Plessi Museum: dare senso al reale

progetto Plessi Museum

Dare senso al reale. Trovare le risposte a un bisogno primitivo che contraddistingue l’intera storia dell’umanità. E’ questo l’inconsapevole ruolo dell’artista. A lui, come a uno sciamano, noi chiediamo di dilatare i margini del tempo e, nello spazio liturgico dell’opera, permetterci di intravvedere ciò che accadrà nel futuro. Fabrizio Plessi, utilizzando i mezzi che sono per eccellenza la contemporaneità, compie questo miracolo. Con uno sforzo inimmaginabile, con una fatica immensa, rende palesi i mutamenti del modo che egli con grande anticipo già ha intuito. E’ quello che fece Michelangelo nel ‘500, sono le intuizioni che Picasso ebbe davanti a una maschera africana agli inizi del novecento, sono emozioni tanto forti che a Vincent van Gogh costarono la vita. E’ l’atto creativo, la dimensione atemporale di una continua rinascita che nel confronto inevitabile e perpetuo con la morte, costringe l’artista a scandagliare la propria zona d’ombra e spingere il proprio limite sempre più avanti sino al punto che il suo io si trasforma e prende le sembianze di un noi, magico e collettivo. L’immortalità non è cosa facile, proprio perché incompatibile con la natura della vita. Il successo di critica, di pubblico e di mercato è per l’artista la conferma della sua capacità di interpretare il mondo, e l’unico mezzo che gli permette di rimanere ancorato alla realtà, in grado di solcare mari burrascosi ascoltando il canto delle sirene senza esserne sopraffatto e, come Ulisse, evitare di naufragare negli abissi profondi. La polvere d’oro del riconoscimento che protegge gli artisti di ogni tempo, colloca Fabrizio Plessi tra i grandi della storia.

Pochi gli italiani che hanno avuto mostre personali nei musei e nelle istituzioni più qualificate del mondo come il Centre Pompidou di Parigi (1982), il Guggenheim di New York (1998), il Museum of Contemporary Art di San Diego (1998), il Guggenheim di Bilbao (2001). E ancora, Fabrizio Plessi, ha partecipato per ben 14 edizioni, alla Biennale di Venezia, dal 1970 al 2011 ma anche a Documenta VIII di Kassel (1987), e l’elenco potrebbe riempire molte e molte pagine, con premi e installazioni capaci trascendere il luogo ed il tempo, dal Cairo alla Corea, da Potzsdammer Platz alla Valle dei Templi di Agrigento. Oggi il suo paese, l’Italia, che troppo spesso ha dimenticato i propri talenti, ha permesso a questo grande maestro di far coincidere il sogno e la realtà: dove un tempo vi era la dogana che separava l’Italia dall’Austria è sorto ora il Plessi Museum. Un luogo simbolico, di soglia e di confine che, grazie all’arte di Fabrizio Plessi diventa luogo di unione, di continuità, ponte tra la nostra cultura mediterranea e quell’affascinante insieme eterogeneo di storie e tradizioni, che nelle estremità dei suoi contorni incerti tenta come noi la definizione, la messa a fuoco, di un’identità e un ruolo più preponderante nel mondo.

Walter Pardatscher, presidente dell’Autostrada del Brennero spa, che ha voluto fortemente questo museo ci dice:

“Il Passo del Brennero ha sempre rappresentato, dentro la storia dell’Europa, un luogo dal forte valore simbolico ed identitario. Per questo motivo, la riqualificazione dell’area dell’ex-dogana doveva necessariamente essere anche l’occasione per dare nuovo valore a questi spazi. La collocazione di un museo con le opere di Fabrizio Plessi ne è stata la reale concretizzazione”.

All’acqua, che sin dagli anni sessanta Plessi declina in molteplici sentimenti, è demandato il ruolo di unire, bagnando idealmente come un mare o un fiume, popoli e nazioni tanto diverse, in un battesimo dal quale ci auguriamo finalmente sorga un’Europa unita non da una sterile economia ma da una fertile condivisione di ideali e cultura. Il Plessi Museum, ha una superfice di ben 13.000 mq, e al suo interno, anche la grande installazione che l’artista aveva realizzato nel 2000, in occasione dell’Expo di Hannover. Il percorso espositivo, curato dallo stesso Plessi, raccoglie numerose installazioni e video, ma è anche allestito con un arredo che l’artista ha progettato interamente al fine di ottenere un’ambiente armonico con tavoli, sedute, scafali e banconi da lavoro, che si propone di diventare la sede privilegiata per incontri culturali e istituzionali che riguarderanno le relazioni tra il mondo italiano e il mondo germanico. La fruizione dell’opera di Fabrizio Plessi diventa una nuova esperienza per i viaggiatori che troveranno anche in una breve sosta in autostrada, un momento alto di cultura e creatività italiana. Il bene più grande che possediamo.

Altre info:
http://www.autobrennero.it/areatecnica/it/utility/news/?IDE=25

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Tobia Donà (Adria 1971), è architetto, si è laureato a Venezia, sua città d’adozione.
Fin da giovanissimo si occupa di architettura, arte e fotografia, passioni per che gli ha trasmesso il padre scenografo. Tutta la sua formazione verte sulla fusione di questo trinomio, attraverso il quale egli approccia ai suoi progetti. Attualmente è docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e Scenica, scuola di scenografia del melodramma di Cesena, dove insegna “teoria e pratica del disegno prospettico”. Pubblica i suoi scritti sui temi dell’arte e dell’architettura su diverse riviste, locali e nazionali, e saltuariamente sui quotidiani, oltre che diffonderli nel web. In questi anni, tra università, impegni professionali e stage di approfondimento ha avuto modo di collaborare e studiare con importanti personalità della cultura quali: Italo Zannier, Lucien Clergue, Franco Fontana, Enzo Siviero, Peter Shire, Aldo Rossi e Gino Valle. Ultimamente sta portando avanti progetti culturali che mettono in relazione, arte, industria e territorio.

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