Letterature Festival #8. In memoria di noi, e di Natalia Ginzburg

Natalia Ginzburg

L’ultima serata del Festival Letterature 2016 porta il titolo In memoria di noi. A conclusione della manifestazione, l’organizzatrice Maria Ida Gaeta si riserva uno spazio iniziale per i ringraziamenti, sinceri e non formali, a chi ha reso possibile, sotto ogni punto di vista, non solo che il Festival arrivasse alla sua quindicesima edizione, ma anche che tornasse a essere ospitato nella sua sede originaria, la splendida Basilica di Massenzio, dopo i due anni di accoglienza da parte di Piazza del Campidoglio. A sorpresa, segue ai ringraziamenti di Maria Ida Gaeta un breve intervento del neoassessore capitolino alla Crescita culturale, Luca Bergamo, il quale sottolinea la necessità di portare avanti, sul territorio della città, politiche culturali di sistema, che abbiano al centro non solo grandi eventi quali il Festival Letterature, Più libri più liberi o Libri come, ma anche un ruolo attivo giocato da librerie e biblioteche.

L’anima musicale della serata è affidata al pianista Franco Piersanti e ai ragazzi del gruppo Arte Migrante, minori stranieri non accompagnati ospitati nel Centro di accoglienza «La Pergola»: si chiamano Ismael, B.B., Ahmed, Abdelhamid, Jowel, Shoel e Berry. Si chiude con loro un ideale circolo, ricordato anche da Maria Ida Gaeta a inizio serata, che ha visto protagonista di questa edizione del Festival il tema della migrazione assieme a quello, da titolo, della memoria, fin dalla serata iniziale (Memorie migranti, appunto).

Introdotta dall’attrice Piera Degli Esposti, che ne legge un brano dal romanzo Borderlife, la prima scrittrice a salire sul palco è l’israeliana Dorit Rabinyan, che dà voce al proprio inedito Il partner segreto. È la storia personale dell’autrice, della sua giovinezza e militanza politica, e in particolare quella parte di storia personale che si intreccia con la grande Storia del suo paese. Sebbene sia normale che per tutti i giovani del mondo i ricordi personali si intreccino con quelli dei grandi eventi di cronaca, politica, attualità, probabilmente, ricorda la Rabinyan, solo gli israeliani della sua generazione (è nata nel 1972) portano incise nei propri annali quattro guerre prima di aver compiuto vent’anni. È il 1992, quindi, quando Dorit inizia a scrivere il suo primo romanzo, Spose persiane. Ed è il 1992 quando il suo partito, il Partito Laburista Israeliano, vince le elezioni parlamentari nominando primo ministro il leader Yitzhak Rabin. La speranza per un futuro periodo di pace si mescola a un’euforia dilagante – «la democrazia ha il gusto di una droga fantastica» -, che regala a Dorit linfa per la scrittura del suo romanzo. È il 1995 quando Spose persiane viene pubblicato in Israele, riscuotendo grande successo. Ed è il 1995 quando un attivista di estrema destra spara a Rabin, uccidendolo. La sua elezione e la sua politica avevano accompagnato la nascita, la stesura e la pubblicazione del romanzo di Dorit Rabinyan. Quasi ne fosse stato, a tutti gli effetti, un partner segreto.

La seconda parte della serata è dedicata alla memoria di Natalia Ginzburg, nel giorno del centenario della nascita. La prima a leggere un inedito ispirato alla sua figura è Cristina Comencini. È un racconto personalissimo del proprio rapporto con la Ginzburg, che parte dal momento in cui decide di sottoporle, sotto pseudonimo, la lettura del dattiloscritto del suo secondo romanzo (Le pagine strappate). Cristina Comencini descrive la sensazione di stupore e di irrealtà nell’entrare nella casa della Ginzburg, in un palazzo del centro storico di Roma; nel vedere le sue note appuntate sul dattiloscritto; nel sentirle ripetere ad alta voce, più e più volte, il titolo del libro, come prova della sua efficacia; nel fornirle tutti quei consigli che la Comencini adotterà poi nella sua scrittura a venire e che metterà in pratica con estrema meticolosità proprio su quel dattiloscritto quello stesso giorno, una volta tornata a casa: togliere tutti gli aggettivi, magari lasciandone pochi e molto precisi, così da evitare il pericolo di mettersi a civettare e cantare all’atto della scrittura; tagliare quel «secondo libro» che, come in tutti i romanzi d’esordio, si inserisce come il nocciolo di un frutto all’interno del romanzo principale; lasciar pensare solo i protagonisti, non gli altri personaggi. Quello di Cristina Comencini è il racconto del magnetismo esercitato su di lei da figure come Natalia Ginzburg, Suso Cecchi D’Amico, il padre Luigi Comencini, facenti tutte parte di una generazione nata durante la guerra e alla perenne ricerca, «estenuata e severa», della verità. Figure, nella memoria, Rocce. Come il titolo dell’inedito.

La scrittrice Chiara Valerio racconta invece il proprio rapporto con un romanzo della Ginzburg, Caro Michele, di cui Piera Degli Esposti dona lettura di un estratto. L’inedito s’intitola Per lettera (di tutte le cose visibili e invisibili in Caro Michele di Natalia Ginzburg secondo me). Caro Michele era il libro più citato dalla madre della Valerio, che ne ripeteva il titolo quasi in un sospiro. Ma l’autrice lo leggerà solo al liceo, come compito per le vacanze; d’estate, sulla spiaggia, nonostante il libro sia ambientato in inverno. È il romanzo dell’incertezza, in cui il lettore segue gli scambi epistolari di una famiglia singolare senza capire bene tutto ciò che nelle lettere non viene esplicitamente detto; e, soprattutto, cosa o chi sia Michele. Ma è anche il romanzo che insegna come, all’interno di una famiglia, ci sia la possibilità di non riconoscersi, pur non potendosi ignorare: e a questo punto è l’amore, a dettare le regole della convivenza e delle relazioni.

La serata si chiude con un rap del gruppo Arte Migrante, Biondina. Il Festival e la Basilica di Massenzio danno appuntamento al prossimo anno, alla prossima estate, alle prossime memorie da raccontare.

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Lorenzo Moltedo nasce a Roma nel 1991. Laureato (triennale) in Lettere Moderne presso “Sapienza” Università di Roma con una tesi sull’Orlando Furioso, è davvero curioso di conoscere cosa gli riserva il futuro. Non saprebbe immaginare una vita senza libri (e lo scrive con il rischio di sembrare retorico). Tra gli altri suoi interessi: viaggi, corsa, cinema e, in generale, ogni forma di manifestazione artistica. Quella con artapartofcult(ure) è la sua prima esperienza “ufficiale” di scrittura.

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