Più Libri Più Liberi 2019 #8. Antonio Talia e la Statale 106. Si parla di strade di ‘ndrangheta

A Più Libri Più Liberi sono andata all’incontro con Antonio Talia e il suo libro Statale 106. Viaggio sulle strade segrete della ‘ndrangheta – Minimu Fax – con un miscuglio di sentimenti contrastanti: la curiosità di sapere come un altro calabrese vede quella strada sulla quale sono nata e che in qualche modo fa parte del mio ultimo libro, il timore che potesse trattarsi del solito romanzo verità intriso di vittimismo, la speranza di trovare un racconto d’inchiesta appassionante, la preoccupazione che dietro alla narrazione potesse nascondersi quel millenario disfattismo che spesso abita l’animo dei calabresi. Vi dico subito che sono uscita commossa.

Giuseppe Smorto, vicedirettore di Repubblica e calabrese doc, ci introduce al libro parlando di come non si possa capire la Calabria e neppure la ‘ndrangheta se non si ha uno “sguardo largo”, che si sofferma sulla famiglia intesa non solo come nucleo sociale, ma come portatrice “di padre in figlio” di tradizioni, meccanismi, dinamiche che si ripetono e si articolano nel tempo mantenendo solido il nucleo centrale: la famiglia è intoccabile. Per capire quindi le regole della ‘ndrangheta bisogna indagare e scavare nelle famiglie, e non è un caso che ci siano pochissimi o niente pentiti, il rischio di mandare in galera un familiare è troppo alto.

La domanda che sorge spontanea è se ci possa essere speranza. La risposta è che da qualche tempo le giovani madri si oppongono apertamente a educare i proprio figli nell’intraprendere “quella strada”, correndo rischi enormi esse stesse: i figli anche piccoli sono capaci di ricattare e minacciare. Ci sono poi le vendette trasversali, orrende, terribili, di una violenza inaudita, che il più delle volte colpiscono calabresi onesti e innocenti: ricordiamo i collegamenti familiari che il più delle volte hanno diramazioni impossibili…

La narrazione fin qui mi ha colpita come un pugno nello stomaco, perché tanto di questo ho visto e vissuto negli anni – le diramazioni familiari, l’educazione dei figli – e tanto ho immaginato scrivendone, ma è vero, la realtà spesso supera qualunque finzione. Il libro di Talia con queste premesse non fa altro che confermare ciò che pensavo frutto dei miei pensieri contorti.

“Ma la Calabria non è solo questo, e per fortuna ci sono esempi virtuosi, basta fare qualche chilometro in più.” [cit.]

Concita De Gregorio ci trascina nel cuore del libro, e dalla sua lettura di parte del capitolo “Km 99, Locri” si intuisce che la forma narrativa è quella del romanzo verità, forma obbligata e poi si capirà il perché. In questo capitolo Talia affronta il delitto Fortugno, delitto occorso in giorno di elezioni primarie, quando Prodi perse e cambiarono le sorti politiche del nostro Paese. Mi sembra quasi di ascoltare Lucarelli durante una puntata di Blu Notte, quell’atmosfera da minuto per minuto, passi, situazioni concomitanti e solo apparentemente scollegate, geografia dei luoghi, retroscena: meraviglioso!

Ma chi è Antonio Talia? Cronista di nera, corrispondente per alcune agenzie di stampa dalla Cina, si è spesso occupato di inchieste sul riciclaggio tra Italia e Cina, gang di strada in Svezia, illeciti finanziari a Hong Kong. Ha anche collaborato per un certo periodo con alcuni studi legali e proprio allora si imbatté nei primi fascicoli su indagini di ‘ndrangheta e cominciò a studiarli. Poteva certo scrivere articoli per i giornali, ma come? Chi li avrebbe pubblicati? Chi ne avrebbe avuto il coraggio?

Avere tre giornalisti che parlano di libera informazione è come essere invitati a nozze. Sentirli raccontare le difficoltà di “chi resiste” che siano giovani cronisti o redazioni poco importa, è un altro pugno nello stomaco. Quanti sono sotto scorta? Quanti non ce l’hanno perché non ce n’è abbastanza? Quanti giornali rifiutano di pubblicare perché il rischio di ritorsioni legali o peggio è dietro l’angolo?

Allora si trovano altre strade, come quella del romanzo verità o giornalismo narrativo, come si preferisce, dove si fanno anche nomi e cognomi perché ci si può sempre rifugiare dietro le “esigenze narrative” ma che permette, sempre e comunque, di raccontare la storia anche a chi non la vorrebbe conoscere e soprattutto si possono denunciare fatti che non reggerebbero in tribunale perché privi di prove o fonti accertabili.

Però voglio concludere dicendo che la Calabria è bella e c’è speranza, qualcosa si muove, anche lungo la Statale 106.

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Cetta De Luca, scrittrice, editor e blogger vive a Roma. Ha al suo attivo sei pubblicazioni tra romanzi e raccolte poetiche. Lavora nel campo dell'editing come free lance per la narrativa e collabora alla revisione di pubblicazioni di didattica nell'ambito letterario. Cura un blog personale http://www.cettadeluca.wordpress.com e spesso è ospite dei blog Inoltre e Svolgimento.
Nel poco tempo libero che le rimane tra lavoro e figli si impegna nell'organizzazione di eventi per il mondo letterario e, nello specifico, per gli scrittori.

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