Più Libri Più Liberi 2016#12. La bambola di Kokoschka di Afonso Cruz. Una dichiarazione d’amore alla letteratura

La bambola di Kokoschka è il secondo libro di Afonso Cruz in traduzione italiana, dopo Gesù beveva birra. Edito da laNuovafrontiera, è stato presentato nella Sala Rubino nell’ambito della XV edizione di Più Libri Più Liberi.

Giorgio de Marchis, docente di letteratura portoghese, ha introdotto quest’opera singolare, che per struttura e contenuti, “sembra non appartenere alla tradizione consueta. La geografia letteraria di Cruz è più vasta”. Cruz è uno scrittore interessante, nato negli anni ’70, che non si limita alla sola produzione di scritti. È infatti anche  musicista, illustratore, regista. E questo gli permette molte curiosità e sfumature, nella scrittura. Il romanzo ha inizio a Dresda, ma sono tanti i luoghi del viaggio, Parigi, Nigeria, Budapest… Solo alla fine, affioreranno quartieri facilmente riconoscibili. De Marchis ha posto l’accento sui personaggi, tutti particolari, entusiasmanti.  Bonifaz Vogel, Isaac Dresner, Tsilia Kacev, la pittrice, Mathias Popa, musicista eccezionale e scrittore, che “vive a Parigi  in perenne disperazione, la Contessa, la prostituta Paulette, in lotta contro il capitalismo,  Miro Korda, “che classificava le persone secondo gli accordi musicali”, il gatto Lutwaffe e altri: una galleria indimenticabile, un po’folle. “Non sarà la paura della pazzia a farci lasciare a mezz’asta la bandiera dell’immaginazione”, scriveva Andrè Breton, nel primo manifesto del Surrealismo, e dunque seguiamo con passione le geniali creature di Cruz, nel loro rivoluzionario essere.

Realismo paradossale”: così definisce la scelta stilistica di Cruz, De Marchis.

Tutto si svolge in una “prospettiva mobile”, che permette allo scrittore di presentare la realtà in forme paradossali. Giordano Meacci, nel suo intervento,  ha usato l’aggettivo “meraviglioso” per il romanzo di Cruz, Premio 2012 dell’Unione Europea per il miglior libro, e Premio Babel per l’ammirevole traduzione in lingua italiana di Marta Silvetti. Strutturato in maniera intelligente, al suo interno si trovano infiniti altri romanzi. Cruz crea tre romanzi uno nell’altro,  detta subito le regole per il lettore. L’incrocio tra le vite di Bonifaz Vogel, proprietario a Dresda di un negozio di uccelli, e quella di Isaac Drensner, giovane ebreo che ripara nello scantinato del negozio per sfuggire alle persecuzioni naziste, è il punto di partenza per una serie di vicende, in cui l’esistenza di cose e persone è subordinata alla testimonianza, all’essere degli altri. “La Storia, e le vicende che in essa si svolgono, hanno bisogno di testimoni”. “E’ un tipo di narrativa autogenerantesi”, nota Meacci, “che rivela una grande capacità dello scrittore di muoversi su più piani artistici.” La bellezza dei personaggi di Afonso Cruz è in questo, nel muoversi nel fallimento e nonostante ciò, avere un loro perché.

Bonifaz Vogel è un uomo “ che vive in mezzo alle metafore”, “un negozio di uccelli è il luogo con la più alta concentrazione di gabbie al mondo.”  L’Universo è “una combinazione di lettere”, Dio può essere invocato recitando le sole lettere dell’alfabeto ebraico, garantisce Dresner. “Le persone gli danno le lettere, credono di sapere cosa vogliono e Dio riorganizza quei pezzi e crea nuove parole.” I personaggi sono scolpiti a tutto tondo, in un gioco di piani descrittivi che sono matrioske. Uno di essi, Mathias Popa, “musicista eccezionale”, che vive a Parigi, in perenne disperazione”, prende vita e diventa autore,  nella parte centrale del lavoro di Cruz, de La bambola di Kokoschka, -sottotitolo: Storia di Anasztàzia Varga. Il lettore godrà anche della bellissima copertina del libro di Popa, disegnata da Afonso Cruz, stampata in bianco e nero dall’editore… Euridice Euridice,  Dresner in persona!!! La vicenda della bambola di Kokoschka chiaramente è solo uno dei tanti spunti narrativi di cui Cruz si serve per le sue invenzioni stroboscopiche.
Alma Mahler, moglie del compositore Gustav Mahler, ebbe, dopo la morte del marito, un travagliata storia d’amore con Oskar Kokoschka, pittore famoso. La storia durò tre anni, e quando lei se ne andò lui impazzì totalmente, fu devastato dalla sua perdita. Incaricò quindi Hermine Moos, fabbricante di manichini, di costruire una bambola in tutto e per tutto identica alla Mahler. Descrisse minuziosamente il suo corpo, le curve, la pelle, per ottenere una nuova Alma. Avuta la bambola, prese a condurla con se ovunque andasse, a passeggio, in carrozza, ai balli. Fu proprio durante un ballo, realizzando che la bambola non gli avrebbe restituito mai davvero Alma, che la “uccise”, facendola a pezzi, e creando grande scompiglio, perché, si racconta, prima di farlo, le gettò addosso un bicchiere di vino rosso, che fu scambiato dai presenti per sangue. Cruz torna qui sagacemente sul tema dell’esistenza, che è fatta di testimoni, di storie, del ruolo che abbiamo nei rapporti con il mondo. “Una persona non esiste solo perché ha un corpo. Le serve una vita sociale. Le serve la parola,  l’anima. Ci servono testimoni. Gli altri.”. E racconta  la storia buddista del pino che cade quando non c’è nessuno ad ascoltare. “ Ha fatto comunque rumore?”

“Il fatto è che nessun pupazzo può prendere vita senza ‘l’altro’ .”. Come ha precisato lo stesso Cruz, il suo è un libro sulle relazioni e sulla necessità degli altri. “Gli altri sono fondamentali per la nostra capacità di crescere, di evolverci”. Scrive Cruz nella Bambola di Kokoschka: “È l’altro, a  far sì che noi esistiamo. Senza percezione non c’è nulla. Esse est percipi, diceva Berkeley…”. E affronta in questo che è uno dei primi libri che ha scritto,  il tema dei “paradossi e delle contraddizioni che fanno parte della vita, e sono fondamentali in essa. Nel fiume, tutto ciò che si muove controcorrente è vivo. Avere una sola visione delle cose è sbagliato, sarebbe la vittoria del pensiero unico. Tra retta e circonferenza c’è una contraddizione, ma sono entrambe infinite. La natura umana è contraddittoria, ma è la mescolanza di opposti che ci rende umani.”.  Prendendo un oggetto, togliendolo dal contesto in cui è inserito, cambierà del tutto la sua relazione con il resto delle cose.”  “I baffi di Hitler portati da Charlot facevano molto ridere. E i baffi di Charlot portati da Hitler erano abominevoli. Due cose identiche, se cambiamo il contesto, determinano la nostra allegria o la nostra tragedia”.

Parlando di immaginazione, Cruz ne ha sottolineato il ruolo essenziale, per la scrittura e per la vita.

Abbiamo bisogno di tempo per la nostra evoluzione e questo ci distingue dagli animali. Educhiamo un figlio o una persona così come nel libro prende vita la bambola di Kokoschka. I bambini con la bambola sperimentano una finzione. Così, noi giochiamo, sperimentiamo con la bambola, con la letteratura, con la nostra immaginazione. L’immaginazione è importante per la nostra sopravvivenza”. In un punto del libro,Cruz scriveInsomma, noi facciamo quello che faceva Oskar Kokoschka: trasformiamo in realtà le nostre finzioni. In alcuni libri il mondo è ancora più triste”. La scrittura, dunque, come arma per vivere meglio, per sperimentare, immaginando, certe situazioni, ed uscirne nella vita reale. “La finzione è importante quanto la verità per la nostra salvezza. Di questo parlo ne La bambola di Kokoschka. La verità non esiste, nel mondo che viviamo, nel mondo apparente. Esistono molte verità, e ognuna ha un suo intimo senso.”. Facendo riferimento alla Storia, Cruz ha detto che spesso i libri non sono oggettivi, perché anche i fatti accaduti  invecchiano con il tempo. E alla luce di nuove prospettive, la loro interpretazione può non avere più lo stesso valore. Non succede questo con la finzione, che non può sbagliare, “non può essere mai aggiornata come la Storia”. I tempi cambiano, ma le emozioni umane non invecchiano e non cambiano, “per questo si continua a leggere l’Odissea”.

Un’immaginazione che a volte può anche fare male, perché essere artisti non è facile. “Il mondo è un consenso, è difficile uscire dagli schemi del mondo. A volte gli artisti vengono trattati come pazzi. È difficile essere diversi. Nuove idee che non rientrano nel pensiero comune ci mettono molto ad affermarsi.”. “Mi faceva male l’immaginazione”, queste le parole di uno dei personaggi del libro. Colpisce tutto, in quest’opera, l’impianto, le riflessioni filosofiche, che ti lasciano fiamme dentro, l’ironia, la profondità e la leggerezza . Un’opera che Meacci ha detto appartenere alla genia dei DeLillo. Il libro soddisfa i “lettori forti”, e regala emozioni  che possono essere godute da tutti. In un punto bellissimo c’è uno scambio di lettere d’amore tra due anziani che è delicata poesia. Per Meacci, “La  bambola di Kokoschka è una dichiarazione d’amore alla letteratura. Il modo di giocare di Cruz con la letteratura è quello dei bambini, ma fatto con estrema serietà.”. Il personaggio Bonifaz Vogel tiene la bocca aperta in una O di stupore e meraviglia, che ci ricorda l’entusiasmo del bambino, ma anche la sua disillusione. In questo libro c’è la questione della rotondità e della linearità, una visione “rotonda” della letteratura, come ha ben detto Meacci. Le rette diventano tonde per un lettore che ne segue affascinato la trasformazione. In un susseguirsi di eventi mirabilmente composti, “cose grandi, come l’amore”, o “cose spaziose, come la passione”,  creano, in salti vertiginosi,  un indimenticabile, infinito, mondo nuovo.

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Tullia Ranieri ha al suo attivo numerose esperienze artistiche. Scrittrice e attrice, collabora con varie Associazioni culturali. Suoi testi sono pubblicati in Antologie varie e su siti Internet. Si è dedicata a progetti sperimentali di diffusione della poesia nelle scuole e alla scrittura e regia di spettacoli e percorsi poetici. Fa parte del gruppo di Scrittura Collettiva di Fefé Editore. Adora Adonis.

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