Le voci di dentro: il labile e amaro confine tra sogno e realtà

Le voci di dentro, Foto Fabio Esposito

Un successo internazionale quello della Compagnia Teatri Uniti capitanata da Toni Servillo, “prestato” ai successi cinematografici ma mai slegato dalle sue origini di artista del palcoscenico. Con Le voci di dentro, in scena al Teatro Goldoni di Venezia, Servillo porta  la drammaturgia di Eduardo in giro per il mondo, tappa dopo tappa, riscoprendo le venature esistenziali di quella comicità piena di malinconia, consumata in un palcoscenico domestico, in un pezzo di Napoli eterno come la morte e rumoroso e inquieto come la vita, nel secondo dopoguerra e ancora oggi dopo sessant’anni.

Non c’è artificio scenografico, tutta la forza del racconto è in mano agli attori, custodi della bellezza della parola, del suono viscerale e sanguigno della lingua di Eduardo, impetuosa e trascinante oltre ogni limite dialettale. E non bisogna stupirsi se a ogni latitudine il pubblico non cerchi la comprensione della lettera ma si lasci coinvolgere su un altro piano di comunicazione, dimenticando la differenza tra ratio e passione.

Un sogno, un oscuro presagio al risveglio, una terribile sequenza visionaria preannuncia una logica tutt’altro che lineare, perché i fatti assumono contorni labilissimi e il vero si confonde col surreale al primo sorso di caffè. C’è stato un omicidio, ci sono le prove e vanno cercate in casa mentre i presunti assassini vengono assicurati alla giustizia. Alberto Saporito accusa così su due piedi i suoi vicini di casa e spalleggiato dal fratello tende loro un agguato, salvo poi accorgersi dell’errore madornale: quella non era la realtà, era un sogno. O forse no? Il sospetto logora e corrode anche le più intime relazioni familiari, nessuno crede più a nessuno e i fatti non possono contraddire la certezza del sospetto, la verità che ognuno si è costruito per sé a partire dalla fantasia del sogno.

L’incerto confine tra la dimensione onirica e la vita reale sembra essere suggerito, nella seconda parte dello spettacolo, dalla doppia partitura visiva offerta dal cambio di scenografia: in primo piano gli attori, e dietro un velo quel mondo quasi ultraterreno fatto di sedie agganciate una sull’altra verso il cielo, eredità del defunto padre dei Saporito, sovrastate dall’oscura figura di Zì Nicola, a metà tra realtà e leggenda.

Bisogna subito dire che “Le voci di dentro” – diretto dallo stesso Toni Servillo, che interpreta il ruolo di Alberto Saporito affiancato dal fratello Peppe, nei panni del fratello di scena Carlo Saporito – è uno spettacolo pienamente riuscito perché gode della bravura degli attori, detentori di quella sintonia che in testi corali come quelli di Eduardo sono il cuore della messa in scena. A questo si aggiunge la formazione teatrale imbevuta della drammaturgia eduardiana, nei principi narrativi e nel corredo espressivo e gestuale, patrimonio, del resto, della napoletanità nel cui solco la Compagnia si inserisce alla perfezione.

La comicità arriva agli spettatori senza mancare una battuta, mentre di contro si avverte la mancanza di quella malinconia intrisa di amarezza propria dell’anima teatrale di Eduardo, capace di misurare l’exploit del riso nel breve ma intenso passaggio di un’ombra del viso, quasi un ghigno subito addolcito dalla comprensione per le miserie e le debolezze umane. Forse nel finale passa con l’intensità dell’eloquio recitativo di Servillo il senso di questa riflessione, ma la scelta registica non riesce a farsi pienamente portatrice di quella venatura drammatica che attraversa il teatro eduardiano.

“Le voci di dentro” di Eduardo De Filippo. Regia di Toni Servillo – Con (in ordine di apparizione): Chiara Baffi, Betti Pedrazzi, Marcello Romolo, Toni Servillo, Peppe Servillo, Gigio Morra, Lucia Mandarini, Vincenzo Nemolato, Marianna Robustelli, Antonello Cossia, Daghi Rondanini, Rocco Giordano, Maria Angela Robustelli, Francesco Paglino. Scene: Lino Fiorito; Costumi: Ortensia De Francesco; Suono: Daghi Rondanini; Luci: Cesare Accetta. Prodotto da Teatri Uniti, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Teatro di Roma.

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La Sicilia non solo terra d'origine ma luogo dell'anima, culla del teatro e fonte di ispirazione dove nasce l'amore per la scrittura. Dopo una laurea in Comunicazione e una specializzazione in Discipline dello spettacolo, scelgo di diventare giornalista e continuare ad appassionarmi alla realtà e ai suoi riflessi teatrali e cinematografici.

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