Otello. L’Elfo incontra il Bardo all’ombra del male di ieri e di oggi

immagine per Otello
Otello, Teatro dell’Elfo

A chiusura della stagione di prosa del Teatro Comunale è andata in scena a Vicenza l’anteprima regionale “Otello” prodotto dal Teatro dell’Elfo per la regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli.

Ad accogliere il felice e tumultuoso incontro tra il Bardo e l’Elfo una platea tanto strabordante nei numeri – con tanti giovanissimi – quanto assorta e silenziosa nel seguire le vicende tragiche del Moro, dell’(in)fedele Jago e dell’infelice Desdemona che si dipanano per tre ore abbondanti durante le quali, in un climax ascendente di sospetto e violenza, si agitano come in un mare in tempesta i sentimenti umani in ogni loro sfumatura: l’invidia, l’amore, l’amicizia, la fedeltà, la gelosia, la disperazione.

A nutrire visivamente questo caleidoscopio esistenziale contribuiscono la musica originale di Silvia Colasanti, le scelte di luci e di elementi scenici: l’oro sfavillante, il trasparente plastificato del mare, l’oscurità e le ombre che si agitano dietro la scena principale, che rimane aperta ai lati, dove continuano ad agire i personaggi sotto lo sguardo voyeuristico del pubblico.

Jago racconta sin da subito, parlando direttamente alla platea, quali losche trame ordisce nei confronti del suo generale Otello, mostrandosi tranquillo e misurato nei toni e nei gesti. L’ordine, la disciplina militare, l’armonia sembrano regnare sovrani fino allo “scandalo” della sconveniente unione tra Otello, africano, e Desdemona, nobile fanciulla veneziana. Un amore osteggiato dal padre di Desdemona, nonostante l’alto rango del generale, che è detto il Moro proprio per sottolineare a sua diversità di razza, il colore della pelle che lo rende straniero a Venezia.

Dopo il matrimonio celebrato in segreto, vissuto dal padre di Desdemona come un tradimento – primo barlume del tema centrale del dramma – la donna parte al fianco di Otello, impegnato in una campagna militare, ignara del tragico destino che la attende. Con lei la moglie di Jago, Emilia, dedita alla sua “signora” con una fedeltà specularmente opposta alla perfidia del marito.

Il sospetto del tradimento di Desdemona, instillato da Jago con il celebre stratagemma del fazzoletto, apre uno squarcio nel cuore di Otello e lo trasforma da marito innamorato e devoto in bestia senza cuore, escludendo ogni confronto con la moglie, ogni possibilità di salvezza e di ricerca della verità oltre le apparenze.

Quel fazzoletto regalato da Otello alla sua sposa, che Jago riesce a far cadere nelle mani del giovane luogotenente Cassio, diventa la condanna a morte di Desdemona, inconsapevole e incapace di difendersi dalle accuse del marito, amato e rispettato anche più della propria vita. La becera violenza di Otello si abbatte su Desdemona fino a farle maturare la consapevolezza che debba esserci una colpa in lei, che debba in qualche modo meritarsi i terribili insulti e le minacce, pur continuando a proclamarsi innocente.

Mentre Jago usa tutto e tutti per raggiungere il suo turpe obiettivo, tradendo e provocando anche la morte dell’amico di una vita Roderigo, Emilia difende strenuamente la sua signora Desdemona e ne urla l’onestà e la purezza al Moro, incapace di ascoltare, annebbiato dalla cieca furia dell’onore macchiato dal tradimento, fino a scoprire che l’artefice di tutto è Jago, che di fronte allo scempio della fine di un’innocente non si scompone e si preoccupa sempre e solo di se stesso, dando la morte anche alla sua stessa moglie e spingendo Otello verso il suicidio, reggiunta la consapevolezza del terribile tranello in cui è caduto.

I secoli trascorsi dalla stesura del dramma shakespeariano non pesano su una drammaturgia attualissima nei temi, su cui ha lavorato Ferdinando Bruni con la sua traduzione e su cui gli attori dell’Elfo, pur nel solco della tradizione, lavorano ieraticamente sui toni e la modulazione della voce, sul ritmo e la musicalità della parole, sulle inclinazioni e gli incontri scenici tra significante e significato. La donna vittima di violenza che si auto colpevolizza dimostrando amore incondizionato al suo carnefice, il femminicidio, lo scontro tra culture diverse fino all’odio razziale: nessuno potrebbe negare la bruciante contemporaneità di questi temi che oggi più che mai sono tristemente familiari, sono testimoni di un’anima sociale ancora dilaniata nonostante la storia e il tempo trascorso, come non si fosse andati abbastanza avanti.

Le parole, prima dei fatti, diventano arma fatale e sulla loro importanza si costruisce il lavoro degli attori, nel solco di una traduzione del testo incline al parlato, avvicinando i personaggi al sentire del pubblico, che nonostante la lunga resa scenica si dimostra negli applausi finali entusiasta e grato ad un gruppo di attori di ineccepibile bravura.

OTELLO di William Shakespeare. Traduzione di Ferdinando Bruni, regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli. Scene e costumi Carlo Sala, musiche originali di Silvia Colasanti, suono di Giuseppe Marzoli, luci di Michele Ceglia. Con Elio De Capitani, Federico Vanni, Camilla Semino Favro, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Alessandro Averone, Carolina Cametti, Gabriele Calindri, Massimo Somaglino, Michele Costabile.
Produzione Teatro dell’Elfo, con il sostegno di Fondazione Cariplo.

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La Sicilia non solo terra d'origine ma luogo dell'anima, culla del teatro e fonte di ispirazione dove nasce l'amore per la scrittura. Dopo una laurea in Comunicazione e una specializzazione in Discipline dello spettacolo, scelgo di diventare giornalista e continuare ad appassionarmi alla realtà e ai suoi riflessi teatrali e cinematografici.

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