Paolo Giordano, Joshua Ferris e Benjamin Alire Sàenz. “Io e un altro io” al Festival Letterature

Quasi tutti conoscono, oggi, il significato del termine inglese spoiler. Tuttavia, una precisazione per i meno aggiornati è doverosa: deriva dal verbo to spoil, “rovinare”, ed è ormai passato a indicare un qualsiasi tipo di anticipazione sul finale o su un episodio chiave di qualsivoglia prodotto narrativo che preveda la presenza di una trama (prevalentemente serie televisive, ma anche film, libri, fumetti…), precludendo così allo spettatore/lettore la possibilità di scoprire in autonomia le gioie dell’effetto sorpresa e del colpo di scena.

Scrivendo della conferenza stampa di oggi, quattro giugno, per la presentazione della terza serata del Festival Letterature di Roma (che si terrà domani alle 21:00 in Piazza del Campidoglio) mi sembra un po’ di “fare spoiler”. Una selezione di ciò che è stato detto è quindi necessaria, così da non anticipare gran parte di quello di cui si potrebbe godere appieno solo domani sera.
Comincerei, quindi, con quello che si può scrivere.

Si può scrivere di chi era presente alla conferenza: l’ideatrice e direttrice artistica della manifestazione nonché della Casa delle Letterature che ha ospitato l’incontro, Maria Ida Gaeta; il ministro consigliere per gli affari pubblici dell’ambasciata degli Stati Uniti d’America, Elizabeth McKay; i tre autori che domani sera interverranno davanti a Palazzo Senatorio, ovvero Paolo Giordano, Joshua Ferris e Benjamin Alire Sàenz. Il primo è notissimo per il bestseller ormai internazionale La solitudine dei numeri primi (Mondadori), seguito da Il corpo umano (Mondadori) e dal recentissimo Il nero e l’argento (Einaudi), in libreria da meno di un mese. Joshua Ferris, statunitense, ha riscosso grande successo a livello mondiale con il suo primo romanzo, E poi siamo arrivati alla fine (finalista, tra gli altri, al National Book Award). Successo bissato da Non conosco il tuo nome, mentre il suo terzo romanzo, Svegliamoci pure, ma a un’ora decente (edito in Italia, come gli altri, da Neri Pozza) è appena uscito nelle nostre librerie. Benjamin Alire Sàenz, del New Mexico, debutta invece quest’anno con il romanzo Tutto inizia e finisce al Kentucky Club, pubblicato in Italia da Sellerio.

Si può scrivere degli interventi introduttivi. Maria Ida Gaeta presenta gli ospiti, mentre Elizabeth McKay sottolinea più volte l’importanza della presenza di autori statunitensi al Festival delle Letterature: oltre ai presenti Ferris e Sàenz, ricorda anche Mark Strand e Jonathan Lethen, che interverranno in altre serate della manifestazione (rispettivamente, il 12 e il 24 giugno). Afferma che, nonostante verranno letti, nel corso del festival, racconti in varie lingue e nati in contesti culturali differenti, l’esperienza sarà comune a tutti gli scrittori, e ribadisce l’importanza per gli Stati Uniti di sostenere il dialogo letterario come punto forte del più alto incontro tra culture, linea all’interno della quale rientra perfettamente la manifestazione romana. Conclude ricordando che, indipendentemente dalla lingua o dalla cultura da cui arrivano le diverse narrazioni, la cosa importante è che ogni ascoltatore porti l’esperienza personale al livello più alto della comunità globale.

Si può scrivere (poco) degli interventi degli autori: premesso che il titolo del festival è la citazione di Elias CanettiOgnuno, ma proprio ognuno è il centro del mondo”, Giordano afferma quanto “l’atto stesso di scrivere sia una declinazione di questa frase”, giustificando l’idea che “quando si compie l’atto un po’ arrogante di scrivere narrativa si decide di essere il centro del mondo, e ogni narratore lo è o pretende di esserlo”. Il racconto che leggerà domani, Giustizia.it, ha per protagonista un bambino che decide di studiare danza classica (ma di più non si può scrivere).
L’inedito di Joshua Ferris, Il mammut, nasce dalla personale esperienza di un viaggio in Antartide e dalla necessità di trovare, tramite la scrittura, risposta a dubbi quali l’apparentemente impossibile conciliazione tra quanto bene e quanto male sia in grado di compiere il genere umano.
Anche il racconto di Benjamin Alire Sàenz, Juàrez non si ferma al confine, ha una forte radice autobiografica. È la storia di una città di frontiera, tra Messico e Stati Uniti, la stessa del suo ultimo romanzo (ma di più non si può scrivere).

Si può scrivere della presentazione dei più recenti lavori degli autori. Poco, perché poco se ne è parlato. Il nero e l’argento di Giordano è la storia di una giovane coppia e della badante (la “signora A.”) che li aiuta a percorrere i primi passi nel costituire il nucleo familiare. È un libro sui legami nati al di fuori dei vincoli di parentela, che, una volta conclusi, continuano però a esistere nei ricordi di chi li ha vissuti. Svegliamoci pure, ma a un’ora decente di Ferris ha per protagonista un dentista, Paul O’Rouke, cui viene rubata da uno sconosciuto l’identità virtuale (quella dei profili di Facebook, per intenderci). Sàenz, invece, offre qualche rivelazione su un lavoro in cantiere, una raccolta di racconti; rivela la propria passione per le forme di narrazione breve e conclude con una piccola curiosità sulla propria tecnica di scrittura: iniziare con la prima e l’ultima frase del libro e lasciarle inalterate fino a lavoro compiuto.

Poi la conferenza finisce con i saluti di rito, senza domande.
Questo è tutto ciò che si può scrivere. Per il resto, a domani.

P.S. A dire il vero, si potrebbe scrivere anche di quanto sia piacevole la Casa delle Letterature, con quel cortiletto interno ombreggiato di aranci e le pareti piene di libri, ma questo sì che sarebbe uno spoiler. Andate e scopritela da voi.

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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