Più Libri Più Liberi #7. Nanni Moretti e Caro Michele per i 100 anni della nascita di Natalia Ginzburg

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Ė stato presentato nella Sala Diamante, nell’ambito della XV edizione della Fiera nazionale della Piccola e Media editoria di Roma, l’audiolibro edito da emons, Caro Michele, tratto dal romanzo di Natalia Ginzburg, e interpretato magistralmente dal noto autore e regista Nanni Moretti, diretto da Valia Santella, in occasione del centenario della nascita della scrittrice. Nell’introduzione alla lettura, Chiara Valerio ha sottolineato la particolarità della storia, che resta attuale nonostante il passare degli anni, lo scorrere di uomini, donne, valori. C’è, nelle scene della Ginzburg, qualcosa di moderno e ferale, di “acido e crudele”, per usare le sue stesse parole, applicabile ai nostri giorni e tempi. Ginzburg scrisse Caro Michele nel 1973, fervevano istanze nuove, bollivano rivoluzioni. Eppure questa è una storia di freddo, di neve che ricopre slanci e sentimenti. In un bianco che acceca, dove baluginano solo riflessi di affetti veloci, imprendibili. E come la neve, la storia è destinata a sciogliersi, insieme ai personaggi che ne tessono la trama. Anche se sotto, si intravvede una terra rinnovata… Il romanzo, epistolare, è costituito dalle lettere che Michele scrive a sua madre, Adriana, da quelle che Adriana scrive a Michele, quelle delle sorelle di Michele, Angelica e Viola, e poi gli scritti di Mara, amante di Michele e madre di un bambino che è probabilmente suo figlio. Ci sono poi le lettere a Filippo, a Osvaldo, l’amico adorato di Michele, forse, secondo le aperte confessioni su carta delle sorelle, il suo amore omosessuale. E altre ancora, scambiate con figure non meno importanti nell’economia del racconto. Che senza pietà, scava nelle pieghe di un nucleo familiare, mettendone a nudo fragilità e debolezze. Ascoltando le parole della Ginzburg lette da Moretti, si è alla “stessa altezza dei personaggi”, come ha detto Chiara Valerio. Si prova un brivido.

Caro Michele, tuo padre sta molto male…Ho paura delle malattie degli altri, delle mie no, ma io però non ho mai avuto grandi malattie.”.  Così scrive Adriana, comunicando al figlio la malattia del padre. Michele è fuggito in Inghilterra, per motivi politici. “Anch’io con lui sono diventata timida. Non c’è niente di peggio della timidezza tra due persone che si sono detestate. Non riescono a dirsi più niente. Sono grate l’una all’altra di non ferire, di non graffiare.”.  “Caro Michele, ieri sera è venuto Osvaldo e mi ha detto che sei partito per Londra. Sono rimasta sbalordita e stravolta…Osvaldo mi ha detto che ti sei affacciato un momento da tuo padre per dargli un saluto, ma dormiva.”  “Ti prego dimmi chiaro da cosa volevi fuggire, e da chi..  …Io ti trovo tanto balordo, ma non lo so se veramente sei balordo o se sei oscuramente savio…

Cara Angelica…sposo una ragazza che ho conosciuto a Leeds. Si chiama Eileen. Non ti  sto a raccontare com’è questa ragazza che sposerò. Ha trentanni. Non è bella. Ha gli occhiali. È molto intelligente. Io amo l’intelligenza… Forse scriverò anche alla mamma, però intanto comincia a dirglielo tu. Diglielo lentamente , perché sono di quelle notizie che la sconvolgono.”.

Angelica mi ha detto che ti sposi. Io non mi stupisco e non mi spavento più di niente, essendo in uno stato perenne di spavento e stupore… Ti abbraccio e ti auguro felicità, ammesso che la felicità esista, cosa che forse non è del tutto da escludere, anche se raramente ne vediamo traccia nel mondo che ci è stato offerto.”.

Moretti, ispirato, restituisce alla parola detta tutto il suo peso, il suo valore. Incanta. Ci  vogliono bravura e sensibilità eccezionali, per leggere questa storia nei toni giusti. A tratti superbamente ironici.“Angelica mi ha detto che non verrai nelle vacanze di Pasqua…Mi ha detto che invece te ne vai a Bruges…Io cerco di immaginarmi in un luogo o nell’altro la tua vita…Spiega a tua moglie che io sono una che ha la casa in ordine e il cuore in disordine.”.

Cara Angelica, qualche volta ho nostalgia di voi, quelli che uso chiamare i “miei”, anche se non siete per niente miei, come io non sono vostro… Michele..

Un egoismo disarmante sembra essere il solo varco, l’unica possibilità di passaggio in una illusoria felicità, costruita sul nulla. Destinata alla disgregazione, come l’intima essenza di persone e  cose: l’arma di cui  Michele è in possesso, dimenticata in casa, improbabile strumento di una rivoluzione castrata, viene gettata nel Tevere dalla sorella Angelica, prontamente avvertita. Le coperte morbide, bordate di velluto tanto care ad Adriana, finiscono in una casa vuota, senza calore, senza destino di tenerezza alcuna, di tepore. Un senso di impotenza diffuso si sparge sui personaggi del romanzo, e compare, ineluttabile, il male rappresentato dall’impossibilità di una comunicazione vera. Tutto sembra essere sotteso, sotterraneo o nascosto, trattenuto in nome non si sa bene di che, della famiglia, della rivoluzione, del pudore, dell’insofferenza, dell’indifferenza, tutto arriva troppo presto o troppo tardi perché l’intelligenza, che tanto ossessiona Michele, possa essere la luce che rischiari in qualche modo il buio. “Con Eileen non posso parlare, primo perché è sabato e in questo momento sta cucinando pietanze per tutta la settimana, secondo perché non ama stare a sentire le persone che parlano. “Eileen è molto intelligente, ma ho scoperto che tutta la sua intelligenza non mi serve a nulla. I personaggi sembrano muoversi come ombre, quasi dimentichi di una realtà fatta di carne e sangue. E anche i desideri sono fermi, stagnano su una superficie  apparentemente calma. Eppure, in questo immobilismo, trapela un’unica forza a cui attingere in un presente non certo rassicurante: la memoria, in un’atmosfera di rarefazione dei sentimenti, che a volte sfiora il cinismo e il calcolo.“Ma  non si amano soltanto le memorie felici. A un certo punto della vita, ci si accorge che si amano le memorie”. Le parole picchiano duro, ma restano tra le righe, nelle sfumature degli animi, una dolcezza prigioniera, la voglia di tendere una mano. Scrive Adriana a Michele:“L’altro giorno  mi sono ricordata di una volta che sei venuto qui e appena venuto  ti sei messo a scavare in tutti gli armadi alla ricerca di un tappeto sardo…Doveva essere l’ultima volta che ti ho visto…Penso ora che quello era un giorno felice. Ma purtroppo è raro riconoscere i momenti felici mentre li stiamo vivendo. Noi li riconosciamo, di solito, solo a distanza di tempo. La felicità era per me protestare e per te frugare nei miei armadi. Ma devo anche dire che abbiamo perduto quel giorno un tempo prezioso. Avremmo potuto metterci seduti e interrogarci vicendevolmente su cose essenziali. Però io adesso mi ricorderei  quel giorno non come un vago giorno felice ma come un giorno veritiero e essenziale per me e per te, destinato ad illuminare la mia e la tua persona, che sempre si sono scambiate parole di natura deteriore , non mai parole chiare e necessarie, ma invece parole grigie, bonarie, fluttuanti e inutili. Ti abbraccio.

L’azione è in un passato che deve esserci stato. Trascinata dalla Storia e dalla storia personale di ognuno dei nostri, diviene la spinta per guardare ad un futuro meno soffocante, gelido. Nell’inerzia presente, lo senti, un residuo di desiderio, di pace, di compiutezza.

La morte di Michele, che viene ucciso a Bruges, nei disordini scoppiati durante un corteo di studenti, è l’ultimo atto di un film incompleto, che aspetta un finale più giusto. È il fato che si compie, senza invidia degli dei, ma per semplice Necessità. Adriana ricorda: “Caro Filippo, mi capita ogni tanto di pensare a te. Oggi mi sono ricordata improvvisamente di un  giorno, che io e te siamo andati a Courmayeur, con la tua macchina, a trovare Michele, che era là in un campeggio…Non lo amavi. Lui non ti amava. Però quel giorno è stato bellissimo, senza una sola parola cattiva fra voi due. Siamo entrati in un negozio che vendeva oggetti turistici e cartoline. Tu gli hai comperato un cappello verde con la coda di camoscio. Era felice… Nella macchina s’è messo a cantare. ‘Non avemo ni canones,ni tanks, ni aviones, oi Carmelà…’ Se tu sai tutte le parole di questa canzone, trascrivimele e mandamele per posta. Ti sembrerà strano, ma ci si attacca a desideri minimi e strani quando in verità non si desidera niente..

A Osvaldo, “l’Ammazzavampiri”, come lo definisce Chiara Valerio paragonando Caro Michele al Dracula di Bram Stoker-per la struttura narrativa e l’evoluzione dei personaggi- in un’ultima emblematica lettera, Natalia Ginzburg affida le sorti e le anime di chi resta, dopo Michele.

Cara Angelica,[…]a coltivare le memorie, ci siamo forse ancora tu, tua madre ed io…Nella nostra vita presente non c’è nulla che valga i luoghi e gli attimi incontrati lungo il percorso…Essi avevano uno straordinario splendore, perché io sapevo che mi sarei curvato a ricordarli. Mi ha sempre addolorato profondamente che Michele non volesse o non potesse conoscere questo splendore, e andasse avanti senza mai voltare la testa indietro.. E ancora, in uno sfogo consapevole e dolente: “E tante volte ho pensato che forse mentre moriva egli ha in un lampo conosciuto e percorso tutte le strade della memoria, e questo pensiero è per me consolante, perché ci si consola con nulla, quando non abbiamo più nulla…”.

Pessoa scriveva: “Non sono niente./Non sarò mai niente./Non posso volere d’essere niente./A parte questo, ho in me /tutti i sogni del mondo…”. La Ginzburg un sogno nascosto, una speranza piccola, li lascia nei ricordi. Da cui ripartire. “Indifeso sotto la notte/il nostro mondo giace inebetito;/ e tuttavia, sparsi dappertutto,/punti di luce ironici/ si accendono…(W.H.Auden).

 

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Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Scrittrice e attrice, collabora con varie Associazioni culturali. Suoi testi sono pubblicati in Antologie varie e su siti Internet. Si è dedicata a progetti sperimentali di diffusione della poesia nelle scuole e alla scrittura e regia di spettacoli e percorsi poetici. Fa parte del gruppo di Scrittura Collettiva di Fefé Editore. Adora Adonis.

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