Più libri più liberi 2014. Un po’ di cose

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zerocalcare murales a rebibbia

Cosa #1.

Rebibbia è sempre stato il lato giusto della metro per arrivare al centro di Roma, ma mai una meta. È dove sta il carcere omonimo. È dove, dicevano, c’è un mammut. A Rebibbia non ci arrivi per caso, ecco. Però può capitare, per caso, che ti ci porti la letteratura e un fumettista: Zerocalcare.

È il 4 dicembre, siamo vicini alla fermata metro “EUR Fermi” che è agli antipodi di Rebibbia (va beh, quasi, l’antipode esatto è a una fermata più giù: “Laurentina” – che più o meno ha la stessa attrattiva di Rebibbia, ma senza carcere e mammut) e siamo qui perché oggi, al Palazzo dei Congressi dell’EUR, è iniziata la 13^ edizione della Fiera nazionale della piccola e media editoria, Più libri più liberi.

Siamo tanti in Sala Diamante, appena qualche buco qua e là (siamo un po’ meno per i corridoi, ma è solo giovedì, e per i giovedì non è colpa di nessuno). Sul palco con Zerocalcare – dopo che Alessio (un bambino che ha vinto questa cosa qua di Repubblica) è andato via permettendoci di restare insieme alla domanda e alla risposta più belle di sempre (A: «Di che squadra sei?», Z: «Della Roma») – c’è Michele Foschini (mitico editore BAO) per presentare Dimentica il mio nome (BAO Publishing, 2014), l’ultima meravigliosa fatica del fumettista romano.

Dimentica il mio nome è la storia famigliare di Zerocalcare, una storia difficile da replicare in altre famiglie tanto è più unica che rara eppure questo fumetto, come e più degli altri, ti entra dentro e ti strappa il cuore con una risata. E sta entrando anche in un sacco di case, perché dopo due mesi è già alla seconda ristampa. E si parla anche di un certo interesse da parte degli americani.

Ha come sempre ragione Lady Cocca, magari, che conoscendo le ansie del figlio per ogni fumetto lo ha sempre rassicurato dicendo che erano bellissimi, e che non si è smentita nemmeno con l’ultimo: “Non preoccuparti, andrà bene. Questo è bellissimo… mica come gli altri”.

Durante la chiacchierata ha raccontato in primis della recente esperienza a Kobane (Siria),  e di come almeno per una volta non abbia sentito la mancanza di casa (“ogni volta che vado via da Rebibbia, succede sempre di tutto, invece questa volta ero io ad essere al centro del mondo”), non si sia riempito delle solite bolle e non abbia avuto la forza per scrivere “Rebibbia regna”: l’unico muro disponibile era quello di un bagno (“turco”, precisa) che nonostante fosse letteralmente un cesso non aveva mezza scritta. “E poi se l’avessi fatto avrebbero capito subito che ero stato io”. Tornato a casa non è uscito per una settimana: aveva uno specchio e la faccia piena di bolle. Rebibbia regna.

Poi si è parlato anche del fumetto – che è bellissimo davvero (letto in quasi tre ore – ma io sono un po’ lenta – senza riuscire a staccarmene tra pianti e risate) – e di come sia stato complesso portarlo alla luce, confrontarsi con la madre per capire cosa si poteva raccontare e cosa no, venire a patti con una figura diversa della nonna da come l’aveva sempre conosciuta. È stato un processo delicato che non sarebbe potuto sfociare in un fumetto senza (anche) la pubblicazione di Dodici, che invece racconta di Rebibbia (“che sì, è in periferia, ma è un bel posto… ci sono le casette basse, le palme…”) ed è l’incipit per entrare in casa di Zerocalcare.

Cosa #2.

Quest’anno art a part of cult(ure) ha voluto seguire degli editori durante i giorni di Fiera, appuntando le vendite complessive e, in particolare, quali titoli venissero acquistati dai maschi e quali dalle femmine. Questo progetto-esperimento ha un nome: Alla fiera dell’EUR un lettore un libricino comprò. Siamo partiti dal presupposto che gli avventori alla Fiera siano lettori (magari anche futuri lettori) e ci ha incuriosito la possibilità di capirli meglio. Ma ci incuriosiva anche la possibilità di vivere la Fiera dal punto di vista di chi la Fiera la fa: gli editori. Ne abbiamo scelti tre: CaratteriMobili (Q28), Las Vegas (H17), NEO Edizioni (Q16). Quindi, alla fine della fiera, pubblicheremo le classifiche, senza numeri, solo titoli (non importa quanto, ma chi) dei titoli più gettonati. E, in questi giorni, non mancheranno anche alcunitweet da @artapartofcult.

Cosa #3.

(Mi sto già divertendo un sacco).

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Giornalista pubblicista dal 2012, scrive da quando, bambina, le è stato regalato il suo primo diario. Ha scritto a lungo su InStoria.it e ha aiutato manoscritti a diventare libri lavorando in una casa editrice romana, esperienza che ha definito i contorni dei suoi interessi influendo, inevitabilmente, sul suo percorso nel giornalismo. Nel 2013 ha collaborato con il mensile Leggere:tutti ma è scrivendo per art a part of cult(ure) che ha potuto trovare il suo posto fra libri, festival e arti. Essere nata nel 1989 le ha sempre dato la strana sensazione di essere “in tempo”, chissà poi per cosa...

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