Scrittore e assassino di Ahmet Altan. L’autore è un dio che crea

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Quello della scrittura, e della scrittura romanzesca in particolare, è sostanzialmente un atto di creazione e regia. Nel dare vita ai propri personaggi, e nel decidere più o meno arbitrariamente sulla loro vita e sulla loro morte, lo scrittore esercita una funzione non molto distante dal soffio vitale di un’onnipotenza divina.

Ahmet Altan, nel suo Scrittore e assassino (in uscita per i tipi di e/o), mette in scena proprio l’ambizioso parallelismo tra la creazione letteraria e la creazione divina. Protagonista del romanzo è infatti uno scrittore che, in cerca d’ispirazione per il suo prossimo libro, decide di stabilirsi in un innominato e apparentemente favolistico paese della costa turca, affacciato sul mare e immerso in una scintillante natura mediterranea. La bellezza e la semplicità del reale, di ciò che si vede e appare senza il filtro di un occhio critico e approfondito, sono però messe in discussione una volta che il protagonista entra a far parte degli strani meccanismi che governano la vita della cittadina. Complice anche l’amore per una donna, Zuhal, lo scrittore, inizialmente solo osservatore delle dinamiche sociali e politiche cui si trova ad assistere, ne viene lentamente trascinato all’interno. Diventa una sorta di pedina nei giochi di potere per il controllo del territorio, che vedono opporsi il sindaco del paese, Mustafa, al potente imprenditore Raci Bey. L’intrigo, il desiderio, la lotta per il possesso di un fantomatico tesoro, presumibilmente nascosto in una chiesa del paese, fanno degenerare la pacifica e convenzionale vita del villaggio in un continuo scontro fra bande rivali, che lo scrittore non può fare a meno di descrivere mentre ne è contemporaneamente spettatore e attore.

È un coinvolgimento pericoloso, che culminerà con un omicidio che lo scrittore commette e di cui ci informa fin dalle prime pagine del romanzo. Queste lo vedono seduto all’aperto, poco prima dell’alba, impegnato a ripensare a quanto appena successo; ed è da qui che parte la narrazione dell’intera storia, da questo ripercorrere e raccontare ciò che ha condotto il protagonista all’omicidio finale.

Narrazione che si svolge seguendo un libero diario mentale del protagonista, e dove i capitoli si susseguono in una generale alternanza tra sfera pubblica (le relazioni, gli incontri, i dialoghi con i potenti del luogo, i discorsi attorno a una tavola apparecchiata) e sfera privata (le notti carnalmente passionali trascorse, oltre che con Zuhal, con le molte altre donne del romanzo), destinate però inevitabilmente a contaminarsi e influenzarsi. Il tutto commentato da un intenso dialogo che lo scrittore porta avanti con Dio, a tutti gli effetti un suo alter ego, l’autore di romanzi imperfetti e di annunciati sequel ultraterreni con cui il protagonista instaura un continuo confronto. Ed è proprio in questo dialogo che Altan esplicita l’assimilazione tra scrittore e Dio, entrambi impegnati con una materia cui dare forma narrativa, da cui modellare personaggi e storie che andranno poi a seguire, in maniera più o meno fedele, i percorsi tracciati dall’autore stesso.

La vita del protagonista si intreccia inoltre con quella di molte altre figure, che giocano sulla scacchiera del paese in una continua serie di mosse e contromosse: i già citati sindaco Mustafa e il suo avversario Raci Bey; il figlio Rahmi e la moglie, Kamile Hanım; i componenti delle bande rivali; e poi la prostituta Sümbül, la donna delle pulizie Hamiyet, e un falegname che sembra osservare la vita cittadina da una distaccata prospettiva filosofica.

Scrittore e assassino, oltre ad essere un noir dalla trama ben scritta e ben condotta, è anche un’interessante riflessione sul romanzo e sulle sue dinamiche. Se la vita del paese si anima e collassa solo dopo che il protagonista vi si stabilisce, come ne catalizzasse e insieme disinnescasse tutte le tensioni, è perché gli stessi fattori entrano in gioco quando lo scrittore mette mano al proprio romanzo, e decide di animarne i personaggi. Suo compito è quello di far emergere, agli occhi del lettore, ciò che si nasconde al di sotto della realtà immediatamente visibile, in un gioco continuo tra apparenza e sostanza, tra virtuale e reale, tra vita sognata e vita vissuta. Con il rischio, come accade al protagonista del romanzo, di rimanerne tragicamente coinvolti.

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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