L’esperienza di Franca, un tempo ritrovato per vivere l’arte

Antonio Della Guardia, Untitled (general resistance syndrome), 2017-19

Franca… è il nome di una persona; ma è anche uno studio di artisti; poi è un progetto, un invito per trovarsi di nuovo come comunità, un modo di riprendersi il proprio tempo, quello che ci sfugge sempre, che è dettato da impegni e scadenze, e, in questo tempo liberato, ritrovare l’arte e il fare arte e anche l’incontrarsi e confrontarsi.

Franca propone una volta l’anno, a settembre, una giornata di Festa che porta il suo nome, durante il quale viene inaugurata una mostra, il risultato ogni volta dell’incontro di artisti, curatori, critici d’arte che hanno avuto modo di riflettere intorno ad un tema in un’atmosfera sospesa, rilassata, non rincorrendo definizioni, soluzioni o prodotti artistici definiti, ma assaporando unicamente il valore dell’incontro inaspettato e dell’esperienza condivisa. Dietro Franca – ad abitarla, a condurla, a proporla – ci sono due artisti, Adelaide Cioni e Fabio Giorgi Alberti.

Sono andata a trovarli, a Cannara (Perugia), dove Franca ha sede e, camminando, guardando, sfogliando, sfuggendo la pioggia e assaporando gusti locali, in loro compagnia ho raccolto le loro parole.

Questa è la terza edizione di Festa Franca, evento che porta nel vostro studio ogni volta diverse figure del mondo dell’arte, per lavorare, pensare e progettare insieme, lontano dai centri metropolitani e dagli spazi adibiti solitamente ad accogliere mostre ed eventi artistici. Com’è andata quest’anno l’opening della mostra? Il suo titolo, Forare il tubo, fa spontaneamente immaginare un’azione di sabotaggio o presagire un incidente lungo il  percorso…

(Adelaide Cioni ) L’inaugurazione è andata bene, c’era molta gente, e soprattutto siamo contenti dei giorni di lavoro che l’hanno preceduta.

Quest’anno abbiamo invitato Cecilia Casorati e Vasco Forconi a pensare insieme un nuovo progetto espositivo per gli spazi di Franca. Ci piaceva l’idea di mettere in dialogo un critico e un curatore di generazioni diverse e il confronto è stato fruttuoso per tutti, ci sono state discussioni accese e grandi aperture, una crescita, se si può dire.

Il titolo della mostra Forare il tubo riprende una frase di Deleuze, nella quale il filosofo adotta la metafora del funzionamento del sistema idraulico, per cui se si buca un tubo, il sistema non si rompe, ma trova un nuovo modo di funzionare. Quindi esiste sempre la possibilità di trovare un modo per continuare a procedere anche là dove si devia il percorso. Gli artisti invitati si sono riferiti a questo concetto sia nel modo di rapportarsi al sistema artistico, sia con lavori più processuali, non per forza definiti e completi.

(Fabio Giorgi Alberti) I curatori hanno tirato fuori questo tema anche riflettendo sulla natura di Festa Franca, evento che vuole proporre innanzitutto un momento di festa, durante il quale cogliere e accogliere l’arte con leggerezza, nel senso calviniano del termine. È l’idea guida che è anche alla base di Franca: se trent’anni fa la scelta di lasciare la città per andare in provincia o nella campagna era percepita come fuga o volontà di isolamento, adesso è inteso semplicemente come spostarsi di lato, provare un’altra via, cercare nuovi punti di osservazione. Insomma, se il tubo si fora, l’acqua trova un altro percorso e continua ad arrivare.

Che genere di mostra si sviluppa in un luogo che ha questa vocazione e come lavorano gli artisti coinvolti?

(FGA) Gli artisti invitati arrivano qualche giorno prima della mostra qui a Franca, visitano il luogo, si parla e ci si confronta per scambiarsi impressioni e cercare un confronto. Il dialogo ovviamente comincia mesi prima, le opere non sono necessariamente site specific, però c’è una cosa che teniamo sempre a fare presente agli artisti e ai curatori che invitiamo, e cioè che Franca è felice di ospitare opere ancora in fase di sperimentazione o di “osservazione”. Un invito a cogliere l’occasione per esporre un lavoro di cui non si è ancora necessariamente sicuri al cento per cento, e che magari non si esporrebbe in galleria o in un museo o in fiera, perché non ancora del tutto comprovati. Come dire, la Festa Franca è un posto per testare delle cose. L’importante poi è che in quei pochi giorni insieme viene a crearsi una vera comunità che condivide un lavoro, una parte del percorso di ricerca.

 (AC) Gli artisti coinvolti sono otto (Riccardo Baruzzi, Lucia Bricco, Simone Cametti, Antonio Della Guardia, Giuseppe De Mattia, Diana Legel, Marta Roberti, Matteo Rovesciato); Rovesciato e De Mattia hanno fatto una performance nel giorno dell’inaugurazione. Accanto agli interventi degli artisti c’è poi l’incontro tra Vincenzo Sparagna, ideatore della rivista “Frigidaire” e alcuni ragazzi del collettivo romano Scomodo, ideatori dell’omonima rivista nata nel 2016, incontro che è avvenuto il giorno prima della mostra e che è stato documentato in un video.

Anche Sparagna abita in questa parte dell’Umbria, a poche decine di chilometri da qui, dove ha fondato la Repubblica di Frigolandia, luogo incredibile dove vive e dov’è raccolta la sua produzione editoriale, grafica, le sue letture e i suoi studi.

Un altro aspetto importante di questa edizione è stata la partecipazione di alcuni studenti del biennio curatoriale di Cecilia Casorati che hanno seguito la realizzazione della mostra in tutte le sue fasi, dagli studio visit all’approfondimento del lavoro di ufficio stampa, fino all’allestimento e alla scrittura. Ogni studente ha scritto un testo critico su uno degli artisti con l’aiuto di una parola che è stata suggerita da Cecilia. Questi testi, insieme ai testi dei due curatori verranno pubblicati nel catalogo della mostra che sarà presentato a Roma a dicembre. Il sostegno dell’Accademia di Belle Arti di Roma è stato fondamentale per la mostra.

C’è una storia o un preciso motivo che vi porta proprio qui a Cannara? Che genere di relazione si è creata con il territorio nel quale operate? Trovate che ci sia interesse da parte degli abitanti rispetto alle vostre ricerche o proposte artistiche o comunque credete sia un territorio fertile per far nascere progetti in relazione anche con l’ambiente e chi lo abita?

(AC) Dunque… siamo arrivati qui un po’ per caso. Dopo tanti anni a Roma e un po’ di tempo in giro per altre città,  avevamo bisogno di fermarci, ma non sapevamo dove. Poi è capitato che Fabio dovesse sbrigare delle questioni di famiglia qui vicino e c’era un appartamento a Bevagna che molti anni prima aveva acquistato il padre, senza tuttavia mai finire di aggiustarlo per viverci. Pensavamo di trascorrere lì giusto una notte, ma poi siamo entrati, abbiamo visto che era perfetta e siamo rimasti.

La scelta di uno spazio dove allestire il nostro studio è stata altrettanto rapida. Abbiamo cercato annunci per vedere capannoni e questo è il primo che abbiamo visto: grande, vuoto, con tante finestre e molta luce. Perfetto. Lo abbiamo preso ad agosto e a ottobre lo abbiamo inaugurato con la prima Festa Franca, invitando una serie di amici artisti.

Franca è il nome della signora che ce lo ha affittato ed anche una bellissima parola…

(FGA) Una volta entrati in questo spazio abbiamo capito subito che non poteva limitarsi ad ospitare i nostri studi, dovevamo aprire queste porte e far entrare anche altra gente.

E le idee che sono alla base della Festa Franca oggi sono le stesse con le quali siamo partiti.

In questi anni abbiamo sempre coinvolto nei nostri progetti artisti che abitano o hanno lavorato sul territorio.

Nella mostra Language Games la curatrice inglese Jo Melvin veniva da un’esperienza umbra e coinvolse me e un’altra artista canadese che viveva a Spoleto da tanti anni; nelle edizioni di Festa Franca c’è stata prima Giulia Filippi, poi Stefano Emili invitato da Marta Silvi (ndr curatrice insieme ad Adelaide e Fabio della seconda edizione di Festa Franca) e quest’anno Vincenzo Sparagna che è una figura storica in questo territorio. Noi restiamo ancora un po’ alieni, essendo arrivati qui da fuori e da così poco tempo, ma in tutta l’Umbria ci sono moltissime realtà, eventi, residenze interessanti.

Un grande passo avanti quest’anno per noi è stato avere ricevuto il patrocinio del comune di Cannara, l’assessore alla cultura si è dimostrata molto disponibe a promuoverci e ad affiancare le nostre proposte e, per iniziare, ci ha dato la possibilità di utilizzare l’ostello dove accogliere gli studenti dell’Accademia. È stato un aiuto importante.

Mi sembra che abbiate le idee piuttosto chiare e soprattutto dalle vostre parole intuisco che in cantiere esistono già altri progetti…c’è qualcosa di definito che vi attende nel futuro più prossimo? Oppure c’è una linea che avete in mente e verso la quale siete più orientati?

(AC) Sicuramente l’appuntamento autunnale con Festa Franca è qualcosa che continueremo a proporre, ma in realtà ogni anno abbiamo realizzato almeno un altro evento espositivo. A maggio abbiamo ospitato la mostra Language Games, a cura di Jo Melvin. Forse l’evento che ha richiamato meno persone in assoluto ma che a noi è piaciuta moltissimo. E anche gli anni precedenti ci sono stati altri eventi, tanto che sentiamo l’esigenza di frenare un po’. Siamo innanzitutto due artisti e vorremo non trascurare la nostra individuale ricerca; quindi manterremo la Festa Franca, ma per il resto vorremo dedicarci al nostro percorso. Poi certo, se viene voglia o si presenta l’occasione di qualche altro progetto…”

(FGA) La proposta di workshop, per lavorare insieme due/tre giorni e condividere opinioni e ricerche artistiche, penso sarebbe un’attività perfetta per questo spazio. Lo scambio e la condivisione aiutano certamente a progredire nella ricerca e a non restare isolati, però sarà utile sicuramente definire il nostro lavoro di artisti in questo luogo, fisicamente e concettualmente.

Credo che sia stato sempre utile, nei vari momenti storici, negli ambienti culturali e intellettuali, rintracciare uno spazio e un tempo per l’incontro, il confronto, lo scambio, la messa in discussione e la sperimentazione. Ed è bello scoprire che oggi è possibile in un contesto così semplice, che nella spontaneità e leggerezza trova gli ingredienti per proporre un nuovo modo di vedere e di lavorare. Per caso ricordate qualche commento o impressione lasciato da un vostro ospite passato di qui a lavorare con voi?

(AC) La dimensione che qui si trova lascia sempre un’impressione positiva, perlopiù ci dicono che mancava uno luogo così. Spesso ci viene detto che sorprende il fatto di essere in un paesino, fuori dalla città. All’ultima mostra Antonio della Guardia, uno degli artisti invitati, dopo aver passato qualche ora qui, ha commentato dicendo che “a Napoli, se ho bisogno di una boccata d’aria, devo uscire di casa, cercare all’esterno nuovo ossigeno. Qui invece io ENTRO per trovare l’aria. Qui dentro io respiro.”

(FGA) È difficile portare qui le persone, non lo neghiamo, ma alla fine vengono. Quando sono in altre città mi capita di incontrare persone che si scusano di non aver partecipato all’ultima mostra o Festa Franca e io penso… tanto prima o poi verrai! Alla fine la magia del luogo cattura tutti.

Franca – Via Intorno Fosso 41 – Cannara (Pg)

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Francesca Campli ha una laurea in Storia e Conservazione del Patrimonio artistico e una specialistica in Arte Contemporanea con una tesi sul rapporto tra disegno e video. La sua predilizione per linguaggi artistici contemporanei abbatte i confini tra le diverse discipline, portando avanti ricerche che si legano ogni volta a precisi territori e situazioni. La passione per la comunicazione e per il continuo confronto si traducono nelle eterogenee attività che pratica, spaziando dal ruolo di critica e curatrice e quello di educatrice e mediatrice d'arte, spinta dal desiderio di avviare sinergie e confrontarsi con pubblici sempre diversi.

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