Più libri più liberi. Gli scrittori di racconti amano “rileggere”. La narrativa breve spiegata da Raimo e Cognetti

Raimo, Cognetti

Domenica mattina al Caffè Letterario di Più Libri Più Liberi c’era proprio tanta gente ad attendere Christian Raimo e Paolo Cognetti. I due scrittori di racconti avrebbero svelato perché si sceglie la narrazione breve anziché quella più confortevole legata al romanzo.
Io, lo confesso, ero curiosa di vedere Cognetti. Raimo lo avevo già incontrato al Salone del Libro di Torino, lo seguo su Minima&Moralia, quindi potevo ritenermi soddisfatta. Cognetti invece lo avevo incontrato solo nel mondo virtuale, commentando in un forum il suo “Sofia si veste sempre di nero”, e volevo verificare se l’immagine che avevo di lui nella mia mente corrispondesse alla realtà. Ebbene sì, è proprio come lo immaginavo. Forse un po’ meno rosso (di capelli. Ha davvero dei capelli molto molto rossi), ma la sua personalità si manifesta prepotente nel suo aspetto esteriore.

Un incontro, quello tra i due autori, molto particolare, nel quale entrambi hanno raccontato l’altro, il collega, il proprio simile, attraverso i loro scritti. Sembrava una seduta psicoanalitica. Si sono reciprocamente incensati e reciprocamente invidiati, ma di certo ciò che emerso è la loro comunanza letteraria e anagrafica. Diciamolo pure: Raimo e Cognetti sono proprio contenti di scrivere racconti!

Entrambi nati nella metà degli anni 70, ci hanno spiegato come chi scrive racconti generalmente non si dedichi poi al grande romanzo. “I narratori di racconti sono scrittori che amano rileggere, cosa che gli scrittori di romanzi generalmente non fanno. Chi legge racconti ha un rigore verso la lingua e i sotterfugi stilistici che il lettore di romanzi, più tollerante, non ha.”

Cognetti ci dice che Raimo sembra uno scrittore che ama perdersi, smarrirsi nelle cose che scrive, mentre lui è un precisino, i meccanismi in ciò che scrive devono sempre incastrarsi per bene, non riesce a lasciarsi andare. E questa libertà, pure nella diversità di espressione, la si può ritrovare solo nella scrittura dei racconti. È come se Raimo avesse sempre lo stesso racconto in mente, che fa da filo conduttore, e si lasciasse andare alle sue diverse declinazioni. Cognetti invece ogni volta affronta una narrazione che si deve concludere in sé stessa. Mi ha fatto pensare a Sofia, a quel libro in cui i diversi racconti – perché così è strutturato – hanno tutti un comune denominatore, la protagonista, e in lei si concludono. Forse Cognetti è uno scrittore di romanzi pentito?

Mi ha colpito molto l’idea che lo scrittore di racconti contemporaneo sia uno scrittore che ha vissuto molto dentro le case. Quindi le deve raccontare, così come i suoi abitanti che, prima o poi, necessariamente incontra. I nati negli anni 70 appartengono a una generazione fatta di riunioni in camera con gli amici, ore passate davanti alla TV, le feste nel salotto buono. Raimo ci ha raccontato un gustoso aneddoto su un Natale in cui, con la famiglia, rimasero bloccati dalla neve in una piccola casa di Ascoli Piceno. La nonna che continuava a cucinare come non ci fosse un domani, la sorella che usciva fuori di testa, l’isolamento… Come non scrivere un racconto su quelle persone? Chi scrive racconti brevi osserva le persone in uno spazio ristretto, e in uno spazio altrettanto ristretto le racconta.

In queste narrazioni i personaggi di Raimo sono spesso brutti, goffi, maldestri, come se volessero boicottare la loro funzionalità naturale e, in questo boicottaggio, riuscissero a riscattarsi da una sorta di peccato originale. I personaggi di Cognetti invece, seppur deboli a volte, sono sempre degli eroi a modo loro, mai vigliacchi. La differenza tra i due sta nel fatto che Raimo è capace di avere l’occhio sulla bruttezza e saperla raccontare, mentre Cognetti la vede, la sfiora, ma racconta solo la parte bella.

Alla fine cosa ho capito degli scrittori di racconti? Sembra davvero che il loro mondo sia un mondo a parte. Mi fa pensare all’ambiente dei fumettisti, che devono, a volte con una sola immagine, inquadrare situazioni, sentimenti, sviluppo della vicenda. Hanno un loro linguaggio, quasi un codice segreto e risolutivo, per cui sanno cosa far emergere, dove puntare l’obbiettivo, tralasciando ciò che potrebbe condurre verso altre derive narrative, quelle appunto del romanzo. Che non è un peccato, per carità, ma loro sono nerd della scrittura e ci piacciono così.

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Cetta De Luca, scrittrice, editor e blogger vive a Roma. Ha al suo attivo sei pubblicazioni tra romanzi e raccolte poetiche. Lavora nel campo dell'editing come free lance per la narrativa e collabora alla revisione di pubblicazioni di didattica nell'ambito letterario. Cura un blog personale http://www.cettadeluca.wordpress.com e spesso è ospite dei blog Inoltre e Svolgimento.
Nel poco tempo libero che le rimane tra lavoro e figli si impegna nell'organizzazione di eventi per il mondo letterario e, nello specifico, per gli scrittori.

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