Libri Come. Volani e libertà. Zadie Smith: come scrivo i miei libri

zadiesmithSalgono su un volano, i pensieri di Fatou, si alzano come in una partita di badminton per scendere con forza sulla terra, cercando la ragione delle cose tra realtà e sogni, tra aria ed acqua, quella cosa leggera che la fa salire e affondare, salire e affondare, come la vita. L’acqua della piscina del centro benessere  dove ogni lunedì mattina se ne va a nuotare, è il suo angolo per liberarsi dalle ingiustizie del mondo.
Potrebbe essere leggero il mondo. Fatto di blu, di bianco-nuvola, di verde, appeso a cieli di colori che a volte tolgono il respiro. E invece non lo è. Disuguaglianze , odio, indifferenza, violenza e potere. Genocidi . Questo è il mondo. Agli occhi di Fatou, ragazza cattolica, proveniente dalla Costa D’Avorio, colf presso la benestante famiglia pakistana dei Derawals, che riflette sui suoi mali, sulle sue mostruose contraddizioni. Parlandone anche con il suo amico, Andrew. Hiroshima, Olocausto, Ruanda… “Siamo fatti per soffrire?” O qualcosa, qualcuno può salvarci? “Pock. Smash. Pock. Smash.” . I colpi della partita di badminton, che si svolge nell’Ambasciata di Cambogia, e che Fatou segue dalla strada, al di là del muro che la circoscrive, sono una perfetta allegoria, uno colpisce, l’altro subisce. Il potere è di casa, nelle ambasciate del mondo. Più il paese è potente, più belle sono le sue ambasciate, più grandi  le ville, i giardini . L’Ambasciata di Cambogia è una villa circondata da un muro di mattoni rossi. Ti accorgi che è un’ambasciata  dalla bandiera e da una piccola targa di ottone con su scritto” Ambasciata di Cambogia”.  Sorge nel quartiere di Willesden, un melting-pot, multilingue, multiculturale, fatto di “gente poco poetica”, menti che “ tendono piuttosto al prosaico”.  Proprio davanti alla fermata dell’autobus  dove Fatou si ferma ad osservare, a guardare, prima di recarsi a nuotare. E’strano averla lì, tra case una diversa dall’altra. Sorprende.

Fa pensare, il nuovo libro di Zadie Smith. Che ne parla, ai microfoni di Radio tre, con Loredana Lipperini, presso l’Auditorium di Roma, e nel  Teatro Studio Borgna, con Elena Stancanelli, nell’ambito della manifestazione Libri Come.
Le tematiche sono attualissime, immigrazione, integrazione, accoglienza, razzismo, i drammi correnti di migliaia di persone sono affrontati con lucida consapevolezza, attraverso un linguaggio scarno e realistico. C’è una parola giusta, per questa storia, apparsa anche sul New York Times , e pubblicata in Italia da Mondadori, con il titolo  L’ambasciata di Cambogia, appunto. Heart. Cuore. Cuore per  percepire la vita, essere  fuori dall’indifferenza, per agire, per prevenire, cuore per essere  dentro le cose, non fuori, assenti, distratti, incuranti. Cuore per “sentire”. Per preoccuparci. Fatou, dice la Smith, si chiede perché c’è il potere, perché schiaccia gli altri. Fatou stessa è schiacciata.ma ha dentro la speranza, ostinata. E’ una schiava, come ormai tutti noi lo siamo, di meccanismi più grandi, stabiliti, stabilizzati,  incontrastabili? Accade nella sua vita un episodio incredibile. Asma, la bambina dei Derawals,  inghiotte una biglia, e per poco non muore soffocata. Fatou la salva, ma paradossalmente, questo gesto le costerà l’allontanamento dalla famiglia.È un gesto bello, intimo, che abbatte barriere, che la mette sullo stesso piano delle persone per cui lavora, “la fa avanzare di grado nel cuore e nelle gerarchie del sentimento”. Troppo, per chi comunque, continua a mantenere distanze. Il sentimento è un pericolo, può fare cadere muri. Dunque, si chiede la Smith, “fino a che punto noi decidiamo di mettere un limite alla nostra empatia? Decidiamo di non preoccuparci?”. Di quello che vediamo, di chi abbiamo vicino? In strada incontriamo persone, ma facciamo finta di non vederle. “Decidiamo, di non vederle”. “Compriamo magliette frutto del lavoro di bambini in Bangladesh, ma ignoriamo del tutto questo fatto”. Ci abituiamo all’indifferenza, come ad un processo irreversibile, quasi necessario, per tirare avanti.

Zadie racconta, nell’intervista con Elena Stancanelli, che davvero lei da piccola ha ingoiato una biglia, pensando in quel momento di morire,  e che nel quartiere dove ha vissuto ed è cresciuta, a Londra, vicino a casa di sua madre, c’è una piccola ambasciata. Ride quando la Stancanelli  la invita a leggere qualche pagina del suo romanzo in italiano, e dopo un “ Nooo!!!” iniziale, tra il divertito e lo spaventato, comincia una lettura gradevolissima, incespicando a volte sulle parole, con un timbro vocale caldo e profondo. Che ci ricorda dei suoi trascorsi di cantante jazz . Zadie è anche un’attrice di musical e una ballerina di tip- tap. Ha vissuto per due anni a Roma, e un po’ l’italiano lo conosce.  Il talento non basta, per essere uno scrittore, per Zadie.  Bisogna lavorarci sopra, in uno slancio continuo verso la creatività, ed è sbagliato esserne innamorati. Ci vuole una via di mezzo, tra consapevolezza, gratitudine ed esercizio. Ci vuole forse qualcosa in  più.  Lei sicuramente lo possiede. Riuscire a mantenersi creativi nei confronti della vita. Scendendo con coraggio nelle sue strade solitarie o in quelle piene di folla. Un’attenzione particolare al suo divenire, al suo rivoluzionarsi improvviso, che porta all’impazzimento di popoli interi. Una cura che tutti dovremmo avere. Nel suo bel saggio sulla letteratura, Sartre scrive: “ Ogni libro propone una liberazione concreta partendo da una particolare alienazione; vi è dunque implicito il riferimento a istituzioni, costumi, forme di oppressione e conflitto, alla saggezza e alla follia del momento, a evidenze ed ignoranze, a modi particolari di ragionare che le scienze hanno divulgato e si applicano a tutti i campi, a speranze, a timori, ad abitudini della sensibilità, dell’immaginazione e persino della percezione, a tutto un mondo che autore e lettore hanno in comune. Questo mondo a lui ben noto, l’autore lo anima e lo compenetra della sua libertà: e il lettore deve operare la sua liberazione concreta  proprio a partire di qui; questo mondo è alienazione , situazione, storia: io devo farlo mio, assumerlo, mutarlo, conservarlo,  per me e per gli altri uomini”.

Parlando dei giovani, la Smith dice che non è facile entrare in risonanza con loro. Bisogna imparare a mettersi in ascolto, non essere intransigenti come lo è stata lei, all’inizio della sua esperienza di insegnante di scrittura creativa presso la New York University. Un’esperienza preziosa, quella dell’insegnamento, che cambia certo la visione delle cose, afferma la scrittrice. L’ “universo giovani” corre veloce, e bisogna seguirlo, capirlo, senza imposizioni. “Bisogna tornare ad avere diciannove anni”. Loro possono cambiare tutto, ridisegnare cose e valori, perché niente è scritto in maniera definitiva, niente è cristallizzato. Spetta a loro il futuro, e a noi accompagnarli, creando nuove e attente coscienze, e non solo. Non rinunciare mai ad una coscienza, “non  rimanere mai spettatori”.  Ciascuno di noi può  fare la sua parte, senza differenze, nella Storia.

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Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Scrittrice e attrice, collabora con varie Associazioni culturali. Suoi testi sono pubblicati in Antologie varie e su siti Internet. Si è dedicata a progetti sperimentali di diffusione della poesia nelle scuole e alla scrittura e regia di spettacoli e percorsi poetici. Fa parte del gruppo di Scrittura Collettiva di Fefé Editore. Adora Adonis.

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