Libri Come 3#. Murgia, Rodotà, Recalcati: dialoghi e lezioni in Sala Petrassi.

19ore12Libri Come, sala Petrassi, ore 12. Se parlare d’amore è difficile, accostare all’amore il diritto sembra impresa a dir poco titanica. E se il compito da svolgere, come in questo caso, presenta difficoltà non trascurabili, allora è giusta l’intuizione di affidarne lo svolgimento a due penne (e due voci) che sappiano trattare con cura la materia in questione: Michela Murgia e Stefano Rodotà. In un dialogo che prende avvio proprio dall’ultimo libro del politico e giurista cosentino, Diritto d’amore (edito quest’anno da Laterza), si cerca di definire in che misura e secondo quale ruolo la legge debba intervenire nella complessa fattispecie di un sentimento così universale e complesso.
I riflettori della conversazione, che si svolge in un intelligente e attento scambio di spunti, sono in parte puntati sulla coppia e sulla famiglia omosessuale, argomento di un dibattito recentissimo e ancora scottante. In fondo, oggi è là che si gioca la partita dei diritti, in particolare dei diritti “d’amore”. Tuttavia, per focalizzarne l’importanza è necessario ripercorrere brevemente la storia di diritti negati e poi riconosciuti, il cui ago della bilancia è spesso stato il corpo della donna e l’ammissione della piena dignità sociale di quest’ultima: la parità di genere, la famiglia che non subordini la moglie al marito, il divorzio.
E Michela Murgia sottolinea con sufficiente chiarezza quanto lottare per il riconoscimento di un singolo diritto sia un passo all’interno di un progetto più ampio, volto allo sgretolamento graduale di un sistema malfunzionante ma, auspicabilmente, migliorabile. A patto, però, che l’affermazione di un diritto (e dei diritti) si collochi nella prospettiva della difesa dei più deboli: di chi, insomma, non può permettersi di difendersi da solo. In questo discorso generale sull’entità stessa del diritto, la natura specifica di quest’ultimo in relazione all’amore è ben definita da Stefano Rodotà. Tutto ruota sui cardini di “riconoscimento” e “libertà”: riconoscimento del diritto ad amarsi, e ad instaurare una relazione di coppia; libertà di farlo senza ostacoli materiali e costituzionali. Il riconoscimento di un diritto non si pone in un’ottica restrittiva, anzi: la legge deve abbattere quegli ostacoli di ogni natura che impediscano all’individuo di realizzare un proprio progetto relazionale e affettivo. A questo proposito, nel chiudersi, il dialogo ritorna sulla domanda da cui era partito: l’irrazionalità magmatica dell’amore e la capacità sistematica del diritto possono convivere? In un certo senso, devono, in quanto l’attenzione è puntata sul riconoscimento e il rispetto della persona. Citando Rodotà, « l’amore obbliga il diritto a guardare sé stesso in un altro modo. »

Ore 15, stessa sala. Stavolta, più che un dialogo, si tiene una sorta di lezione. Il titolo è Come Lacan, e a tenerla è Massimo Recalcati, in piedi di fronte a un leggio. Nel presentare il pensiero del proprio maestro, Recalcati opera una sintesi efficace ed esaustiva, ponendo il pubblico di fronte a concetti forse spesso non ben focalizzati dai più: schizofrenia, paranoia, isteria, nevrosi ossessiva. A partire dalla natura prima del desiderio umano, ovvero l’essere riconosciuto dal desiderio dell’altro, Recalcati descrive con buona capacità divulgativa i tipi dell’isterica e del nevrotico ossessivo. La differenza tra i due si gioca sulla scelta da operarsi nel binomio desiderare/essere. L’isterica sceglie il desiderio, e testa continuamente quello altrui esercitando un gioco di seduzione mai appagato fino al godimento: essere desiderata, ma mai concedersi, in quanto diventare oggetto di desiderio snaturerebbe la propria entità di soggetto. Il nevrotico, invece, custodisce ossessivamente il proprio essere, lo “trattiene” evitando il rischio di esporsi al desiderio. In questo, cerca sempre di agire sotto un padrone che limiti la propria libertà di scelta, e anzi, evita la situazione stessa della scelta: perché scegliere significa perdere qualcosa (l’altra possibilità, per esempio), ovvero un rischio impossibile da correre per chi trattiene gelosamente il proprio essere.

Conclusi i due incontri, non è forse azzardato instaurarvi un parallelo. Entrambi hanno parlato di “riconoscimento” e, in certa misura, di “amore”. Parole chiave che sembrano aver atteso sedute, come silenziose protagoniste, sulle poltrone rosse del palco in Sala Petrassi.

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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