Più Libri Più Liberi #13. Liliana Segre: i giovani sono le candele della memoria

Liliana Segre e Marco Damilano - ©Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Certi incontri sono emozionanti a prescindere da cosa potrà accadere. La figura immensa di Liliana Segre ha riempito la sala della Nuvola prima ancora che cominciasse a parlare, abilmente stimolata da Marco Damilano, e l’applauso rispettoso che l’ha accolta è stato un omaggio al cuore di un’Italia che ancora conosce e persegue certi valori fondamentali della società civile.

Il tema della memoria è fondamentale quando si parla di Shoah perché, come giustamente ci fa notare la Segre, sono davvero rimasti in pochi a testimoniare cosa quel periodo storico ha significato. Eppure lei ha cominciato a parlarne solo dopo essere diventata nonna, dopo anni trascorsi in serenità a crearsi una famiglia. Perché? le domanda Damilano.

Ci sono voluti quarantacinque anni per metabolizzare una storia come la mia, e ottanta dall’espulsione dalla scuola che frequentavo con l’unica colpa di essere nata, e la parola espulsa mi scuote ancora oggi. Quando il Presidente Mattarella mi ha nominata Senatore a vita, in quel momento quella bambina che aveva trovato la porta della scuola chiusa in faccia ha finalmente visto un’altra porta aprirsi. Quando hai vissuto anni di solitudine, la perdita di tutto, della casa, della famiglia, degli amici, delle tue certezze, ci vogliono altri anni e altri affetti e la capacità di vedere di nuovo il bello nelle cose per ritrovarti all’interno della società civile. Solo allora sei pronta a raccontare la tua storia ai ragazzi, come una nonna ai nipoti, sempre scegliendo l’amore al posto dell’odio, la vita al posto della morte.” [Liliana Segre]

Sono parole importanti, che scuotono la coscienza di chi quel periodo storico non l’ha vissuto ma lo ha solo sentito raccontare. Ma come si potrà mantenere vivo un ricordo se di questo, inevitabilmente, resterà solo un rigo sui libri di scuola?

I ragazzi sono la chiave, quelli coi quali la Segre stabilisce un feeling straordinario a ogni incontro, quelle creature vere e sincere che ascoltano con passione e che si accendono di consapevolezza. Loro sono quelle “candele della memoria”, così li ha definiti, che tramanderanno in futuro il racconto della Shoah, per imparare la vita.

Si è parlato di indifferenza. Damilano ha sottolineato come nella sua biografia ci siano molte zone cosiddette “grigie”, che attengono appunto all’indifferenza. Quanto è grande oggi questa zona grigia?

La risposta è spiazzante. L’indifferenza non ha a che fare con i fatti che lei racconta, con la sua testimonianza. “È una nebbia che circonda tutti quando una cosa non ci riguarda personalmente”, e non c’è violenza in questo. Lo stesso avveniva allora in Italia. Gli ebrei erano gli sfigati di turno, i perdenti segnati a dito da lasciare al loro destino perché era meglio seguire il carro dei vincitori.

Più della violenza quindi, fu l’indifferenza a ferire, quella di chi voltò la faccia dall’altra parte. Gli indifferenti sono quelli che non scelgono perché scegliere è difficile.

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Cetta De Luca, scrittrice, editor e blogger vive a Roma. Ha al suo attivo sei pubblicazioni tra romanzi e raccolte poetiche. Lavora nel campo dell'editing come free lance per la narrativa e collabora alla revisione di pubblicazioni di didattica nell'ambito letterario. Cura un blog personale http://www.cettadeluca.wordpress.com e spesso è ospite dei blog Inoltre e Svolgimento.
Nel poco tempo libero che le rimane tra lavoro e figli si impegna nell'organizzazione di eventi per il mondo letterario e, nello specifico, per gli scrittori.

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