo, questi tavoli del dialogo, del confronto, buttati gambe all’aria. Sembra che solo l’arte possa comunicare il malessere della società nei confronti di questa drammatica caduta di comunicazione. L’apocalisse si è compiuta. La nostra cultura, partita dall’antica Grecia, pare schiantata al suolo.

E’ Plessi a chiarirci i suoi intenti:

“Non avevo nessuna intenzione di salire sul ring e fare la box con Giulio Romano. Dovevamo vincere entrambi. I materiali e gli elementi al centro della sala, sono come caduti dagli affreschi del soffitto e sono diventati materia. Una materia viva, che riflette la filosofia delle pareti, diventando una simbiosi. Dove finisce una cosa comincia un’altra. Dove finisce Giulio Romano, comincia Plessi. Tutto diventa un teatro nella Camera dei Giganti, realizzata in un momento storico nel quale finivano le grandi certezze del Rinascimento e cominciava il Manierismo, che trovo molto simile al nostro periodo storico.

In fondo, dietro queste cadute di sassi, cadute di acque, cadute di elementi del mondo, vi è anche la caduta del nostro tempo, la caduta degli ideali, dei valori, la caduta delle sicurezze. Tutti abbiamo perso una certa sicurezza… è però, meraviglioso vivere in un momento come questo, e muoversi in questa insicurezza. La nostra è un epoca barocca. Non è forse barocco fare zapping col telecomando? E’ il senso di avere tutto il mondo mescolato in questo grande magma, che è in fondo l’universo”

Plessi e Giulio Romano, diventano interscambiabili e indivisibili. L’arte è il luogo di transito nel quale nessun tempo e più riconoscibile, poiché le interpretazioni che ci offre diventano universali, fuori dallo spazio concreto e immerse nell’energia immateriale che ogni opera d’arte sprigiona.

“…come sono lontane le rovine di ieri e come sono vicine le macerie di oggi”.

Speriamo ora nell’acqua, capace di assumere continuamente nuove forme e di arginare gli ostacoli e scorrere via inarrestabile; speriamo sia ancora una volta, capace di infiltrare le porosità della roccia e lentamente trasformarla di nuovo in qualcosa di vivo.

Info mostra

  • FABRIZIO PLESSI /MANTUA
  • A cura di Marco Tonelli
  • Installazione nella Camera dei Giganti di Palazzo Te, Mantova
  • 15 giugno – 15 settembre 2013
  • Orari: lunedì 13.00-18.00, martedì – domenica 9.00-18.00; la biglietteria chiude alle 17.30
  • Questo di Plessi è il primo intervento del ciclo Le case degli dèi che vedrà, successivamente, alternarsi artisti quali Bill Viola, Candida Höfer, Giuseppe Penone, Ai Weiwei, che occuperanno con i loro lavori varie sale e spazi di Palazzo Te
  • L’iniziativa è stata ideata e promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e alla Promozione Turistica del Comune di Mantova in collaborazione con il Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te, con il contributo della Fondazione Cariplo e della Regione Lombardia insieme ai comuni delle Terre di Mezzo, all’interno del progetto “Miti e delizie delle Terre di Mezzo” per la valorizzazione e la comunicazione dei luoghi più emblematici del territorio mantovano.

 

 

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Tobia Donà (Adria 1971), è architetto, si è laureato a Venezia, sua città d’adozione.
Fin da giovanissimo si occupa di architettura, arte e fotografia, passioni per che gli ha trasmesso il padre scenografo. Tutta la sua formazione verte sulla fusione di questo trinomio, attraverso il quale egli approccia ai suoi progetti. Attualmente è docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e Scenica, scuola di scenografia del melodramma di Cesena, dove insegna “teoria e pratica del disegno prospettico”. Pubblica i suoi scritti sui temi dell’arte e dell’architettura su diverse riviste, locali e nazionali, e saltuariamente sui quotidiani, oltre che diffonderli nel web. In questi anni, tra università, impegni professionali e stage di approfondimento ha avuto modo di collaborare e studiare con importanti personalità della cultura quali: Italo Zannier, Lucien Clergue, Franco Fontana, Enzo Siviero, Peter Shire, Aldo Rossi e Gino Valle. Ultimamente sta portando avanti progetti culturali che mettono in relazione, arte, industria e territorio.

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