Letteratura Inaspettata #20. L’Autista di Al Capone di Domenico Seminerio

immagine per Domenico Seminerio
L’autista di Al Capone, cover

Un romanzo lungo una vita che si snoda tra la Messina del maremoto del 1908 e l’America del proibizionismo, dei gangster, dei poliziotti onesti e dei detective  violenti e corrotti.

E quella vita è l’esistenza di Placido, un bambino costretto a emigrare,  insieme ai genitori negli States, per cercare una possibile  fortuna che nelle fatiscenti baracche messinesi sorte dopo il terremoto era impossibile anche solo sperare.

Così, Placido crescendo diventa Charles o meglio, L’autista di Al Capone (Sikè ed.). Questo il titolo del nuovo romanzo di Domenico Seminerio, uno degli autori più forti della narrativa contemporanea.

Scrittore pluripremiato, Seminerio ci propone uno spaccato di storia e invenzione, che per ritmo e dovizia di particolari si trasforma agli occhi del lettore in un quadro da dove emergono i personaggi di una vicenda intrigante, a tratti grottesca, ma mai scontata o banale.

Trovano così spazio tra commissariati, prigione, case di tolleranza, baracche e ristoranti, vissuti dove la miseria umana la fa da padrone, dove il ricordo diviene a tratti salvifico, a tratti infernale, a tratti dolente.

La vita lascia le sue cicatrici nel corpo e nell’animo di chi la vive, in una Sicilia, dove la furbizia vince e l’onestà è destinata a soccombere.

E lui, Placido o Charles, di questo gioco ben articolato diventa protagonista e nel contempo pedina, con quel marchio “d’infame” cucitogli addosso, con i suoi delitti e con quei rari  spiragli di umanità che emergono in lui e che assumono ora le ali di un gabbiano salvato dalla cattiveria di ragazzini violenti, ora le forme sempre meno avvenenti di una prostituta che non può più esercitare il suo mestiere.

E la Sicilia del 1948 è sempre lì, con le elezioni del primo Parlamento, con i suoi corrotti e i suoi incorruttibili. È lì, con i colori dei suoi tramonti, il clima mite e  i suoi piatti tipici.

È lì, in una narrazione fatta di frasi brevi ed incisive, di ritmi incalzanti, di ironie velate e non, per un testo avvincente che ti cattura fin dalle prime pagine, dove nulla è scontato e tutto ancora da raccontare.

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Rita Caramma è giornalista e scrittrice. Per poesia ha pubblicato: “Nella mia ricca solitudine” (Il Filo – Roma – 2005), “Retrospettive dell’inquietudine” (Zona - Arezzo – 2008), “Ti parlerò d’amor” (Drepanum – Trapani – 2016), “Parole di carta, parole di cartone” (Youcanprint – 2018). Per la narrativa il racconto lungo “Tecla” (Youcanprint – 2019). Per il teatro: “Una vestale di nome Ginevra” (Zona – 2010) e “Respiri migranti” (CR – Acireale – 2018), di quest’ultimo ha curato anche la regia. Ha scritto le favole in rima “Il ragno” (Arteincircolo 2007) e “Gelsomina” (Youcanprint – 2018). Ha curato diverse antologie di poesie e racconti. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, fra questi nel 2010 le è stato conferito il premio “Ercole Patti” per il suo impegno culturale.

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